Il patrimonio urbano in disuso è una miniera di materiali riutilizzabili 

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L’Europa si sta muovendo con decisione verso la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, per un settore delle costruzioni che sia sempre più sostenibile. Tra i grandi temi della sostenibilità in edilizia, c’è quello dell’economia circolare e delle possibilità di recupero e riutilizzo dei materiali da costruzione. È un tema fondamentale per il settore edile, responsabile del consumo di circa il 60% delle materie prime estratte e della produzione del 47% di rifiuti speciali. 

Un interessante tributo a questo proposito viene da una recente ricerca condotta da ENEA e Sapienza Università di Roma, pubblicata su Sustainable Chemistry and Pharmacy.

La ricerca che citiamo parte dall’obiettivo di definire una metodologia utile a valutare le riserve di materiali già presenti nell’ambiente costruito. Lo fa in una prospettiva di Urban Mining – termine che potremmo tradurre in “estrazione urbana” – ovvero un processo che permette di ricavare delle risorse utili e preziose da quelli che comunemente vengono considerati rifiuti. È una prospettiva che viene adottata spesso quando si parla di metalli e materiali preziosi, come rame o cobalto, che possono essere recuperati dai rifiuti elettronici. 

Nel nostro caso, le risorse utili sono i materiali edilizi che possono essere recuperati e riutilizzati, in primis per la riqualificazione degli edifici. Le “miniere” da cui “estrarli” sono tutti quegli edifici in disuso che troviamo nelle nostre città, spesso destinati alla demolizione, e che occupano circa il 3% del territorio italiano.

Il patrimonio edilizio come miniera urbana

Le “miniere urbane” rappresentate da edifici e infrastrutture contengono una grande concentrazione di materiali che possono essere immessi nuovamente in circolo, nei progetti di nuova costruzione, di ristrutturazione di un edificio, di riqualificazione e rigenerazione urbana. Perché questa circolarità sia possibile, è necessario pensare a un processo di progettazione e costruzione innovativo, che integri la stima delle risorse di materiali, valuti la demolizione selettiva e l’approvvigionamento locale delle risorse, il riutilizzo e il riciclo dei materiali. Per adottare questo modus operandi nel settore edile, è cruciale:

  1. quantificare i materiali disponibili localmente e già incorporati nel patrimonio edilizio esistente;
  2. fornire gli operatori di strumenti utili come banche dati dei materiali, mappature delle fonti disponibili, strumenti di monitoraggio dei rifiuti;
  3. utilizzare l’approccio della progettazione per la decostruzione (un tipo di progettazione che mira a creare edifici che possano essere facilmente scissi nelle loro parti e i cuoi materiali possano essere riciclati).

Interpretare l’ambiente urbano come una “città riutilizzabile” e le strutture in disuso come “miniere di materiali” permetterebbe di creare una catena del valore della costruzione a circuito chiuso in cui il riutilizzo è un principio fondamentale. In questa catena, decostruzione, demolizione selettiva, separazione, trasporto e stoccaggio dei componenti riutilizzabili e rigenerazione sono processi necessari.

La metodologia applicata e il caso del deposito a Roma

Per valutare le quantità e le potenzialità delle risorse riutilizzabili, lo studio ENEA-Sapienza ha sviluppato una metodologia basata su studi sul campo e documentali, oltre che su un approccio bottom-up, guidato dalle informazioni raccolte dalle scorte di magazzino. 

La metodologia è stata applicata a un interessante caso studio: un progetto di recupero di un deposito degli autobus di 11 mila metri quadrati, a Roma, in disuso dal 2008. Il deposito contiene circa 18 mila metri cubi di materiali, in prevalenza cemento armato, per un peso complessivo di circa 35 mila tonnellate e una quantità di carbonio incorporato pari a circa 15 mila tonnellate di CO2.

Foto via: Media.enea.it

Il progetto di riqualificazione architettonica prevede la conservazione della struttura in cemento armato e il recupero quasi totale di alcuni materiali ed elementi strutturali. Per i materiali da demolire (intonaco, piastrelle, mattoni e impianti), è previsto il riciclo nelle rispettive catene di valore o la rigenerazione finalizzata a riutilizzi futuri. 

I risultati della ricerca dicono che il 95% dei materiali da demolire può essere riutilizzato: il 35% per la riqualificazione della struttura, il 60% per altri impieghi. 

“Su un totale di oltre mille metri cubi di materiali da demolire solo una minima quantità (4,7% in volume e 4,2% in peso) è destinata allo smaltimento in discarica perché potenzialmente pericolosa” afferma Antonella Luciano, ricercatrice ENEA tra le autrici dello studio. 

I fattori che ostacolano il riuso in edilizia

Benché il riutilizzo sia l’alternativa migliore in termini ambientali, viene il più delle volte trascurato nel settore delle costruzioni, con poche eccezioni: nel nostro paese, per esempio, è un’alternativa che viene spesso presa in considerazione nel restauro degli edifici storici.  

La ricerca condotta da ENEA-Sapienza individua alcuni fattori che ostacolano l’approccio circolare nel settore edile. Si tratta di fattori tecnici e socio-economici, come standard di progettazione inadeguati, bassi costi di smaltimento dei rifiuti, un mercato immaturo per i rifiuti riciclati. Tutti ostacoli che sarà necessario superare per un’edilizia che sia sempre più circolare e sostenibile.

Fonti: Media.enea.it, Sustainable Chemistry and Pharmacy
Foto via: Media.enea.it

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