Dopo più di vent’anni di battaglie, ricorsi e denunce, lo scorso 6 giugno l’ecomostro di Scala dei Turchi è stato finalmente abbattutto.
L’enorme scheletro di cemento campeggiava sulla bellissima spiaggia di marna bianca a picco sul mare lungo la costa di Realmonte (Agrigento) dal 1989. Il simbolo della speculazione edilizia galoppante degli anni Ottanta in Sicilia.
Ad autorizzarne la costruzione una concessione edilizia per la realizzazione di un complesso turistico alberghiero in località Punta Grande rilasciata a Luigi Fretto, amministratore unico della società Scatur Srl. Un intervento che, secondo quanto si legge in una nota della Procura della Repubblica di Agrigento, ricadeva in zona B3, zona omogenea residenziale di completamento, del Programma di fabbricazione del comune di Realmonte, poi violato secondo l’Autorità giudiziaria. La stessa zona in cui successivamente sono stati apposti vincoli paesaggistici.
L’anno dopo la concessione edilizia Legambiente presenta una denuncia alla Magistratura e ottiene nel 1992 il blocco dei lavori e il sequestro dell’immobile già costruito: un lotto di 2.000 metri cubi circa. Un ecomostro che resterà a deturpare l’incantevole paesaggio per più di vent’anni.
Solo nel 2011 la Giustizia amministrativa dà, infatti, definitivamente torto ai proprietari e rigetta la richiesta di sanatoria. Sono dovuti passare più di vent’anni perché il Comune di Realmonte, su ingiunzione della Procura ne ordinasse l’abbattimento nel novembre 2012.
La procedura prevede che, una volta notificata l’ordinanza di demolizione, i proprietari, la società Scatur Srl in questo caso, abbiano 90 giorni per procedere, data dopo la quale è il Comune stesso ad avviare i lavori a spese però comunque dei proprietari stessi.
In realtà, a causa di alcune inziative dei proprietari dell’immobile, tra cui un ricorso al Tar, l’autodemolizione dell’ecomostro è avvenuta solo lo scorso giugno.
Una conquista che arriva troppo tardi, ma che per questo non perde importanza. “Un passaggio significativo nella guerra contro l’abusivismo” come lo ha definito il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Andrea Orlando, e “un segnale importante verso una ritrovata cultura della difesa del nostro ambiente: che una delle spiagge più incantevoli sia rimasta sfregiata per un quarto di secolo è un delitto contro la bellezza di questo Paese che non dovrà mai più ripetersi”.
Intanto a luglio il Tar ha depositato la sentenza, secondo la quale l’ordinanza di abbattimento è legittima e le opere non erano sanabili per via dei vincoli paesaggistici.
Una doppia vittoria per Legambiente e tutti gli attivisti e ambientalisti che hanno lottato per più di un ventennio contro abusivismo e speculazione edilizia, che mai smettono di minacciare la nostra bellissima terra.
La minaccia per Scala dei Turchi è già dietro l’angolo: mentre infatti si riavviano le pratiche con l’Unesco per rendere l’incantevole spiaggia patrimonio dell’umanità, pare che sia in progetto, regolarmente approvato dalla Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Agrigento, la costruzione di venticinque villette in cemento armato. A denunciare lo scempio a settembre l’associazione ambientalista agrigentina MareAmico. La Procura di Agrigento ha aperto un’indagine, che sarà seguita dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto Antonella Pandolfi, gli stessi che si sono occupati dell’ecomostro demolito a giugno, sperando che questa volta l’iter non richieda altri vent’anni.