Sono circa un milione e 200 mila gli italiani che vivono sotto il pericolo di frane e quasi due milioni a rischio alluvioni. I numeri arrivano dalla Struttura di missione “Casa Italia”, che ha pubblicato il “Rapporto sulla Promozione della sicurezza dai Rischi naturali del Patrimonio abitativo”, in cui poche righe descrivono i falliti tentativi di trasferire 800 mila abitanti delle zone vesuviane ad alto rischio vulcanico fuori dalla zona pericolosa con incentivi. Incentivi che furono incassati, ma senza il previsto abbattimento delle case che furono poi affittate ad altri.
L’esempio campano descrive quanto la politica della delocalizzazione sia rimasta in tutta Italia solo un progetto, così come quanto fallimentari siano state le azioni delle amministrazioni locali per evitare che nelle zone a rischio si continuasse a costruire: il 10% dei Comuni tra il 2005 e il 2015 ha, infatti, continuato a edificare sui letti dei fiumi o su terreni franosi.
Nonostante le passate fallite esperienze il Comune di Messina ha in corso un piano per trasferire gli abitanti delle zone più a rischio frane e alluvioni in zone più sicure con tanto di incentivi. Un progetto che potrebbe diventare esempio pilota anti-abusivismo per tutto il resto del Paese, ma che avrà bisogno di incentivi sia urbanistici che fiscali.
Gli esperti della Struttura di missione “Casa Italia”, che da Palazzo Chigi ha il compito di preparare un piano pluriennale per la messa in sicurezza delle nostre case, stanno proprio valutando questo aspetto e ipotizzando la cancellazione per 5 anni in tutta Italia di Imu e Tasi per le operazioni di demolizione e ricostruzione, così come la detrazione delle spese da Irpef e Irap.
Accanto alla lotta all’abusivismo, obiettivi di Casa Italia sono la riduzione dei rischi idrogeologici e il tentativo di rendere meno vulnerabili gli edifici nelle zone più esposte ai terremoti. Per il primo obiettivo sono già stati stanziati miliardi di euro in otto anni, ma le Regioni denunciano che ne servirebbero almeno 22, mentre per il secondo la Struttura di missione sta elaborando una mappa che individua gli edifici meno resistenti ad eventi sismici. Il piano prevede l’invio di tecnici per la verifica edificio per edificio e la comunicazione ai proprietari dello stato dell’immobile e dei rischi che corrono, per poter poi passare, laddove necessario, all’utilizzo del Sisma Bonus con la detrazione fiscale fino all’85% per la messa in sicurezza del bene.
Nella prossima legge di Bilancio il governo dovrebbe estendere il Sisma Bonus anche alle ex case popolari: su 2.760 edifici in zona sismica, 1.100 hanno infatti bisogno di miglioramenti urgenti.
25 miliardi è lo stanziamento necessario secondo Casa Italia solo per finanziare la riqualificazione antisismica degli edifici in muratura dei 648 Comuni a maggior rischio attraverso il Sisma Bonus. Se poi si volesse intervenire su tutti gli edifici in calcestruzzo armato costruiti prima dell’entrata in vigore delle norme antisismiche servirebbero 46,4 miliardi. Mettere in sicurezza le case di tutti i Comuni italiani, infine, costerebbe addirittura 850 miliardi.
“Che le risorse non siano sufficienti è evidente. Soprattutto se si pensa che ogni anno l’Italia spende in media 3 miliardi per far fronte alle conseguenze dei terremoti”, cha commentato a Il Fatto Quotidiano Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri e coordinatore della Rete delle professioni tecniche. “Ma per noi la priorità è il fascicolo del fabbricato, che non è stato reso obbligatorio nonostante lo chiediamo da tempo”.
Il documento in oggetto però, una sorta di memoria storica dell’edificio con tutte le informazioni su costruzione e modifiche subìte nel tempo, avrebbe un costo e visto che l’80% degli italiani possiede una casa di proprietà, imporlo è considerata una scelta impopolare, fino ad ora in effetti non attuata.
“Parliamo di poche migliaia di euro per abitazione” – ha sostenuto ancora Zambrano – “Per un documento con informazioni che ti possono salvare la vita, dicendoti se è opportuno fare subito un intervento, e di quale portata, o si può aspettare”.
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