Sentenza della Cassazione: il professionista deve sempre essere pagato, anche quando il Comune rinuncia ai fondi europei che gli erano stati assegnati.
Un contratto del 1987, un lungo contenzioso e poi una sentenza della Cassazione mettono fine a uno dei problemi che ha colpito prima o poi qualsiasi interlocutore della pubblica amministrazione. Se l’Ente rinuncia ai fondi il professionista va pagato?
La sentenza 18031/2020 scioglie questo nodo. Al professionista spetta il compenso contrattualizzato, a prescindere che il pubblico ufficio abbia usufruito o meno dei fondi pubblici.
Il caso
Vediamo cosa è successo. 33 anni fa il Comune incriminato stipula con un professionista un contratto di collaborazione. Tra le clausole del contratto anche quella che prevedeva che “non sarebbe stato corrisposto alcun compenso se il Comune non avesse usufruito dei finanziamenti della Comunità Europea“.
Progetti redatti e pagata la prima tranche, il Comune comunica alla Regione di voler rinunciare ai contributi del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr).
A quel punto, mentre il professionista reclamava il pagamento dell’intera somma, il Comune pretende la restituzione della somma indebitamente incassata dal progettista.
Il giudizio di primo grado
Il giudizio di primo grado dà ragione alla Pubblica Amministrazione. Secondo i giudici infatti, dal momento che i finanziamenti europei erano venuti meno, il professionista non poteva pretendere il pagamento dei corrispettivi dovuti.
A maggior ragione visto che alcuni progetti erano stati elaborati senza un contratto scritto.
Una delle motivazioni che hanno spinto i giudici di primo grado a respingere le richieste del professionista era la mancanza di correlazione tra la rinuncia ai finanziamenti e la volontà di pagare il progettista.
A loro avviso non ci sarebbe stata “alcuna proporzione tra quanto l’Amministrazione avrebbe potuto ricevere a titolo di finanziamento e quanto eventualmente da corrispondere al professionista”.
Cosa ha detto la Cassazione
Di diversa opinione, invece, la Cassazione che non ha condiviso questa motivazione.
Nella sentenza 18031/2020 si evince che il Comune non ha perso il diritto al finanziamento. Al contrario, ha rinunciato formalmente ad un finanziamento già concesso.
I giudici della Cassazione hanno evidenziato, inoltre, che la condizione cui era subordinato il pagamento al professionista, cioè la concessione del finanziamento, si era avverata, ma poi il Comune è tornato sui suoi passi.
La Cassazione ha quindi stabilito che il professionista avrebbe avuto diritto al pagamento del compenso per la prestazione svolta.
Spetta ora ad un’altra sezione della Corte d’Appello determinare la quantificazione economica.