Il consumo di suolo alle soglie della pandemia

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L’Italia e la Sicilia nell’edizione 2019 del rapporto nazionale dell’ISPRA che fotografa le dinamiche territoriali e i servizi ecositemici del nostro Paese. 

Lo scorso 21 agosto è stato individuato come shoot down day 2020, ovvero la data nella quale la terra ha già esaurito le risorse che ha generato, ponendoci nella condizione di consumare “a debito” quanto ci occorre fino alla fine dell’anno solare.
Pur essendo arrivato con circa un mese e mezzo di ritardo – complice il confinamento da COVID-19 che ha rallentato la nostra pressione sul pianeta – questo campanello di allarme ci ricorda quanto siano fragili le nostre “granitiche” certezze di progresso.

Esattamente un mese dopo, al MAXXI di Roma, è stato presentato il “Rapporto su consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi eco-sistemici 2020”. Si tratta dell’analisi, aggiornata alla sua settima edizione, sul consumo di un bene non riproducibile come il suolo, elaborata analizzando aree urbane e rurali e monitorando la perdita delle funzioni naturali o di quelle in stato di “minaccia” alle scale nazionale, regionale e comunale.

Lo studio è curato dal Sistema Nazionale per la protezione dell’Ambiente, nel quale operano in sinergia l’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e le agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA).

Alle soglie della pandemia, i dati si riferiscono al 2019, lo studio ha registrato in Italia un aumento medio della copertura artificiale di circa 16 ettari al giorno, dati questi che pongono il nostro Pese lontanissimo dall’ipotesi di “consumo 0”, ovvero il bilancio tra consumo effettivo di suolo e “rinaturalizzazione e deimpermeabilizzazione”, previsto dagli obiettivi europei già al 2020.

Di fatto, afferma il Rapporto, ogni italiano “ha in carico 355 mq di superfici occupate da cemento, asfalto o altri materiali artificiali” e questo carico pro-capite cresce di circa 2 mq l’anno.

La distribuzione territoriale del consumo di suolo

La distribuzione territoriale della pressione antropica sul suolo indica un elevato consumo in Veneto, Lombardia e pianure del nord, oltre ad una intensificazione lungo le coste adriatica, della Puglia meridionale e della Sicilia.

La Sicilia, in particolare è al 4° posto per copertura artificiale con un incremento di 611 ettari e al 3° per incremento percentuale (+0.37%). Anche la densità di suolo consumato rispetto alla superficie territoriale pone la nostra regione ancora la 4° posto con un consumo pari a 2,38 mq/ha; Catania e Messina sono le provincie isolane con un consumo compreso tra 100 e 160 ha.

Il capoluogo etneo, in particolare, regista il poco invidiabile primato di 48 ha di suolo agricolo o naturale consumato “per la realizzazione principalmente di diversi cantieri in prossimità di aree industriali e non, ampliamento di aree estrattive non rinaturalizzate ed edifici”, Messina si ferma A 17,1 ettari; in termini percentuali, invece, sono Isola delle Femmine (con +53,83%) e Gravina di Catania (+49,9%) ad occupare i primi posti in regione.

Quasi la metà del nuovo suolo artificiale (dati del monitoraggio consultabili sul nuovo portale) è stato perso nella aree urbane, il 12,5% in aree semicentrali e il 32% in aree periferiche e a bassa densità. Quello che sconforta è che la perdita si suolo è avvenuta anche in aree protette, vincolate paesaggisticamente e a pericolosità idrogeologica e simica variabile.

Le problematiche che derivano dalla perdita delle funzioni dei suolo (fisico, economico e produttivo) sono numerose (isole di calore in città, perdita di produzione agroalimentare e conseguente perdita economica) e spesso intrecciate con la sicurezza urbana messa a dura prova degli eventi meteorici eccezionali, cui l’impermeabilizzazione progressiva ha aggiunto un forte elemento di criticità.

Scenari futuri possibili.

Il blocco generalizzato delle attività causato dal Covid-19 e la riscoperta della prossimità, ha permesso di verificare l’eccesso di costruzioni delle nostre città – nostro unico orizzonte possibile per garantire il distanziamento – e la mancanza di aree verdi attrezzate che questo studio certifica con il dato scientifico dell’indagine.

Le recenti misure di incentivazione fiscale per l’edilizia, si pensi all’incremento al 110% della detrazione dei costi sostenuti per le riqualificazioni energetiche e sismiche, potrebbero dare un supporto una accelerazione alla riconversione dell’immenso patrimonio edilizio del nostro Paese per avere città più belle anche senza i limiti di una pandemia.

Foto credit: Paul Brennan

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