La tutela ambientale come uno dei principi della Costituzione

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Giovani che manifestano per la tutela ambientale
Credit foto: Globalist

Da adesso salvaguardare biodiversità ed ecosistemi servirà a difendere anche le nuove generazioni.

Con 468 voti a favore, lo scorso 8 febbraio 2022 la Camera ha approvato la proposta di legge che inserisce la tutela ambientale tra i principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale.

Definirlo un risultato importante appare riduttivo: il lavoro condotto negli ultimi anni dal Parlamento è così terminato in una considerevole pagina di storia politica, che ha fatto gioire molti e che aprirà nuovi scenari sul fronte giuridico.

L’Italia sconta finalmente la sua arretratezza e ritorna al passo con i tempi grazie ad una Costituzione che adesso è diventata una delle più innovative e intransigenti nel rispetto degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Sia chiaro, la riforma non è importante perché riconosce il valore costituzionale della tutela ambientale – cosa già avvenuta in diverse sentenze della Corte Costituzionale – ma perché la introduce tra i principi fondamentali su cui si basa la nostra Repubblica.

Un lungo iter legislativo

Negli anni ‘80 la Corte aveva indicato l’ambiente come “un elemento determinativo della qualità della vita”, un valore primario e assoluto da proteggere come bene unitario, senza che fosse subordinato ad altri interessi.

I buoni propositi sono però andati persi nel tempo, vittime di tempi non ancora maturi. Per molti anni, infatti, l’Italia ha riconosciuto l’ambiente in un’ottica antropocentrica, legata al diritto alla salute dell’uomo.

La Corte ha iniziato poi a cambiare orientamento con la riforma del Titolo V, che ha inteso l’ambiente come “valore costituzionalmente protetto” e non più come materia.

La rivoluzione gentile appena iniziata compie già un grande salto in avanti e riconosce all’ambiente la sua “dignità autonoma”. Il mondo e gli esseri viventi che ci circondano devono essere tutelati in quanto tali, e non solo come strumenti o risorse dell’umanità.

Ilva di Taranto, un caso ancora aperto dopo la riforma sulla tutela ambientale
Credit foto: Quotidiano Legale

La nuova riforma è frutto di una visione ben precisa, volta a difendere il futuro delle prossime generazioni e della nazione intera. Dato questo presupposto, la legge modifica due articoli specifici della Carta Costituzionale, il 9 e il 41, rispettivamente dedicati alla tutela del patrimonio paesaggistico e all’iniziativa economica.

L’articolo 9, già promotore della salvaguardia del patrimonio paesaggistico e di quello storico e artistico, fa parte dei principi fondamentali della Costituzione e aggiunge adesso la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.

La portata di questo intervento è tale da influenzare un altro importante articolo, il 41 appunto, che rientra in quella parte della Costituzione relativa ai “Diritti e doveri dei cittadini” – nello specifico al Titolo III sui “Rapporti economici”.

L’articolo 41, adesso, sancisce che le attività economiche devono essere svolte nel rispetto della salute e dell’ambiente, e che le istituzioni possono orientare l’iniziativa economica pubblica e privata non solo ai fini sociali, ma anche a quelli ambientali.

E ora cosa cambierà?

La risposta veloce è: tutto. L’ambiente, inteso come bene autonomo e non più come habitat umano, entra adesso nelle aule giudiziarie e finisce per riguardare il nostro stile di vita a tutto tondo, a partire dall’iniziativa economica privata.

L’articolo 41, infatti, sottintende un pensiero molto più profondo: un’economia che dilapida le risorse ambientali non solo ne mette a rischio la possibilità di rigenerarsi, ma pregiudica la stessa qualità dell’aria e dell’acqua, con conseguenze sulla vita di chi verrà dopo.

Le ricadute in ambito giudiziario riguarderanno certamente la gestione passata, presente e futura dell’Ilva di Taranto, la normativa sulla caccia e il riconoscimento dello status di rifugiato per chi scappa da zone del mondo colpite dalla crisi climatica.

La Costituzione si fa carico di nuove responsabilità e rappresenta la sensibilità e l’attenzione maturate dall’Italia sulle questioni sociali, così come ha sottolineato anche Francesco Miceli, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. Si tratta di un atto “indicativo di una crescente consapevolezza della necessità di preservare il nostro patrimonio naturale” ha spiegato Miceli su Edilportale.

“L’immediata efficacia della legge costituzionale di modifica della Carta, grazie all’approvazione avvenuta a larghissima maggioranza, apre da subito una nuova fase in cui tutte le iniziative volte a realizzare l’obiettivo della transizione ecologica potranno essere rafforzate. Tutto ciò rappresenta una grande occasione per il nostro Paese”.

È vero che l’Italia non ha ancora riconosciuto un diritto della natura vero e proprio, ma il richiamo alle generazioni future esplicitato nella Legge Costituzionale rappresenta qualcosa di più che un dovere di conservazione di specie ed habitat, perché attribuisce la responsabilità di garantire il presupposto stesso della vita a coloro che nasceranno dopo di noi.

Del resto, anche la Carta Mondiale della Natura, approvata a Montevideo nel 1982, affermava che “la civiltà ha le proprie radici nella natura, che ha modellato la cultura umana ed influenzato tutte le realizzazioni artistiche e scientifiche. Vivere in armonia con la natura offre agli esseri umani le migliori opportunità per sviluppare la loro creatività e per il riposo e lo svago”.

Quello che è stato appena compiuto dal nostro Parlamento è un grande passo che sancisce un cambio di rotta tutto nuovo, con atteggiamenti, comportamenti e mentalità che rispetteranno un principio ritrovato: quello di equità e solidarietà intergenerazionale.

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