Ponte sullo Stretto - La fine di una farsa a puntate lunga e inutile. E soprattutto costosissima.
Con la comunicazione data il due marzo dalla società Stretto di Messina sul mancato accordo per il congelamento del Ponte, si mette la parola «fine» al progetto della più grande opera (o la più grande utopia, secondo libera discrezione) di collegamento fra Sicilia e Calabria, sbandierata più volte e rilanciata anche negli ultimi tempi da Silvio Berlusconi e osteggiata dagli oppositori ad ogni occasione utile. Niente proroghe stavolta, la concessionaria sarà messa in liquidazione.
Il centrosinistra gioisce ed il centrodestra spara a zero per la conclusione infelice della storia: è l’ultimo atto di un copione già visto varie volte in questi ultimi dodici anni, uno “stop and go” logoro e inglorioso perfettamente coincidente con l’alternarsi dei due schieramenti al Governo. Al di là di ogni legittima considerazione personale – nella questione specifica o negli orientamenti politici di ognuno – il Ponte è l’esempio perfetto dello strano bipolarismo inconcludente e dispendioso della seconda Repubblica.
Tutto questo non solo mette ancora una volta a nudo le fragilissime politiche italiane rivolte alla crescita, quali sono innanzitutto quelle per il rilancio delle deficitarie infrastrutture del Mezzogiorno, lasciate in questi ultimi venti anni più agli umori di questo o quello schieramento piuttosto che a un piano condiviso di esigenze e di opere prioritarie e da realizzare con urgenza.
Quel che è ancora peggio è che in questi anni sono state impegnate risorse finanziarie, imprenditoriali, manageriali, lavorative per un progetto che ora è destinato a sciogliersi al vento.
Secondo alcuni è un bene, viste le previsione nefaste avanzate, secondo altri un delitto: resta il fatto, senza poter avere piena contezza delle reali possibilità attuative e delle ripercussioni presunte, che un fiume di denaro enorme e del tempo, tanto, è stato speso per un maestoso “nulla di fatto”.
Tradimalt è certamente l’azienda produttrice più vicina geograficamente alla mastodontica opera oggetto del contendere, ed una di quella che – direttamente o nell’indotto – avrebbe tratto un suo bel tornaconto dalla realizzazione; eppure non ha mai espresso posizioni in merito né l’argomento è mai stato tema affrontato da questo periodico.
Adesso, solo ad epopea conclusa, ci è d’obbligo denunciarne i paradossi (come sopra) e provare a ripercorrere le tappe principali di un’opera – al di là di come la si pensi – dall’impatto economico difficilmente eguagliabile. Una storia che, se vogliamo, è da far risalire al 251 a.C., con Plinio il Vecchio che narra della costruzione, voluta dal console Mello, di un ponte fatto di barche e botti per trasbordare dalla Sicilia 140 elefanti catturati ai cartaginesi; o quantomeno al 1866, quando si assiste al primo vero “incarico” di progettazione governativo, con l’allora Ministro dei Lavori Pubblici Jacini nel coinvolgere l’ingegnere Alfredo Cottrau. E così via per un secolo, già costellato da decine di rilanci ambiziosi e progetti impossibili o irrealizzabili per il tempo, e fino agli anni ‘80 dello scorso secolo, quando viene costituita la concessionaria Stretto di Messina SpA a cui è demandata tutta l’attività di progettazione dell’opera, la realizzazione e la futura gestione. Ed ancora le accelerazioni dei governi Craxi ed i vari progetti a due o a una campata, quest’ultima ipotesi maggiormente accreditata per le maggiori garanzie offerte, e fino al ‘92 – storia recente – con le promesse ed il “sogno” di Berlusconi e di contro i cortei al grido convinto dei vari “NO PONTE”.
Il Ponte sullo Stretto di Messina avrebbe rappresentato una delle opere più imponenti e tecnologicamente avanzate mai realizzate dall’uomo. La campata record, per esempio, avrebbe superato con i suoi 3.300 metri la più lunga luce, solo stradale, mai realizzata finora al mondo (1.991 metri, l’Akashi Bridge) del 65,74%, mentre rispetto al più grande ponte stradale e ferroviario fino ad ora realizzato (1.377 metri, il Tsing Ma Bridge) essa comporterebbe un record più che doppio. Sogni o reatà possibili?
Luci ed ombre, priorità oppure “slogan” elettorali? La verità è che il Ponte è contemporaneamente il tutto e il nulla per un territorio di facile conquista (adesso persino a nuoto, da parte di nuovi leader) che diventa la chimera del massimo sviluppo el tempo la miglior scusa per non impegnarsi nemmeno nelle altre, mille, opere minori e urgenti per il rilancio di questa terra.