Una proposta arriva dall’Ance per un piano di prevenzione di lungo termine e vasto respiro all’indomani dal terremoto che ha colpito il Centro Italia il 24 agosto. L’urgenza è quella di dare il via ad un’azione mirata ed efficace di messa in sicurezza del territorio e del patrimonio immobiliare nazionale: abitazioni civili, immobili destinati ad attività economiche ed edifici pubblici a carattere strategico.
Il Piano di Prevenzione del rischio sismico, proposto dall’Ance ai decisori pubblici e pubblicato nel sito dell’associazione, individua misure operative, fiscali e costruttive.
Per il patrimonio edilizio privato l’Ance propone quattro linee d’azione:
1. Prevedere regole che consentano di aumentare il livello di conoscenza e consapevolezza del rischio da parte della popolazione, ad esempio allegando a tutti i contratti di trasferimento della proprietà o di locazione di un bene, una documentazione che attesti sinteticamente il rischio e fornisca informazioni sull’edificio;
2. Introdurre l’obbligatorietà della diagnosi dell’edificio dal punto di vista del rischio statico, antisismico e, più in generale, della sicurezza, in funzione della tipologia costruttiva e dello stato di conservazione dell’edificio stesso. Obbligatorietà che dovrà essere introdotta con una detrazione fiscale dell’intero costo necessario per la diagnosi degli edifici nelle zone sismiche 1 e 2, quantomeno per quelli realizzati prima del 1974.
Per le nuove abitazioni inoltre, il piano prevede l’introduzione dell’obbligo di fornire all’acquirente, all’atto del rogito, la documentazione relativa alle caratteristiche tecniche e statiche dell’immobile, unitamente alla descrizione delle azioni necessarie per una corretta manutenzione dell’edificio.
3. Utilizzare la leva delle detrazioni fiscali d’imposta per consentire di realizzare gli interventi di adeguamento sismico che permettano di mettere in sicurezza interi edifici recuperando una quota (il 65%) dei costi sostenuti, possibilmente in un periodo anche più breve, per chi ha capienza, rispetto ai 10 anni previsti dalla legislazione vigente, rimodulando anche i limiti ad oggi previsti per le sole prime case e gli edifici di destinazione produttiva.
4. Fissare un congruo periodo per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza, pari a 10 anni dal varo del piano per la messa in sicurezza degli edifici in zona 1, e a 20 anni per quelli in zona 2.
Per venire incontro alle difficoltà economico-finanziarie della parte di popolazione meno abbiente l’Ance prevede contemporaneamente il coinvolgimento di istituzioni finanziarie (banche, fondi, Cassa Depositi e Prestiti) per l’anticipazione delle risorse necessarie per gli interventi di adeguamento, dietro la cessione del credito fiscale risultante. Inoltre sono previsti contributi aggiuntivi a fondo perduto, erogati dalle regioni, per ridurre l’impatto economico degli interventi sulle famiglie e stimolarle a realizzare i lavori.
Il Piano stabilisce anche delle sanzioni per chi non rispetterà gli obblighi previsti, ipotizzabili nella non credibilità dell’immobile o nella esclusione della possibilità di accesso a contributi pubblici per la ricostruzione in caso di eventi calamitosi.
Tra le proposte c’è anche quella dell’introduzione dell’assicurazione obbligatoria su tutto il territorio nazionale con una regolazione ben definita dei termini massimali, franchigie e premi. Un obbligo che potrebbe partire dopo alcuni anni dal varo del piano, in modo da consentire i proprietari di immobili di adeguarli alle prescrizioni.
Foto credit: Mario Fornasari