L’architetto anglo-ghanese è stato premiato lo scorso 26 maggio 2021 con una cerimonia in streaming.
La Royal Gold Medal del RIBA (Royal Institute of British Architects) è il più alto riconoscimento britannico nel campo dell’architettura e, dal 1848, viene conferita ogni anno ai professionisti o agli studi che hanno contribuito al progresso della disciplina.
Approvata dalla stessa Regina Elisabetta, negli anni la medaglia è stata assegnata a personalità del calibro di Frank Lloyd Wright, Renzo Piano e Zaha Hadid.
Secondo la giuria RIBA, che ha motivato il riconoscimento, David Adjaye è in grado di parlare liberamente attraverso culture, discipline, politiche e continenti differenti. Il risultato della sua visione è dunque globale e locale allo stesso tempo, finemente attuale in quanto riflette e risponde al contesto, alla comunità, al clima e alla cultura contemporanei.
Nato nel 1966 a Dar es Salaam, in Tanzania, David Adjaye è uno degli architetti più influenti del panorama moderno, molto apprezzato per il suo carattere eclettico ed empatico.
Non solo architettura, infatti, sebbene le sue opere in questo ambito siano maggiormente conosciute. Adjaye vanta fra i suoi progetti anche case private, collezioni di mobili su misura, product design, mostre, edifici istituzionali e padiglioni per centri artistici.
Le sue opere suscitano particolare interesse proprio perché nate da un insieme di variegate influenze cosmopolite, che spaziano dall’arte contemporanea alla musica, dalla scienza alle forme d’arte africane.
Nel pensiero di David Adjaye, infatti, architettura e arte si intrecciano perché entrambe vengono ritenute due diverse modalità attraverso cui dialogare con l’Esistenza.
Tuttavia, l’architetto non manca mai di considerare il lato inclusivo dei suoi progetti e fa sì che questi abbiano sempre un carattere spiccatamente sociale.
Adjaye mostra un approccio democratico all’architettura e ritiene che la progettazione sia uno strumento sociale di aggregazione, un catalizzatore che spinge alla nascita di nuove comunità.
Egli ricorda spesso come una svolta fondamentale nella propria carriera un momento preciso della sua vita privata: quello in cui si rese conto delle difficoltà che il fratello Emmanuel, parzialmente disabile, era costretto ad affrontare fuori casa, in strutture poco ricettive.
È stato durante gli anni universitari a South Bank che David Adjaye ha iniziato a maturare l’idea di un’architettura egualitaria e al servizio delle persone.
La progettazione intesa come atto sociale, quindi, in un modo che fa pensare anche all’urbanismo tattico e all’architettura consapevole – che assumono la comunità come punto di partenza della progettazione.
Proprio questa attenzione alla comunità, alla città e all’ambiente, ha valso ad Adjaye già nel 2007 la nomina di Ufficiale dell’Impero Britannico da parte della stessa Regina.
Ora, in occasione della cerimonia di premiazione del Royal Institute of British Architects, l’architetto anglo-ghanese ha avuto modo di ribadire la sua personale visione.
«Per me l’architettura ha sempre significato creare qualcosa di bello per rendere tutti i popoli del mondo uguali, contribuendo all’evoluzione di questa disciplina. L’impatto sociale dell’architettura è sempre stato e sempre sarà la forza guida del mio lavoro e del mio studio».
Attualmente David Adjaye è a capo del suo studio Adjaye Associates, attivo in tre diverse sedi fra New York, Londra e Accra.
Il suo progetto più famoso resta ancora oggi lo Smithsonian National Museum of African American History and Culture a Washington DC, inaugurato nel 2016 e proclamato dal New York Times l’evento culturale dell’anno.
Si ricordano, poi, anche il centro artistico Ruby City a San Antonio Texas, lo Sugar Hill Mixed Use Development nel quartiere newyorchese di Harlem e l’Aïshti Foundation a Beirut.