Un progetto globale e partecipativo che ironizza, con il pensiero creativo, sulla serietà imposta dai paesaggi cittadini
Nel 2007, durante una vacanza in Italia, l’artista berlinese Jan Vormann ebbe un’idea: riqualificare gli angoli delle città e colmare le crepe dei muri con i Lego. Il progetto ha il nome di Dispatchwork, che letteralmente vuol dire “lavoro di spedizione”; in senso lato, però, significa ritornare a qualcosa che nelle città si è perduto e nello specifico fa riferimento al gioco, all’allegria e alla spensieratezza dell’età infantile.
Lo stesso artista, nel documentario “Riparare le città con i Lego”, ha spiegato così il motivo alla base dell’opera: “In un parco giochi è tutto colorato. Le case e il sole sono colorati. Poi cresciamo, cresciamo in una città grigia. Che delusione crescere e scoprire che tutto è grigio. Per questo ho deciso che è ora di riportare i colori nell’età adulta”.
Dal borgo medievale di Bocchignano in provincia di Rieti, dove è ufficialmente nato il fenomeno, i mattoncini colorati hanno invaso una trentina di Paesi. Le opere non sono localizzate solo in piccoli borghi o città moderne, ma si trovano anche molti luoghi di interesse storico come la Muraglia Cinese. Il risultato è un’installazione a cielo aperto, a cui tutti possono partecipare.
Parte fondamentale del progetto è infatti la dimensione sociale. Chiunque può contribuire al processo di rigenerazione urbana in qualsiasi angolo di mondo: basta avere a portata di mano qualche mattoncino e inviare uno scatto dell’opera finita Vormann, che aggiorna continuamente lo status del progetto su Instagram e sulla mappa interattiva del sito ufficiale.
Un lavoro di cultura globale
Dispatchwork nasce come un gioco, da svolgere da soli o meglio ancora in compagnia, e non ha nessun obiettivo puramente tecnico. Vale a dire che Vormann non ambisce a riparare del tutto i muri attraverso i Lego, anzi: le sue opere sono spesso transitorie e i mattoncini possono essere staccati con facilità in caso di restauro.
Capita, però, che in alcune località gli interventi di dispatchwork siano intesi come una richiesta di manutenzione. “All’improvviso, pochi giorni dopo, le mie colorate pietre giocattolo sono sparite e l’oggetto è stato rinnovato” ha dichiarato l’artista a NBCNews. I Lego utilizzati ritornano nella scatola dei giochi, pronti per il prossimo lavoro.
L’unica critica, più satirica che aspra, di cui si fa carico Dispatchwork è quella rivolta alla comunità. L’intento di Vormann è sottolineare tutte le occasioni che abbiamo ogni giorno per essere creativi tra la rigidità del paesaggio urbano, senza che però riusciamo a rendercene conto.
Il motto del progetto è infatti “aggiusta il mondo con i colori”. Soprattutto nelle città moderne, il risultato di questa operazione è lo stupore che possono provare i passanti vedendo tra le strade i mattoncini colorati su manufatti che altrimenti sarebbero passati inosservati.
Secondo The Verge, noto giornale online degli Stati Uniti, il lavoro di Jan Vormann è da apprezzare per una serie di motivi. Primo tra tutti proprio la scelta dei Lego, “sinonimo culturale di gioco e creatività utilizzato in tutto il mondo” che “fa sembrare più belle le cose brutte con quell’aggiunta di colore”.
L’artista ha spiegato infatti che, ogni volta che è possibile, preferisce intervenire su edifici con un particolare significato storico. Si tratta spesso di strutture segnate da un passato politico importante, come le stazioni ferroviarie a Berlino da cui venivano deportati gli ebrei. In questo caso “i mattoncini non hanno il ruolo di enfatizzare gli orrori della guerra, ma di aggiungere un tocco colorato dell’epoca contemporanea; un materiale di cui tutti, in tutto il mondo, hanno la stessa sensazione”.
La bellezza di Dispatchwork è data dalla sua chiave sociale: vecchio e nuovo, grigio e colorato vengono accostati e le crepe sono riempite e valorizzate con interventi dalle forme astratte. Lo scopo è risvegliare i ricordi infantili ed esaltare il valore della collaborazione, a livello globale, tra persone che non si conoscono.