A pochi passi dal porto di Catania si staglia impervio l’ex mulino Santa Lucia. Un ecomostro di proporzioni gigantesche, con due palazzoni di circa 8 piani abbandonati da anni, che ogni giorno diventano dimora per clochard e senza tetto.
La storia comincia agli inizi del secolo scorso quando il mulino di Santa Lucia, uno dei tanti che operavano a Catania, cade in disuso dopo un incendio. L’idea è quella che la struttura venga demolita, ma nel 1991 il Comune di Catania rilascia una concessione edilizia per il “risanamento conservativo, consolidamento statico e cambio d’uso dell’immobile, inserendo tra le motivazioni che la commissione edilizia nella seduta del 10 ottobre 1990 ha precisato che il progetto presentato prevede interventi di manutenzione straordinaria, di restauro conservativo ed igienicosanitario, nonché consolidamento delle strutture e cambio di destinazione d’uso”.
I lavori però cominciano parecchi anni a seguire, dopo che nel 2003 la commissione edilizia del Comune dà parere favorevole alla ristrutturazione attraverso demolizione e ricostruzione e cambio d’uso da opificio ad attività commerciale e direzionale.
Nel 2009 l’edificio è quasi completo quando la magistratura lo sequestra con l’accusa di presunta speculazione edilizia. Reati contestati: la lottizzazione abusiva e la violazione del codice della navigazione, e in particolare la distanza di costruzione dal demanio marino.
Secondo l’ipotesi della magistratura dopo il progetto iniziale sarebbe stata cambiata la destinazione d’uso dell’edificio, con il conseguente aumento della volumetria della struttura e la creazione di un centro direzionale con uffici e negozi.
Nel 2013 il processo si è concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati. Un’assoluzione che ha lasciato molte perplessità, ma anche la speranza che la ditta, dopo il dissequestro, possa riavviare i lavori e restituire dignità ad una struttura da anni in condizioni fatiscenti. A lamentarsene soprattutto i residenti della zona, di cui si è fatto portavoce il consigliere di municipalità Davide Ruffino.
Vetrate distrutte, accumulo di rifiuti di ogni tipo, persino panni stesi dimostrano di come la struttura sia diventata rifugio di senzatetto e oggetto di atti di vandalismo.
“La paura è che la struttura diventi a tutti gli effetti un nuovo palazzo delle Poste di viale Africa – ha dichiarato Ruffino – con una struttura ormai vandalizzata e riparo per i senza dimora. A questo si aggiunge un danno grossissimo d’immagine, con un vero e proprio mostro che si innalza in un contesto barocco del centro storico. Come è possibile che all’epoca politici e sovrintendenza abbiano permesso tutto questo?”.