Edifici abusivi, l’inerzia del Comune non è una sanatoria

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Il Consiglio di Stato con la sentenza 1893/2018 ha stabilito che l’inerzia non legittima in alcun modo una costruzione abusiva e priva del titolo abitativo. E la responsabilità ricade sul nuovo proprietario anche se l’abuso fosse stato commesso da quello precedente.

I giudici infatti hanno dichiarato in sentenza che l’illegittimità non viene meno se l’Amministrazione a tutela dell’interesse pubblico agisce con ritardo.

Purtroppo nella storia contemporanea i ritardi e l’inerzia delle istituzioni hanno raggiunto termini tali che spesso si interpreta il non intervento come una sanatoria automatica. Ma non è così.

Il potere e il dovere dei Comuni di contrastare l’abusivismo edilizio non si perde nel tempo. Un ordine di demolizione può essere emesso senza ulteriori motivazioni a fronte di abusi realizzati anche molti anni prima.

Il caso che ha portato alla luce la questione riguarda la demolizione di due verande costruite senza permesso molti anni prima in un immobile ora appartenente a un nuovo proprietario estraneo ai fatti al momento della costruzione.

Si legge su Edilportale che “il nuovo proprietario riteneva di essere stato punito ingiustamente dalla decisione del Comune e sosteneva che il tempo passato lo aveva portato a credere che l’Amministrazione non avesse intenzione di prendere provvedimenti”.

I giudici gli hanno dato torto concludendo che l’abuso edilizio non si regolarizza col trascorrere del tempo.

Purtroppo questo tema rappresenta un’annosa questione per il sistema edilizio italiano.

Un rapporto dell’Istat aveva messo in luce che il 20% degli edifici costruiti non è a norma, e che in alcune regioni questo valore sale fino al 50%.

Come era stato ben evidenziato, il problema dell’abusivismo ha un impatto devastante sul territorio, e le politiche di contrasto, seppur efficaci, fanno fatica ad imporsi.

Questa lentezza amministrativa rende di fatto impraticabili sia le procedure di abbattimento degli edifici non sanabili, che le pratiche di condono, che si attestano su un numero superiore ai cinque milioni.

 

 

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