La scommessa di Gibellina: dal sisma del Belice alla rinascita

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Dettagli del Cretto di Burri a Gibellina Vecchia
Foto di Antonio Sessa su Unsplash

Nel 2026 il borgo trapanese di Gibellina sarà Capitale dell’Arte Contemporanea. Un titolo che premia gli sforzi della comunità locale, impegnata attivamente nella ricostruzione dopo il sisma del 1968

La cittadina simbolo del terremoto nella Valle del Belice sarà la prima Capitale italiana dell’Arte Contemporanea, nuovo riconoscimento introdotto dal Ministero della Cultura. Con il progetto “Portami il Futuro”, Gibellina ha superato le altre 23 località candidate al titolo e per questo riceverà un milione di euro da impiegare in programmi di rigenerazione e riattivazione del proprio patrimonio artistico.

Questa scelta, che porta anche la firma del Ministro della Cultura Alessandro Giuli, premia una rinascita culturale e architettonica. Dopo il sisma del 1968, infatti, Gibellina era stata data per spacciata. Al tempo i lavori di ricostruzione furono giudicati insostenibili e il Governo mise a disposizione di ogni sfollato un passaporto di emergenza e un biglietto di sola andata per il Nord Italia o l’estero.

Il rilancio di questo borgo in provincia di Trapani è “un esemplare modello di intervento culturale” come l’ha definito ai microfoni di RaiNews.it Renato Schifani, il Presidente della Regione Siciliana. Quello di Gibellina è stato elogiato da Schifani come un progetto capace di coniugare “il presente, memoria e futuro, conservazione e valorizzazione, attenzione al locale e ambizione internazionale”.

Nonostante la generale sfiducia a livello nazionale, pochi anni dopo il terremoto Gibellina si trasformò in un laboratorio a cielo aperto. I lavori di recupero iniziarono ufficialmente nel 1972 e portano il nome di Ludovico Corrao.

La data spartiacque: gennaio 1968

Dell’origine di Gibellina si sa molto poco. Pare che la cittadina sia stata costruita dagli Arabi nell’Alto Medioevo e che il suo tessuto urbano sia rimasto pressoché invariato fino al terremoto degli anni ‘60. Come gran parte dei paesi siciliani dell’entroterra, anche questo borgo era arroccato intorno a un punto centrale, ovvero il castello di Manfredi Chiaromonte.

Il volto di Gibellina cambiò per sempre tra il 14 e il 15 gennaio 1968. In quei due giorni, la provincia di Trapani fu attraversata da una lunga sequenza sismica che culminò in una scossa di magnitudo 6.3. Il terremoto nella Valle del Belice fu la prima grande emergenza italiana del Dopoguerra. Molti paesi vennero rasi al suolo e il bilancio finale fu di 352 vittime, oltre 600 feriti e decine di migliaia di senzatetto.

Gibellina, il Cretto di Burri visto dall'alto
Il Cretto di Burri dall’alto • Foto di Elcurado via Canva

L’Italia era impreparata ad affrontare una situazione simile: la Protezione Civile non esisteva ancora e i soccorsi furono lenti e disorganizzati. In più, le zone colpite erano profondamente arretrate e non c’era straccio di industrializzazione. Il Governo quindi ritenne opportuno aiutare gli abitanti a emigrare altrove, aggravando lo spopolamento che già da tempo interessava quella parte della Sicilia. 

Circa 30.000 persone lasciarono il Belice. Con l’abbandono delle terre, la ricostruzione non fu più un affare urgente e i lavori si trascinarono a rilento.

Il rilancio culturale

Dopo il terremoto si decise di ricostruire Gibellina fuori dal precedente territorio abitato, a circa di 15 km di distanza, in una parte del comune di Salemi. È per questo che oggi si parla di “vecchia” e “nuova” Gibellina. A differenza della realtà precedente al sisma, la nuova città venne costruita con un impianto urbanistico di stampo nord europeo, in contrasto con la tipica struttura medievale degli altri borghi siciliani.

I lavori edilizi, però, non apparivano abbastanza. A rilanciare davvero Gibellina, insieme agli abitanti e all’amministrazione comunale, fu il politico Ludovico Corrao. La sua idea era di dare una seconda vita al Belice partendo da una ricostruzione “culturale”. Corrao aveva infatti molti amici tra i grandi artisti e architetti italiani del tempo e invitò questi a sperimentare nuove forme artistiche a Gibellina, nel tentativo di recuperare il territorio.

In molti risposero al suo appello e tra questi ci fu anche Alberto Burri, il progettista del Grande Cretto, l’opera più famosa legata alla ricostruzione del borgo. Una volta arrivato a Gibellina, negli anni ‘80, Burri rimase affascinato dai resti della città vecchia e decise di dare lì il suo contributo artistico.

Gibellina, dettaglio del Cretto di Burri
Dettaglio del Cretto di Burri • Foto di maria17 via Canva

Il Cretto di Burri è un grande monumento realizzato compattando le macerie in blocchi di cemento bianco, disposti per ricreare le strade del paese distrutto. L’opera si estende su una superficie di 80.000 mq e venne ufficialmente completata nel 2015 dalla Regione Siciliana (Burri era venuto a mancare nel 1995).

Tra arte e senso civico

Molte delle opere realizzate a Gibellina sono da attribuire agli stessi abitanti, che lavorarono sui progetti degli artisti. Quasi tutti erano braccianti senza particolari qualifiche, incoraggiati da Corrao a diventare fabbri, artigiani o muratori per ricostruire la città. 

I lavori a Gibellina iniziarono nel 1972 e si conclusero nella prima metà degli anni ‘80, ma alcuni degli interventi inseriti nel progetto di Corrao non sono ancora stati completati. Nel 1994, infatti, non venne rieletto sindaco e da allora la ricostruzione ha subito un forte rallentamento.

Il teatro di Gibellina • Foto di sestovic via Canva

Il progetto culturale di Gibellina ci ha regalato diverse opere importanti. Oltre al Cretto di Burri, si ricordano anche la Chiesa Madre di Antonio Quaroni, l’Omaggio a Tommaso Campanella di Mimmo Rotella e il Sistema delle Piazze di Franco Purini e Laura Theme. Una menzione speciale va alla Stella di Ingresso al Belice di Pietro Consagra, che riprende la struttura delle luminarie utilizzate durante le feste di paese.

Al momento dell’elezione della Capitale d’Arte Contemporanea 2026, la giuria del Ministero della Cultura ha votato Gibellina all’unanimità. Ciò che ha colpito maggiormente è stato il coinvolgimento di tutta la cittadinanza, fino alle giovani generazioni di oggi, sulla base di una comune consapevolezza civica. In questo senso, Gibellina è stata città pioniera della rigenerazione urbana ed è oggi, a oltre 50 anni dal terremoto nella Valle del Belice, una città opera e una città da abitare.  

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