A Blufi, nel cuore delle Madonie, a metà strada tra Palermo ed Enna, si trova una delle incompiute che più hanno pesato per le casse dello Stato: la Diga di Blufi.
Avrebbe dovuto fare da vaso comunicante tra la Diga Ancipa e la Diga del Fanaco per la distribuzione di acqua alle province di Agrigento, Caltanissetta ed Enna, con bacino di capienza di 22 milioni di metri cubi. Una cifra importante se si considera che per tutta la Sicilia oggi sono disponibili circa 123 milioni di metri cubi di acqua, con i problemi di siccità assai noti di cui soffre l’isola.
Del progetto di costruzione della diga si parlava già nel 1963, ma la sua costruzione fu avviata nel 1989, nonostante cittadini e associazioni fossero già allora contrari per il devastante impatto ambientale che la realizzazione dell’opera avrebbe comportato.
L’investimento iniziale fu di 300 miliardi di lire, con l’aggiunta successiva di altri 120 miliardi stanziati per il completamento a seguito di varianti e perizie suppletive.
I lavori furono interrotti una prima volta nel 1995, subito dopo l’istituzione del Parco delle Madonie, che comportava il divieto di reperimento di materiale dalle cave comprese nella zona protetta. Nel 2001 il Presidente della regione Totò Cuffaro riavviò i lavori, riattivando il rapporto tra EAS (Ente Acquedotto Siciliano), controllato dalla Regione, e l’associazione temporanea di imprese, risolvendo la questione che aveva causato l’interruzione del lavoro con la decisione di prelevare il materiale inerte da altre cave, fuori dalla zona protetta.
Ma i lavori furono nuovamente interrotti perché nel fascicolo di documentazione risultò mancante il documento che attestava la verifica dell’impatto ambientale.
Da allora non sono mai ripresi.
Il costo totale dell’opera, ancora incompiuta, al 2013 ammonta a circa 260.000.000 di euro, 500 miliardi delle vecchie lire. Oggi, secondo quanto dichiarato dal Registro italiano dighe, servirebbero per il completamento dei lavori altri 155 milioni di euro. I numeri, però, fanno ancora pensare ad un miraggio.
Foto credit: amaze.it
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