Kengo Kuma, l’architetto giapponese nominato nella Time100

1797
Ritratto di Kengo Kuma
Credit foto: Material Design

Progettista e teorico, il suo stile unisce innovazione e rispetto dell’ambiente con la tradizione del Paese del Sol Levante.

Kengo Kuma vanta una lunga carriera costellata di premi, tra cui ‘Architectural Institute of Japan e l’onorificenza di Officier de l’Ordre des Arts et des Lettres della Repubblica Francese. A questi e altri riconoscimenti, adesso, si aggiunge anche il privilegio di essere il solo architetto contemporaneo inserito nella prestigiosa Time 100 del 2021.

La classifica viene pubblicata ogni anno dalla rivista TIME e annovera le personalità più influenti del pianeta. Prima di Kuma, le passate edizioni hanno conferito particolare merito agli architetti Jeanne Gang, Elizabeth Diller, David Adjaye e Bjarke Ingels.

Classe 1954, Kengo Kuma nasce nella prefettura giapponese di Kanagawa e si laurea a Tokyo nel 1979, presso la facoltà di architettura della Graduate School of Engineering. Subito dopo si trasferisce a New York e frequenta la Columbia University GSAPP come visiting researcher.

Nel 1987 fonda a Tokyo e Parigi le due sedi dell’atelier Spatial Design Studio – poi diventata Kengo Kuma & Associates – e diventa professore all’Università di Tokyo. Qui ha realizzato il suo Kuma Lab, un laboratorio dedicato alla ricerca e alla sperimentazione negli ambiti di architettura, urbanistica e design.

Numerosi sono i progetti presenti nel portfolio di Kuma, così come le pubblicazioni. Una su tutte, Anti-object: The Dissolution and Disintegration of Architecture è il testo critico che sviluppa meglio l’approccio inaspettato e innovativo dell’architetto.

La Water/Glass House di Kengo Kuma
Credit foto: Architectural Digest

Fondamentale nella poetica di Kengo Kuma è il concetto di “losing architecture”, ovvero la capacità di far sparire il più possibile l’architettura nell’ambiente circostante – o almeno di renderla morbida e armoniosa.

Il rispetto dell’uomo, dell’ambiente e della natura si traduce in un’architettura di relazioni, equilibrata e capace di inserirsi nel paesaggio esistente senza che questo venga sovrastato dal nuovo. A tal fine, il vetro e la luce diventano due componenti essenziali, strumenti da plasmare per far scomparire i confini e creare un ambiente totale.

Per raggiungere questa immaterialità spaziale bisogna studiare accuratamente il luogo e saper ascoltare i materiali. Pietra, ceramica, bambù e plastica, i materiali prediletti da Kuma, vengono impiegati in funzione della loro capacità emotiva, a sua volta determinata dalle caratteristiche costruttive intrinseche e dagli insegnamenti della tradizione giapponese.

La visione artistica di Kengo Kuma trova piena manifestazione, per esempio, nelle residenze Plastic House di Tokyo o nella Great Bamboo Wall House a Pechino. Occorre poi ricordare anche la Water/Glass House ad Atami, un’opera sperimentale del 1995 costruita sopra una vasca d’acqua di fronte all’oceano.

Tra i progetti ancora all’attivo vi è il complesso Welcome, feeling at work, un workplace commissionato da Europa Risorse che ha sede nel Parco Lambro a Milano. L’opera, una visionaria architettura ecosostenibile e biofilica, è finanziata da un fondo gestito da PineBridge Benson Elliot e la fine dei lavori è prevista per il 2024.

NESSUN COMMENTO

SCRIVI UNA RISPOSTA