Architettura come manifesto sociale: il Majara Residence in Iran

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Veduta del Majara Residence
Foto via ZAV Architects

Sull’isola di Hormuz, un piccolo villaggio variopinto restituisce identità e appartenenza alla comunità locale

A vederlo da lontano, il Majara Residence appare come un allegro insieme di cupole colorate in contrasto con il paesaggio brullo e argilloso che le ospita. Ma non è solo questo: la particolare estetica del complesso risponde a una precisa dichiarazione sociale e politica, volta a rigenerare una delle aree più degradate dell’Iran.

Per dirlo con le parole dello studio iraniano ZAV Architects, che lo ha realizzato, il residence “nasce per sensibilizzare e mostrare una reale alternativa politica ed economica all’unica attività redditizia dell’isola: il traffico illegale di petrolio”.

L’isola di Hormuz, infatti, è la principale via di commercio di petrolio dal Medio Oriente e conta da sola più del 30% delle esportazioni di greggio del sud-ovest asiatico. È un’area particolarmente strategica e per questo negli anni è stata spesso al centro di tensioni internazionali e attività illecite ad opera della comunità locale.


Inserite in questo contesto, le cupole technicolor rappresentano una soluzione abitativa smart, ecologica e sostenibile e sono state realizzate per rafforzare i legami tra la popolazione e il territorio circostante.

Ambiente, comunità e cultura: un gioco complesso

Il progetto del Majara Residence si ispira al pensiero dell’architetto iraniano-americano Nader Khalili (scomparso nel 2008), secondo cui gli abitanti di un territorio sono intimamente connessi allo spazio che hanno intorno.

Partendo da questo concetto, ZAV ha lavorato per raggiungere un obiettivo collettivo specifico e ha voluto raccontare la storia dell’isola di Hormuz attraverso l’architettura e il design.

Veduta aerea del Majara Residence
Foto di DJI via Cosentino

Le 200 cupole che compongono il villaggio sono state realizzate in superadobe, o Earthbag, una tecnica costruttiva tanto cara a Khalili. Questo metodo utilizza materiali come la terra, l’acqua e il fuoco per offrire unità abitative sostenibili e a basso costo, e rafforza il rapporto della comunità con l’ambiente.

Proprio per questo gli spazi del Majara Residence, tutti diversi per colore, forma e dimensione, sono stati realizzati con la terra del luogo, ricca di materiali e piccole particelle di sabbia, ghiaia, pietra e roccia.

Il metodo di costruzione low-tech adottato da ZAV Architects ha permesso di impiegare anche la manodopera di Hormuz. Per il progetto sono stati assunti 40 lavoratori non specializzati, ognuno con una precedente formazione lavorativa, che si rivede nei diversi elementi che costituiscono il Majara Residence.


La stessa palette di colori scelta per le cupole sottolinea il legame degli abitanti alla loro terra ed evoca suggestioni dell’immaginario esotico de Le mille e una notte. “La percezione della natura in questo progetto non si limita alla costruzione” hanno raccontato gli architetti di ZAV. “Le cupole prendono posto nel paesaggio verde formato da diverse specie di alberi autoctoni. L’architettura come campo di possibilità nello spazio che interagisce con i flussi naturali di flora e fauna.

Il Majara Residence nasce principalmente come alloggio turistico, ma ospita anche zone ad uso pubblico per la popolazione locale. Situato a 5 chilometri dalla città di Hormuz, il villaggio copre un’area di 10.300 mq e comprende 4.000 mq di superficie edificata.

Tutti gli spazi si articolano intorno a una piazza e sono organizzati su diversi livelli, collegati tra loro da un gruppo di tre scale. Così come gli esterni, anche gli ambienti interni si caratterizzano per la ricca cromia che serve a differenziare i vari poli funzionali. Accanto agli appartamenti e alle suite, il residence ospita infatti botteghe per gli artigiani, spazi ricreativi e angoli dedicati alla preghiera.

Il progetto di ZAV risponde alle esigenze future legate al territorio. La riqualificazione dell’area in chiave ricettiva porta nuovi visitatori in grado di arricchire la popolazione locale in uno scambio culturale continuo e alla pari.

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