Il Mose funziona? Primo test tra festeggiamenti e preoccupazioni

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Sabato 3 ottobre 2020 il Mose è stato battezzato dalla prima alta marea, dimostrando di adempiere alla sua funzione proteggendo Venezia dagli allagamenti. Ma l’indomani gli entusiasmi e i festeggiamenti a reti unificate sono stati interrotti bruscamente da un nuovo allagamento di Piazza San Marco. L’opera ingegneristica quindi funziona o meno?

Il test del 3 ottobre

Sabato mattina i tecnici tre control room del Mose, guidati dal Responsabile dei sollevamenti, l’ingegnere Davide Sernaglia, hanno iniziato le operazioni di innalzamento delle barriere alle 8:35.

Alle 9:52 le 78 paratoie hanno chiuso la laguna al mare, isolandola e proteggendola. Il dislivello delle acque interne ed esterne è arrivato a misurare 40 cm e a San Marco non si è registrata presenza di acqua.

Di fatto, quindi, il test ha dimostrato che l’opera funziona. Ed ecco spiegati gli entusiami collettivi.

Domenica 4 ottobre

Il problema è, però, che è stato deciso che il Mose non si alzerà più a partire da marree straordinarie di +110 centimetri, ma solo quando le previsioni supereranno i +130 cm. 20 cm di differenza che possono cambiare completamente lo scenario per l’intera città.

Infatti, se con una marea di +110 cm va sotto oltre l’11% della città, con +120 cm va sotto circa il 50% di Venezia (San Marco inclusa ovviamente), fino ad arrivare a quasi il 70% per una marea di +130 – si legge su fanpage.it.

È proprio per questo che domenica 4 ottobre la piazza era di nuovo sott’acqua.

Tra critiche e preoccupazioni

Pare quindi che la marea continuerà a minacciare i preziosi mosaici e i pavimenti della Basilica di San Marco almeno per tutto il 2021.

C’è, infatti, poi la questione del completamento dell’opera: due anni è il tempo utile per completare l’impermeabilizzazione della piazza. Sembrava che per l’autunno le paratoie in vetro avrebbero messo in sicurezza la Basilica. A febbraio il progetto era stato perfino presentato al Comitato tecnico del Provveditorato alle opere pubbliche. Poi però è intervenuta Elisabetta Spitz, la commissaria per la realizzazione del Mose – si legge su ilfattoquotidiano.it – che a sorpresa ha rimescolato le carte, affidando all’archistar Stefano Boeri l’incarico di rifare il progetto, soprattutto in chiave estetica.

Tutto è confluito in un terzo progetto che però ha subito recentemente la bocciatura dei comitati tecnico-scientifici del Ministero dei Beni culturali. Sono stati criticati la tenuta idraulica (a causa dell’eliminazione di elementi di raccordo dei vetri, sostituiti dal silicone), l’uso di materiali a rischio ruggine e lo spostamento dei varchi verso i lati della Basilica. Il provveditore alle Opere Pubbliche del Triveneto, Cinzia Zincone, ha convocato sindaco, prefetto e responsabili di San Marco per trovare una via d’uscita, che appare improbabile almeno fino a primavera.

Non si sa neanche quando sarà completata la “control room”, il cuore super tecnologico che comanda il Mose. C’è chi dice tra sei mesi, chi tra un anno, sta di fatto che ora ci si è dovuti affidare addirittura all’Esercito, grazie al Genio Militare che ha messo a disposizione i suoi ponti radio, altrimenti niente testì di sabato mattina.

Il tutto senza contare che tutti i problemi cronici e verosimilmente irrisolvibili del Mose stanno tutti lì. Non ne è stato risolto nemmeno uno: la corrosione, l’impossibile pulizia degli alloggiamenti delle paratoie in fondo al mare, la naturale instabilità del fondo marino. Per non parlare del mistero su chi dovrà prendersi l’onere di gestire l’opera fino al problema più grande di tutti: i costi di esercizio e di manutenzione.

Insomma, il sospiro di sollievo tirato dai veneziani sabato mattina, si è già tramutato in una morsa allo stomaco tra polemiche, preoccupazioni e sfiducia.

Foto credit: Peggy Choucair

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