Costruire senza consumare suolo, edificare colmando i vuoti lasciati dalle aree abbandonate. In una parola: rigenerare. Il futuro del mercato immobiliare è nella rigenerazione e nella riqualificazione; le opportunità ci sono e sono anche molto interessanti: secondo il rapporto pubblicato da Scenari Immobiliari, entro il 2050 il recupero delle aree urbane interesserà 920 chilometri quadrati di suolo rigenerabile, produrrà 2.300 miliardi di euro di fatturato e creerà 100 mila posti di lavoro.
“Il futuro del mercato immobiliare è nel suo passato”. Le parole di Mario Breglia, Presidente di Scenari Immobiliari, riassumono bene quanto emerge dal Primo Rapporto nazionale sulla rigenerazione urbana, pubblicato da Scenari Immobiliari (istituto indipendente di studi e ricerche che analizza i mercati immobiliari) e Urban UP Unipol.
Le azioni di rigenerazione messe in atto in Italia tra il 2014 e il 2023 hanno trasformato circa 312 chilometri quadrati di territorio, sviluppando 160 miliardi di euro di valore. Soltanto nell’ultimo anno, questo tipo di interventi hanno interessato quasi 28 chilometri quadrati di territorio e generato un valore aggiunto immobiliare di circa 13 miliardi di euro. Tra le principali aree metropolitane, Milano, Torino, Roma e Bologna sono le realtà in cui la rigenerazione urbana interessa le porzioni di territorio più ampie.
Quella della rigenerazione è la strada che l’edilizia dovrà percorrere anche in futuro, seguendo l’esempio di molti paesi europei, dove il recupero delle aree urbane dismesse rappresenta già da tempo il principale mercato immobiliare.
Le prospettive della rigenerazione urbana: uno sguardo al futuro
La rigenerazione è l’elemento su cui si dovrà puntare anche in futuro, per incoraggiare lo sviluppo del paese. Le prospettive presentate nel rapporto di Scenari Immobiliari, da qui al 2050, sono molto interessanti:
- 920 chilometri quadrati di suolo rigenerabile (pari a circa l’1,6% della superficie urbanizzata nazionale);
- 350 milioni di mq di superfici immobiliari;
- un fatturato industriale da 2.300 miliardi (di cui 700 miliardi di ricadute dirette sul comparto immobiliare, 850 miliardi di ricadute indirette e 750 miliardi di indotto);
- tra i 20 e i 25 miliardi di euro di gettito aggiuntivo annuo per lo Stato, originato dalla riattivazione di aree, strutture, edifici e spazi pubblici non utilizzati o sottoutilizzati.;
- circa 100 mila nuovi posti di lavoro nei settori delle costruzioni e dei servizi.
Costruire colmando i vuoti del passato
“Le città del futuro, come già successe nell’undicesimo secolo, devono recuperare intramoenia le funzioni necessarie”, ha affermato Mario Breglia a FUTURE CITIES, il convegno durante il quale è stato presentato il Rapporto nazionale sulla rigenerazione urbana. Non solo le normative, che sempre più destinano risorse alla rigenerazione urbana, ma anche l’etica e lo sviluppo di un’edilizia più sostenibile spingono a utilizzare quello che abbiamo già, a recuperare aree ed edifici per vari motivi dismessi, evitando così di consumare suolo e aree verdi. Fabbriche e uffici abbandonati, che hanno ormai perso la loro funzione economica, vecchie ferrovie, intere aree urbane dimenticate: i “vuoti” che il passato – anche non troppo lontano – ci ha lasciato sono tanti e meritano di vivere una seconda vita.
Il principio della rigenerazione andrebbe naturalmente coniugato con i costi degli interventi di bonifica e di riqualificazione e con le prospettive di mercato che gli edifici rigenerati avrebbero in futuro. In quest’ottica, è fondamentale il dialogo tra pubblico e privato. Come ha sottolineato Massimiliano Morrone, Amministratore Delegato di UnipolSai Investimenti SGR, “La cooperazione virtuosa tra pubblico e privato è oggi imprescindibile per avviare una rigenerazione urbana sostenibile e dare nuove identità e nuovo slancio alle aree dismesse attivando scambi destinati a premiare la collettività”. Morrone ha raccontato l’esempio del Gruppo UniPol nel Comune di Milano, dove è stata attivata una traslazione di volumetrie, da aree edificabili a sud della città, verso altre aree a nord, con grandi potenziali di sviluppo. La traslazione ha liberato circa 450.000 mq di superfici fondiarie a sud di Milano, aree verdi che adesso manterranno la loro vocazione agricola.
Le due direzioni della rigenerazione urbana
La rigenerazione è un fenomeno che interessa sia le grandi città, il più delle volte sedi delle aree e degli edifici dismessi più importanti, almeno per dimensioni, sia le realtà di provincia, dove spesso troviamo aree pubbliche abbandonate. Secondo Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari, “Le attività di rigenerazione urbana dei prossimi lustri si polarizzeranno in due tipologie principali. Da un lato le grandi trasformazioni continueranno a riguardare i maggiori centri urbani, le città metropolitane, quello che resta dei vasti complessi dismessi, edifici e aree pubbliche di varia natura, scali e superfici ferroviarie, grandi spazi commerciali e logistici, terziario e ambiti residenziali spesso prodotti di sperimentazioni. Dall’altro, saranno essenziali per le realtà provinciali le piccole trasformazioni, puntuali e reticolari, in gran parte insistenti sul sito di attività andate in disuso e spazi pubblici sottoutilizzati”.
Entrambe le tipologie di intervento sono importanti per garantire lo sviluppo di un territorio. Altrettanto importante è garantire la tempestività e l’esito positivo degli interventi, come ha sottolineato Zirnstein “minimizzando il rischio a qualsiasi scala, sia per i tempi lunghi caratteristici delle opere straordinarie, sia per tempi minori caratteristici delle opere di dimensione ordinaria, con la piena integrazione tra conoscenze di natura tecnica e competenze disciplinari afferenti a una pluralità di attori sociali, economici, territoriali e amministrativi”.
Dell’importanza della riqualificazione in chiave antisismica ne abbiamo di recente parlato a “Existing Building Forum”, il congresso internazionale che noi di Tradimalt abbiamo organizzato in partnership con il Dipartimento di Ingegneria Civile ed Architettura dell’Università di Catania e con l’Ordine degli Ingegneri di Catania.
Fonti: Scenarimmobiliari.it