86 mila beni culturali a rischio sismico. È questo il dato che emerge da un articolo del Corriere della Sera, che evidenzia come buona parte di questi si trovino soprattutto nel centro-sud.
A comandare la classifica Messina (con 410 beni), seguita a stretto giro da Spoleto (395) e Foligno (355), in una lista che abbraccia tutta la penisola.
Ma come fare a salvaguardare un patrimonio così ricco e variegato figlio di stili ed età differenti? La risposta è una, “la conoscenza”, e a riferirlo è direttamente Marica Mercalli, Direttore Generale del Ministero della Cultura: “Dove il rischio è più elevato, interveniamo, con l’attività di prevenzione“. Attività di prevenzione che si rifà a quella che viene definita CDR, ovvero “Carta del Rischio”.
Ma cos’è la Carta del Rischio e come funziona?
Progettata negli anni ‘90 dall’Istituto Centrale per il Restauro, la CDR è un sistema informativo territoriale che mira a salvaguardare il patrimonio culturale tramite interventi sistematici di conservazione e manutenzione programmata dei beni.
In pratica: un database che attraverso indagini scientifiche, come il controllo microclimatico ambientale, riporta informazioni sulla vulnerabilità degli edifici e sulla pericolosità dei luoghi in cui sorgono, permettendo di ridurre i danni sismici, attraverso il restauro preventivo delle opere.
Numeri incoraggianti
Si conta che dal 1992 a oggi la Carta del Rischio abbia schedato oltre 213 mila beni culturali. Numero destinato a salire grazie ai 3,2 milioni di euro stanziati per la causa negli ultimi due anni, mezzo miliardo di euro per la sicurezza antisismica dei luoghi di culto, 18 miliardi per l’efficientamento energetico e sismico dell’edilizia residenziale privata e pubblica, più una richiesta di 3 miliardi di euro per la sicurezza antisismica del patrimonio culturale. Cifre che oltre a fotografare il nostro fabbisogno rappresentano un’occasione di crescita per tante imprese.