Considerazioni a margine della presentazione della Delibera n. 246, promossa a Milazzo dagli Ordini degli Architetti e dei Dottori Agronomi e Forestali della Provincia di Messina: un nuovo modello normativo per il governo del territorio siciliano.
A breve la vigente legislazione urbanistica siciliana compirà 40 anni. Questo vuol dire che in questi quattro decenni la normativa che regola gli assetti delle città della regione, seppur con modifiche periodiche, è rimasta sostanzialmente sempre fondata sui medesimi princìpi – derivanti, a loro volta, dalla normativa nazionale ancora più datata (1942) – mentre le stesse città erano attraversate da prassi operative forse più interessate ai meccanismi di sanatoria, o condono, che per ben tre volte si sono alternati nel medesimo periodo.
Per questo, la necessità di aggiornare un sistema legislativo che ha ormai segnato il passo, ha spinto la Regione Siciliana a predisporre un nuovo testo di legge, emesso dall’ARS con Deliberazione n. 246 del 27 giugno 2019, dal titolo Norme per il governo del territorio, e predisposto dall’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente, presentato lo scorso 31 ottobre a Milazzo in occasione di un evento promosso dagli Ordini degli Architetti e dei Dottori Agronomi e Forestali della provincia di Messina.
Il testo è preceduto da una Relazione nella quale sono condensati i nuovi principi ispiratori e gli obiettivi di cui il Disegno di Legge si fa carico, sulla scorta dell’art.14 dello Statuto regionale che riserva alla Sicilia competenza esclusiva in materia urbanistica. Fin dalle prime righe sembra emergere la volontà di sposare la tendenza di altre regioni italiane (su impulso delle Direttive Comunitarie), come ad esempio l’Emilia-Romagna, che nel rivedere la propria legislazione hanno introdotto l’accattivante slogan del consumo zero di suolo. Ambizione difficilmente realizzabile, ma che riconduce la pianificazione in un alveo rigenerativo piuttosto che espansivo.
Il Disegno di Legge
53 gli articoli, finalizzati alla costruzione di un efficiente sistema di pianificazione che, tra gli “obiettivi di rilevanza pubblica” annovera anche la promozione della “bellezza delle città e dei territori” (art. 2, comma 1). Un esordio che manifesta un taglio nettamente ideologico del Disegno di Legge, dettato dai tempi ma anche dalla volontà di riguadagnare il terreno perduto a partire dal 1978.
Lo dimostra il ricorso a caposaldi dell’urbanistica contemporanea come il riuso di edifici, aree e infrastrutture e la rigenerazione del territorio urbanizzato, o l’istituto della partecipazione di soggetti pubblici e privati, non più relegata allo strumento dell’osservazione ma “anticipata” alla fase di formazioni dei piani attraverso “l’ascolto attivo delle esigenze, il dibattito pubblico sugli obiettivi generali, la più ampia pubblicità degli atti e dei documenti di pianificazione” (art. 6); sulla stessa linea si pongono le indicazioni su perequazione e compensazione dei diritti d’uso dei suoli.
Confermata la struttura piramidale della pianificazione che vede al vertice il Piano Territoriale Regionale (PTR) con valenza paesaggistica e, in successione con crescente livello di dettaglio normativo, la pianificazione intermedia delle tre Città Metropolitane e dei Consorzi di Comuni, per arrivare al livello Comunale con il Piano Urbano Generale (PUG) che sostituisce il vecchio PRG.
Tra le novità – aspettando una Legge sulla qualità dell’Architettura – spicca la promozione dell’architettura contemporanea e la qualità dell’edilizia pubblica e privata, attraverso il ricorso a concorsi di progettazione “per particolari interventi di opera pubblica” (art. 25, comma 3) e una “disciplina di incentivazione per interventi finalizzati alla riqualificazione urbanistico-ambientale”. Nelle intenzioni anche quella di snellire le procedure di formazione e approvazione dei Piani, portando l’iter ad un massimo di 180 giorni.
Un possibile scoglio
Sotto il profilo operativo, l’art. 26 indica – tra i passaggi di formazione del PUG – la perimetrazione delle parti di territorio comunale nelle quali, “per garantire il raggiungimento degli obiettivi del piano che potrebbero essere compromessi dall’applicazione delle pregresse previsioni urbanistiche, deve essere sospeso il rilascio di singoli titoli abilitativi”, nell’intervallo compreso tra l’approvazione preliminare e l’approvazione dello stesso PUG.
È altamente probabile che questo specifico comma rappresenti uno tra gli scogli più difficili da superare dal Disegno di Legge che, dopo l’approvazione della Delibera, è in discussione alla IV Commissione Legislativa dell’ARS, la quale sta esaminando le osservazioni avanzate, tra gli altri, dagli Ordini professionali, dall’Associazioni Costruttori e dall’ANCI. Lo spettro del blocco dell’attività edilizia, prima tra le vittime della crisi economica soprattutto in Sicilia, potrebbe palesarsi innescando meccanismi di difesa dei diritti edificatori già visti per tutti gli anni ’60 e ’70 in occasione delle ripetute (tentate) riforme urbanistiche nazionali.
La centralità che gli estensori del Disegno di Legge hanno voluto riservare al principio di rigenerazione urbana, risiede anche nelle definizione di ben tre distinti interventi (qualificazione edilizia, ristrutturazione urbanistica e addensamento o sostituzione urbana), che si intrecciano con la riduzione degli oneri di urbanizzazione e un adeguato sistema di premialità, oltre all’ambiziosa mappatura (a carico dei singoli Comuni) di tutti gli edifici pubblici e privati, del loro uso e della loro conservazione, da aggiornarsi annualmente (art. 30).
Le Disposizioni transitorie indicano che gli Enti Locali, entro un anno dalla pubblicazione del nuovo PTR dovranno approvare i propri Piani Territoriali. Pur prevedendo una dotazione finanziaria di 4 milioni di euro per il supporto tecnico-formativo da assicurare ai Comuni, la norma potrebbe scontrarsi con il pessimo stato di salute degli enti siciliani, stretti tra assenza di bilanci, dissesti finanziari, sottodimensionamento o dequalificazione degli organici.
Per questo, condurre in porto il testo di Legge prima (la previsione è che torni in Aula entro il 2019) e applicare le sue prescrizioni dopo, richiederà uno sforzo notevole: quasi una prova d’orgoglio per tutti i livelli istituzionali chiamati a non far naufragare questo tentativo di introdurre finalmente meccanismi di democrazia urbana. Il rischio è che passino inutilmente anche i prossimi 40 anni.
Le immagini son tratte da Simone Cardullo, Messina e il territorio della Stretto. Strategie e rigenerazione per la città del futuro, Ferrara (2016) – Figg. 1 e 2 – e da F. Giambanco, Analisi e recupero dei Centri Storici – il Caso di Palermo, Grafil (2007) – Fig. 3 .
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