“Le normative non possono oggi, non potevano ieri, e non potranno domani sostituirsi alla alta competenza tecnica necessaria per progettare strutture, ed alla imprescindibile cura “del buon padre di famiglia” che si deve avere.” Paolo Rugarli, ingenere strutturista
Il territorio emiliano piange oggi i morti sotto i capannoni industriali costruiti senza tener conto della possibilità di un evento sismico. E’ davvero troppo facile scaricare le responsabilità ad una fredda normativa che, prima del 2007, non considerava l’area territoriale a rischio sismico.
Invece il terremoto è avvenuto, i capannoni sono crollati e i morti adesso si contano.
E’ innanzitutto un dovere morale di tutti i tecnici che operano in questo settore essere chiamati a riflettere su un modo forse troppo superficiale di progettare, prima, e costruire, dopo.
Ecco cosa è successo in Emilia.
Le strutture industriali erano isostatiche, composte da un insieme di elementi: travi principali (in calcestruzzo armato precompresso, caratterizzate da luci importanti e da un elevato peso proprio), tegoli di copertura e pilastri. Tutto ciò appoggiato semplicemente l’uno sull’altro: le travi ai pilastri, i tegoli di copertura appoggiati a loro volta alle travi.
Il solo attrito garantiva il collegamento. Per questo motivo sopportavano molto bene i carichi verticali, mentre non erano capaci a sopportare le azioni orizzontali dovute al terremoto.
Per impedire il crollo in caso di sisma, si sarebbero dovute introdurre delle connessioni meccaniche in corrispondenza degli appoggi. In questo caso, la struttura avrebbe sopportato le azioni sismiche.
Adesso, dando per assodato che la causa tecnica è questa, rimane il fatto che non sempre si debba fare solo ciò che la norma dice di fare. Le norme sono fatte da persone umane , con le loro dimenticanze ed inefficienze, ed i tecnici in questa circostanza, hanno dimostrato di essere degli ingegneri burocrati. Non si può azzerare il buon senso solo per una cieca fiducia alle regole.
Se da un lato i morti si contano solo con i crolli dei capannoni industriali, dall’altro lato però, anche il patrimonio storico-monumentale è stato fortemente danneggiato; infatti, mentre riusciamo a trovare una spiegazione tecnica al crollo delle nuove costruzioni, ci chiediamo il perchè abbiano ceduto anche monumenti centenari e apparentemente solidi strutturalmente.
Probabilmente le cause del crollo sono dovute alle svariate trasformazioni che questi monumenti hanno subito nel tempo e che hanno snaturato l’equilibrio strutturale provocando delle debolezze nel comportamento dell’edificio non considerate all’origine.
Ma vi è anche in questo caso una mancanza di buon senso venuto meno a favore dell’incuria dell’uomo che non ha mai previsto alcun piano di restauro; nessun piano di messa in sicurezza delle strutture antiche del nostro territorio; nessun tipo di rinforzo delle strutture portanti delle chiese e dei palazzi antichi. Il patrimonio storico-culturale delle zone colpite dal terremoto è distrutto perchè non ce ne siamo interessati e quando lo abbiamo fatto è stato sempre troppo tardi.
Tutti i monumenti del nostro patrimonio italiano hanno bisogno di manutenzione, non possiamo continuare ad affrontare una cultura dell’emergenza che quando qualcosa cade tanto poi si ripara.
Oggi ci risvegliamo ancora più poveri rispetto al nostro patrimonio artistico-architettonico, non è venuto meno solo lo skyline dei paesi che hanno subito il crollo di chiese e campanili, sono venute meno le radici culturali di un popolo che pensa che ogni singolo materiale da costruzione abbia vita infinita.
Bisogna imparare finalmente a rispettare il nostro patrimonio artistico che è la nostra ricchezza culturale.
Infine, quello che è successo in Emilia, deve rappresentare un richiamo alla professionalità e al buon senso; c’è bisogno di una sensibilità del costruire sana e responsabile, la burocrazia deve servire a regolamentare, ma non deve mai sostituirsi alla coscienza dell’essere umano.