Il Decreto Inerti 2024 riscrive la normativa sugli scarti da costruzione e demolizione in un’ottica più sostenibile e pragmatica
Il nuovo Decreto Inerti è stato approvato dal Governo il 26 giugno 2024 e disciplina il riutilizzo sul mercato dei rifiuti da costruzione e demolizione. Il provvedimento, nato dal confronto tra MASE, ISPRA e operatori di settore, revoca il precedente Decreto End of Waste (DM 152/2022) e introduce anche delle misure per alleggerire gli oneri economici e amministrativi degli operatori.
Il punto cruciale del testo è quello che stabilisce che gli inerti da costruzione, demolizione e origine minerale cessano di essere considerati rifiuti dopo aver subito le operazioni di recupero. Se gli aggregati riciclati o artificiali, derivanti dal trattamento di recupero, soddisfano i criteri fissati nel decreto, tali rifiuti diventano aggregati recuperati e sono ammessi a ulteriori impieghi.
Gli inerti sono i materiali di scarto prodotti durante le operazioni di costruzione e demolizione. Si tratta nello specifico di resti e frammenti di:
- mattoni, murature e calcestruzzo (anche armato);
- scarti della produzione di manufatti prefabbricati in calcestruzzo armato e non;
- detriti di sovrastrutture stradali o ferroviarie;
- conglomerati bituminosi derivati da fresatura a freddo;
- intonaci e malte.
Per la loro composizione, i rifiuti da cantiere richiedono un particolare procedimento di trasporto e smaltimento che non arrechi danni alle persone e all’ambiente. Per questo motivo si è reso necessario un nuovo decreto ad hoc.
Indice
Cosa c’è nel Decreto End of Waste 2024
Il precedente decreto sui rifiuti in cantiere aveva posto limiti strettissimi sulle analisi ambientali per tutti gli utilizzi e per tutti gli aggregati, rischiando però di paralizzare il settore edile. Il nuovo regolamento, invece, dovrebbe riuscire a far fronte al problema introducendo due scale di valori diverse in base all’impiego dell’aggregato e alla destinazione d’uso dell’area dove verrà utilizzato (che può essere civile o commerciale e industriale).
In più, il Decreto Inerti 2024 allarga il perimetro dei rifiuti ammessi nell’End of Waste e include più codici EER (Elenco Europeo dei Rifiuti). Sono previste anche possibilità aggiuntive di utilizzo dei prodotti EoW, come la produzione di cemento: parte degli inerti naturali usati per produrre la polvere di cemento, infatti, potranno essere sostituiti con inerti riciclati.
Il nuovo testo definisce le responsabilità del produttore di aggregato recuperato, incluse le dichiarazioni di conformità e le modalità di prelievo e detenzione dei campioni. Un altro aspetto importante contenuto nel provvedimento è la richiesta avanzata ai produttori di implementare un sistema utile a dimostrare il rispetto dei criteri stabiliti nel regolamento.
Questa operazione servirebbe a garantire il controllo della qualità e l’automonitoraggio continuo. Entro 24 mesi dall’entrata in vigore di questo ultimo decreto, il Ministero dell’Ambiente valuterà i dati acquisiti tramite il Registro Nazionale delle Autorizzazioni al Recupero (ReCER). In base ai risultati si procederà alla revisione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, assicurando che le normative rimangano aggiornate e pertinenti.
I nodi ancora irrisolti
Per il Ministro dell’Ambiente Gilberto Picchetto Fratin si tratta di un decreto “rivoluzionario”. Il Viceministro Vannia Gava ha sottolineato la portata del testo affermando che in un Paese povero di materie prime, come l’Italia, è importante fare leva sull’economia circolare e sulla tutela ambientale per recuperare strategicamente materia prima seconda.
Un po’ meno ottimista è ANPAR, l’associazione dei riciclatori di rifiuti inerti, che commenta la firma del nuovo regolamento ricordando che ci sono ancora dei nodi da sciogliere. Secondo gli operatori bisogna migliorare ancora il decreto 2024 dal punto di vista tecnico, soprattutto rispetto ai limiti di concentrazione per l’utilizzo degli aggregati recuperati nelle opere di riempimento stradale.
Si tratta di uno sbocco di mercato fondamentale per un settore che è in grado di generare, ogni anno, oltre 60 milioni di tonnellate di aggregati recuperati, con un tasso di riciclo superiore al target europeo dell’80%.
Per il presidente ANPAR Paolo Barberi alcune questioni da risolvere riguardano:
- rifiuti interrati: sono esclusi dal nuovo decreto e sono quei rifiuti residui delle guerre mondiali o prodotti dai terremoti (oggi le macerie vengono raccolte, ma negli anni non è sempre stato così). Per fugare i dubbi del Ministero sull’origine di questi inerti, Barberi e ANPAR propongono di introdurre delle analisi supplementari per questa tipologia di rifiuti;
- terreni di bonifica: secondo la norma sui sottoprodotti, una terra proveniente da bonifica che è stata analizzata nelle sue caratteristiche tecniche e ambientali, può essere un sottoprodotto. Le stesse materie, quindi, se utilizzate come End of Waste hanno delle limitazioni, se utilizzate come sottoprodotti no;
- riempimenti e ripristini ambientali: il nuovo End of waste stabilisce che gli aggregati riciclati impiegati per riempimenti o ripristini ambientali su aree a destinazione industriale o commerciale debbano rispettare i limiti più restrittivi. Per ANPAR sarebbe più opportuno utilizzare per i ripristini ambientali un aggregato recuperato con caratteristiche ambientali meno restrittive, almeno se la destinazione è commerciale o industriale (quindi non residenziale o di verde pubblico).
Fonti:
- EdilPortale, “Rifiuti da costruzione e demolizione, pronte le nuove regole” di Rossella Calabrese;
- Infobuild, “Cosa prevede il decreto sul riutilizzo dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione” di Adele di Carlo;
- EconomiaCircolare.com, “Rifiuti da costruzione e demolizione, firmato il decreto end of waste, ma restano perplessità” di Daniele Di Stefano;
- Ricicla News, “Rifiuti inerti, firmato il nuovo decreto end of waste”.