Economia circolare, una leva strategica per l’Italia

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Economia circolare: il problema delle materie prime critiche

Il rapporto del 2023 sull’economia circolare in Italia mette ancora il nostro Paese al primo posto nell’UE, seppure con qualche criticità, soprattutto nel reperimento di materie prime strategiche

Più di Polonia, Spagna, Germania e Francia: con i suoi 20 punti, l’Italia si distingue ancora tra le cinque principali economie dell’UE per impiego di materiali riciclati, con un tasso di uso circolare pari al 18,4% (contro l’11,7% della media europea).

A dirlo è il quinto Rapporto Nazionale del Circular Economy Network, realizzato in collaborazione con ENEA e con il patrocinio della Commissione Europea, del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

La classifica generale del report è stata redatta tenendo conto di sette indicatori:

  • tasso di riciclo dei rifiuti;
  • tasso di utilizzo di materia prima proveniente dal riciclo;
  • produttività delle risorse;
  • rapporto tra la produzione dei rifiuti e il consumo dei materiali;
  • quote di energia da fonti rinnovabili sul consumo totale lordo di energia;
  • riparazione;
  • consumo di suolo.

L’Italia riesce bene per quote di riciclo complessive (72%), tasso d’uso circolare, produttività delle risorse (3,19 €/kg) e utilizzo di energia rinnovabile (20,4%), ma, a ben guardare, la crescita del nostro Paese è più lenta rispetto a quella delle altre nazioni esaminate.

Il trend di circolarità permette infatti di osservare l’incremento di performance negli ultimi cinque anni. In questo scenario l’Italia migliora meno della Polonia, che parte da livelli molto bassi di circolarità, e della Spagna, che sta correndo più velocemente.

Il problema delle materie prime strategiche

Seppure ancora positivi, i dati italiani riflettono una tendenza a livello globale che accende qualche campanello d’allarme. Il Rapporto sottolinea che nel 2023 solo il 7,2% dell’economia mondiale è circolare (nel 2018 era il 9,1%) e che questa ha superato il consumo totale di 100 miliardi di tonnellate di materiali. Secondo le stime, le quantità sono destinate a crescere fino a raddoppiare entro il 2050 e per far fronte a un simile consumo servirebbe un Pianeta di scorta.

Allo stato attuale, l’Europa ricava il 56% delle materie critiche dalla Cina e l’Italia non resta esclusa da questa dinamica. Ogni anno, infatti, il nostro Paese importa oltre il 99% di materie prime critiche, dimostrando una forte dipendenza dall’estero.

Per materie prime critiche si intendono quelle materie, di particolare importanza economica, caratterizzate da alto rischio di fornitura. Considerati questi dati, puntare sul recupero e sul riciclo è fondamentale per accelerare la transizione all’economia circolare e per abbattere i costi dell’inflazione, che viene alimentata dai rincari del costo dei materiali e dell’energia.

Secondo il position paper “Materie prime critiche e produzioni industriali italiane. Le opportunità derivanti dall’economia circolare” (The European House-Ambrosetti) l’Italia utilizza tutte e diciassette le materie prime considerate strategiche e critiche dall’Unione Europea.

Tra queste le più rilevanti per la nostra economia sono rame, manganese, silicio metallico, nichel, magnesio, grafite, cobalto, terre rare, litio e titanio, la cui domanda, pari a 2.782 tonnellate nel 2020, potrebbe crescere fino a 11 volte nel 2040 se avremo uno sviluppo tecnologico allineato con gli obiettivi europei.

Per soddisfare la domanda sarà necessario garantire un approvvigionamento sicuro e resiliente ed è qui che il recupero e il riciclo possono fare la differenza. Il riciclo, infatti, potrà colmare nel 2040 dal 20% al 32% del fabbisogno italiano annuo di materie prime strategiche, mentre il target europeo del 15% potrebbe essere raggiunto già nel 2030.

Per raggiungere tassi di riciclo utili a potenziare l’autonomia strategica italiana è necessario incrementare il numero di strutture dedicate al recupero delle materie prime. L’analisi di European House – Ambrosetti ha stimato che in Italia saranno necessari 7 impianti per un investimento pari a circa 336 milioni di euro.

“Restiamo in testa, ma in quella sulle performance degli ultimi cinque anni perdiamo posizioni perché altri stanno cambiando più velocemente. – si legge nel Report del Circular Economy Network – Anche per questo non possiamo permetterci di stare seduti sugli allori dei risultati raggiunti, né frenare rispetto alle nuove iniziative europee in direzione della circolarità, ma al contrario mirare a continuare ad avere un ruolo di punta”.

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