Quanti anni ha il parco edilizio scolastico in Italia?

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Edilizia scolastica: dettaglio di un'aula

Su 40 mila scuole presenti nel nostro Paese, quelle costruite dopo il 2018 sono meno dell’1%. Tra analisi, normative e interventi futuri, ecco come si presenta oggi l’edilizia scolastica italiana

Le scuole italiane hanno un’età media di circa 50 anni. Lo dice una ricerca di Openpolis, che osserva come più della metà degli edifici scolastici in Italia sia stato realizzato tra il 1950 e il 1992. Questo significa che buona parte delle strutture risale all’immediato Dopoguerra e che oggi potrebbe non essere più conforme alla normativa in vigore.

Abbiamo già fatto cenno a questo discorso parlando del parco abitativo nazionale. Negli anni ‘50 e ‘60, infatti, le informazioni sulla sismicità del nostro Paese non potevano essere le stesse di cui disponiamo oggi. Per forza di cose, certe misure di prevenzione sono state ignorate e ancora oggi, in alcuni casi, le scuole italiane mostrano carenze strutturali che ne compromettono la sicurezza.

A queste problematiche si uniscono quelle legate all’assenza di manutenzione. A gennaio 2024 Legambiente ha condotto un’analisi su oltre 6 mila edifici scolastici, osservando che più della metà non dispone della certificazione di sicurezza. Solo il 50% delle strutture è in possesso di certificato di collaudo statico, certificazioni di agibilità e certificato di prevenzione incendi.

La buona notizia è che le prospettive di miglioramento non mancano. Il PNRR ha stanziato finanziamenti per 3,9 miliardi di euro da destinare alla messa in sicurezza e alla riqualificazione di circa 2 mila scuole. Altri 1,19 miliardi saranno investiti per la costruzione di 200 nuovi edifici. Infine, 300 milioni di euro saranno impiegati per il potenziamento delle infrastrutture sportive, con l’obiettivo di realizzare 230.400 mq di palestre e impianti.

Indice

Normativa per l’edilizia scolastica: uno sguardo veloce

Le prime regole sull’edilizia scolastica arrivarono negli anni ’70, con il Decreto Ministeriale 18 dicembre 1975. Il testo riportava le norme tecniche da seguire nella realizzazione delle infrastrutture, compresi gli indici minimi di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica.

Circa vent’anni dopo, nel 1996, la Legge n.23 stabilì la competenza comunale sull’edilizia delle scuole d’infanzia, elementari e medie e quella provinciale scuole di istruzione secondaria di secondo grado. Di lì a poco entrarono in vigore anche la normativa antincendio e le regole per il superamento delle barriere architettoniche.

Da allora sono state emanate altre importanti disposizioni, come le linee guida pubblicate dal Miur nel 2013 per progettare l’edilizia scolastica e le innovazioni sulla normativa antincendio, rilasciate tra 2017 e 2018. Per ultimo, nel 2022, anche il documento per “progettare, costruire e abitare le scuole del futuro” (così come si legge nel testo), in vista degli interventi delle nuove scuole previsti dal PNRR.

Edilizia scolastica: bambini in aula

Come afferma ancora Openpolis, ricapitolare queste norme ci aiuta a capire quanti sono in Italia gli edifici scolastici di recente costruzione, quindi quelli che rispettano la normativa vigente.

In particolare, su 40 mila scuole attive, quelle realizzate dopo il 2018 rappresentano solo lo 0,8%. A livello territoriale, il dato oscilla tra il 4,2% della Valle d’Aosta e lo 0,1% della Sardegna. Tra questi estremi, le strutture scolastiche più recenti si registrano anche in Molise, Marche, Umbria, Basilicata, Abruzzo, Toscana e Veneto. Si noti, però, che alcuni di questi territori sono stati colpiti da eventi sismici negli ultimi 30 anni.

Su quest’ultimo punto va integrata l’analisi di Legambiente. Nelle zone a rischio sismico 1, il 22,7% degli edifici scolastici (nemmeno 1 su 4) è stato progettato o adeguato alle attuali norme antisismiche. In zona 2, il dato scende al 16,1%. Inoltre, solo il 25,7% delle amministrazioni ha effettuato verifiche di vulnerabilità sismica su tutti gli edifici, nonostante la loro importanza per la sicurezza.

Le iniziative nel PNRR

La qualità del patrimonio scolastico è connessa alla stessa esperienza educativa. Una scuola moderna con aule e attrezzature adeguate potrà garantire anche un’offerta didattica più in linea con le esigenze di alunni e docenti.

Il Piano Scuola 4.0 del PNRR prevede essenzialmente due azioni. La prima è volta alla ristrutturazione degli edifici scolastici, la seconda all’integrazione degli strumenti digitali per migliorare la didattica web e avvicinare gli studenti alle professioni del futuro.

Le scuole beneficiarie dei fondi dovranno ripartire così le spese:

  • 60% minimo da investire per l’acquisto di dispositivi digitali;
  • 20% massimo per gli arredi;
  • 10% massimo per piccoli interventi di carattere edilizio funzionali all’intervento;
  • 10% per spese di progettazione e tecnico-operative.

Rinnovare lo spazio scolastico significa anche promuovere un maggiore senso di appartenenza. Tuttavia, come dimostrato da Save The Children, la scuola in Italia è attraversata da disuguaglianze nell’offerta dei servizi educativi tra il Nord e il Sud della penisola.

A ciò si aggiunge che la manutenzione degli edifici scolastici è spesso carente. Il Rapporto di Legambiente evidenzia che solo il 30,5% degli edifici ha subito indagini diagnostiche sui solai negli ultimi 5 anni, mentre il 12,7% è stato oggetto di lavori di messa in sicurezza. Gli interventi di manutenzione straordinaria, che solo metà delle strutture scolastiche ha realizzato, si sono concentrati soprattutto su impiantistica, prevenzione incendi e strutture igienico-sanitarie.

I fondi stanziati dal PNRR dovrebbero aggiustare il tiro dell’edilizia scolastica italiana. L’obiettivo è quello di rendere gli edifici scolastici innovativi, sostenibili, sicuri e inclusivi. Per farlo, è necessario programmare interventi di adeguamento sismico, efficientamento energetico, sostituzione edilizia e messa in sicurezza. Gli investimenti si concentreranno sulla ristrutturazione e riqualificazione energetica, puntando a ridurre le emissioni, migliorare le classi energetiche e digitalizzare gli ambienti di apprendimento.

Fonti:
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