Gli intonaci. Come proteggere le murature

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Gli organismi architettonici in ogni tempo e nelle diverse aree geografiche sono di norma costituiti da un nucleo strutturale con funzione statica e da un rivestimento destinato a proteggere e a decorare la struttura portante dell’edificio. Le superfici architettoniche costituiscono l’interfaccia tra l’organismo architettonico e l’ambiente esterno, nei cui confronti assumono una funzione passiva di protezione dagli agenti di degrado e al tempo stesso attiva di completamento cromatico e decorativo.
Il termine Intonaco deriva da intunicare ovvero coprire con la tonaca: dizione che risale al XIV secolo per indicare il rivestimento che si dà alla muratura a scopo protettivo.

Cenni storici

Sin dalla preistoria l’evoluzione umana è sempre stata accompagnata al progresso delle tecnologie costruttive.
Le prime dimore stabili costruite dagli essere umani erano capanne in legno e pelli di animali. Con l’esperienza scoprirono che, ricoprire grossolanamente con uno strato di fango, come protezione dei graticci stesi fra i pali verticali che formavano le pareti delle capanne, migliorava la durabilità dei ricoveri. È proprio questo il primo esempio di intonaco primordiale, costituito da fango argilloso.
Con l’evolversi della civiltà e del livello di vita si accentuò la tendenza a dare sempre maggior consistenza alle pareti esterne, ad utilizzare diversi componenti aggregati si sviluppò così l’impiego dei primi leganti (prima il gesso e poi la calce).
L’intonaco, successivamente, divenne anche un elemento decorativo.

I Romani misero a punto una tecnica edilizia talmente raffinata che, sino alla moderna rivoluzione industriale, i loro sistemi costruttivi rimasero ineguagliati. Per quanto concerne l’intonaco, inoltre, le tecniche costruttive romane restano ancora inarrivabili. Occorre precisare che furono i costruttori romani a scoprire i principi fondamentali per ottenere un buon intonaco e che, in ogni caso, seppero far tesoro di quanto inventato da altri e lo applicarono puntualmente.
In concreto riuscirono sempre a produrre ottimi manufatti edilizi dove alcuni loro intonaci appaiono, ancora oggi, tecnicamente perfetti. Seppero cioè comprendere che per realizzare un intonaco valido, si dovevano rispettare alcune regole generali concernenti il supporto (maturazione già completata, consistenza strutturale ecc.) e l’aggrappo (pulitura accurata della superficie, relativa umidificazione, ecc.), ma anche mettere in opera diversi strati, sempre più sottili, con malte diversificate.
In questi due principi fondamentali è concentrato il segreto degli intonaci romani. Intonaci che possono essere costituiti anche da sette strati di malte di composizione e tipologia diverse; con un primo strato, quello di aggrappo alla muratura, di notevole consistenza (cm 5-6) e strati successivi a spessori decrescenti (eseguiti con malte a componenti sempre più sottili) sino ad arrivare ad uno spessore complessivo di una decina di centimetri.

In seguito alla caduta dell’impero romano la tecnica edilizia, in Europa, iniziò progressivamente a decadere soprattutto nei paesi dell’Europa occidentale dove le continue invasioni portarono al progressivo abbandono delle città e ad una momentanea flessione della civiltà urbana, principale fondamento della tecnologia romana. Per tutto il Medioevo, nei paesi europei già appartenenti all’impero romano (ad esclusione di gran parte della penisola iberica, occupata dagli Arabi), l’intonaco si ridusse a un manufatto molto povero, spesso limitato a un solo strato, applicato direttamente sulla muratura senza alcuna planarità o levigatura.

Le migliorate condizioni culturali generali congiuntamente all’affacciarsi, sulla scena mondiale, della rivoluzione industriale, portarono nel settore dei leganti, (soprattutto in Francia e in Gran Bretagna tra il 1750 e il 1824) a una molteplicità d’invenzioni e di brevetti. Ci riferiamo alla calce idraulica ed al cemento Portland. In quel periodo, approfittando anche delle nuove acquisizioni della scienza chimica, gli studiosi compresero che a determinare la formazione dei leganti, capaci di effettuare la presa anche in assenza di aria, senza l’utilizzo delle sabbie pozzolaniche o di coccio pesto, erano le impurità di silice ed allumina incluse naturalmente in diverse rocce calcaree.
Allo stesso modo la tecnica dell’intonacatura venne considerevolmente modificata.

Quali sono le sue funzioni?

Le funzioni dell’intonaco sono, principalmente, le seguenti:
proteggere la muratura da fenomeni meteorologici e dai principali agenti del degrado;
regolarizzare, uniformare e rendere complanare la superficie della facciata;
garantire una buona tenuta all’aria (su strutture leggere, non per la muratura);
impermeabilizzarla (ridurre l’apporto idrico al supporto ma non è una vera e propria tenuta all’acqua);
realizzare un vero e proprio polmone igrometrico d’ambiente;
decorarla (da sé o come supporto per la decorazione).

Che cos’è l’intonaco?

L’intonaco è tradizionalmente una malta composta da una parte definita legante (indurente) e da una parte costituita da aggregati solitamente inorganici, come sabbie di fiume o di cava, pozzolana, cocciopesto o polvere di marmo, di dimensione granulometrica selezionata. Le proprietà delle malte per intonaci interni ed esterni dipendono essenzialmente dal tipo o dai tipi di leganti utilizzati e dalle loro rispettive proporzioni.
Si parla di:
• intonaco di malta aerea (di calce aerea);
• intonaco di malta idraulica (di calce idraulica) e di malte speciali come il coccio pesto;
• intonaco di malta di cemento;
• intonaco di malta bastarda (calce e cemento);
• intonaco di malta di gesso;
• stucco;
• intonaco in terra (argilla stabilizzata con calce).

L’aspetto delle superfici intonacate, invece, dipende dalla parte preponderante, che spesso è l’aggregato: lo colora e ne definisce, in funzione del legante e delle modalità di realizzazione, la rugosità superficiale.

Le malte per intonaci interni/esterni, inoltre, sono definite, dalla norma UNI EN 998-1:2010 “Specifiche per malte per opere murarie – Malte per intonaci interni ed esterni”:
in base al concetto come:
• malta a prestazione garantita, la sua composizione ed il suo metodo di produzione sono scelti dal produttore per ottenere le proprietà specificate;
• malta a composizione prescritta, dove le proporzioni di composizione in volume o in massa di tutti i costituenti la malta devono essere dichiarati dal produttore;

in base alle proprietà e/o all’utilizzo come:
• malta per scopi generali per intonaci interni/esterni (GP);
• malta alleggerita per intonaci interni/esterni (LW);
• malta colorata per intonaci esterni (CR);
• malta monostrato per intonaci esterni (OC);
• malta di risanamento per intonaci interni/esterni (R);
• malta per isolamento termico per intonaci interni/esterni (T).

Stratigrafia

Su supporti tradizionali, come pietra, mattone o misti (mattone e pietra) si applicano, preferibilmente a mano, tre strati:
Il primo strato a contatto con la muratura si chiama rinzaffo o abbozzo e ha lo scopo di assicurare al supporto una buona aderenza per gli strati successivi; viene applicato in maniera non uniforme fino al rivestimento del 60-80% circa della muratura: presentando una granulometria più grossolana garantisce, all’intonaco di corpo, che verrà successivamente posato, una migliore presa e più duratura.
Tra i vari strati dell’intonaco, il rinzaffo è quello che presenta le più elevate prestazioni meccaniche.

Il secondo strato è definito arriccio o arricciato o intonaco di corpo, ha una granulometria media (circa 1,5 millimetri di diametro massimo) e viene applicato in spessori minimi da 0,5 centimetri, per evitare fastidiose crepe superficiali all’intonaco che potranno provocare la caduta di parti della finitura. Il suo principale compito è di uniformare la superficie delle murature, andando ad eliminare tutti gli eventuali difetti di planarità e verticalità, e, dato lo spessore, di barriera protettiva nonché di struttura portante per gli strati successivi.

L’ultimo strato, detto intonachino o velo o intonaco civile (la sua applicazione è generalmente definita stabilitura) ha generalmente due funzioni: proteggere l’intonaco dagli agenti atmosferici, umidità e quant’altro possa danneggiare e rovinare l’intonaco, e rendere l’edificio esteticamente gradevole. Ha una granulometria fine, di diametro massimo inferiore agli 800 micron, ed il suo spessore di applicazione è inferiore ai 3 millimetri. Anticamente tale strato era realizzato con acqua, calce e pigmenti naturali, per ottenere la colorazione desiderata, mentre oggi vi sono numerose tipologie di pitture ed intonaci protettivi già rifiniti.

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