+2,5% nel 2018 secondo Cresme ed Ance. La crescita del mercato trainata dalla ripresa degli investimenti pubblici
Quest’anno il mercato delle costruzioni imboccherà la piena strada della ripresa. Affermazione, questa, che oramai da diversi anni circola puntualmente e con ottimismo nei primi mesi dell’anno, si ridimensiona già in primavera e corregge decisamente il tiro a metà anno. Stavolta la fondatezza della previsione è da collegare, innanzitutto, al riavvio degli investimenti pubblici. A dirlo è il rapporto Cresme 2018 che illustra un quadro in evoluzione positiva dopo anni di stagnazione, quando non di crisi.
In sintesi, secondo il Cresme, il mercato privato delle costruzioni è già sintonizzato su una piena ripresa, innanzitutto in riferimento alle attività di recupero edilizio, che peraltro non hanno mai subito flessioni. Una situazione che si è determinata grazie ai bonus di sgravio fiscale, che – pur con una certa incertezza del nuovo Governo – sembrano destinati alla conferma. Ma è l’iniezione delle risorse di investimenti pubblici che potrebbe, a cascata, imprimere una accelerazione dell’attività.
La previsione di Cresme è che, per effetto della spinta pubblica, il comparto possa crescere del 2,5%.
Che cosa è accaduto negli ultimi anni
Secondo il Rapporto Cresme gli ultimi due anni delle costruzioni sono stati caratterizzati da una lieve, quasi impercettibile, crescita (pari all’1%) mentre la crisi avrebbe provocato danni dai quali il comparto non si è ancora risollevato, con una riduzione degli investimenti pari al 33% tra il 2005 e il 2014 e un taglio di 600mila posti di lavoro, con un calo complessivo del 30% delle persone occupate nel comparto.
Anche i dati Ance confermano come siano state le ristrutturazioni e riqualificazioni a mantenere in vita il settore. Anche nel 2017. L’associazione dei costruttori, nel suo Osservatorio congiunturale, registra investimenti in nuova edilizia ancora negativi (-0,7%), mentre gli investimenti per la riqualificazione del patrimonio abitativo nel 2017 hanno continuato il loro trend positivo con un +0,5%. Il risultato deriva – citando un articolo di sintesi de Il Sole 24 Ore – principalmente dalla proroga del potenziamento degli incentivi fiscali per le ristrutturazioni e l’efficienza energetica.
In decisa crescita sono però anche il numero dei permessi di costruire aumentati dell’11,7% nei primi 6 mesi del 2017. Tanto che l’Osservatorio prevede la fine della recessione nelle costruzioni per il 2018, con un +2,4% in valori reali (poco diverso dal 2,5% Cresme), trainato in particolare da nuove abitazioni (+3,7%) e, pur tra le difficoltà, dai lavori pubblici (+2,5%).
Nel complesso, comunque, nel 2017 gli investimenti in costruzioni sono ancora fermi (-0,1%), nonostante i “cospicui stanziamenti” (+72%) messi in campo nel 2016 dal Governo Renzi per il settore delle opere pubbliche. “Questi sforzi – rileva l’Ance – sono stati azzerati dall’inefficienza della Pa” e anche nel 2017 il settore dei lavori pubblici registra un netto calo (-3%) rispetto al 2016. La performance peggiore è quella dei Comuni, che nello scorso anno hanno ridotto la spesa per investimenti in opere pubbliche di circa 800 milioni, pari a -7,4%.
L’Ance ha calcolato quindi che per inefficienza della Pa si perderanno nel biennio 2017-2018 6 miliardi di euro di previsioni di spesa. “Non siamo il Calimero del sistema industriale, il 95-97% dei materiali usati dalle nostre aziende sono prodotti in Italia e noi non delocalizziamo”, ha commentato il presidente dell’Ance Gabriele Buia rispondendo a uno degli imprenditori partecipanti alla presentazione dei dati che sottolineava come l’ex ministro Carlo Calenda sia andato a Bruxelles per difendere i 500 posti di lavoro di Embraco, che delocalizza in Slovacchia, mentre “nessuno si muove quando noi dall’inizio della crisi abbiamo perso 600.000 posti di lavoro”.
“Il nostro grande problema – ha sottolineato Buia – è che gli stanziamenti per lavori pubblici (rilevanti, diamo atto al governo uscente) non diventano investimenti, spesa effettiva, cantieri. Passano anni dagli stanziamenti ai cantieri, non si può andare avanti così”.
“Stiamo morendo di burocrazia – ha aggiunto – ma non vogliamo buttare il Codice appalti 2016 nel cestino. Chiediamo però al prossimo legislatore di sedersi a un tavolo insieme a noi per risolvere le molte problematiche ancora aperte nel Codice”.
Il settore è anche penalizzato da ritardi nei pagamenti che viaggiano ancora in media sui 100 giorni, a cui si aggiunge lo split payment che drena liquidità dalle imprese. “E poi c’è un sistema bancario che non ci è più amico come una volta. Serve – ha sollecitato Buia – una normativa che consenta finalmente di fare riqualificazione urbana, che consenta cioè la demolizione e ricostruzione”.