Il nuovo decreto stabilisce i criteri, le modalità e le risorse da destinare agli interventi per la riduzione del dissesto.
Le alluvioni che si riversano sull’Italia – di cui la bomba d’acqua nel catanese è solo l’ultimo spiacevole esempio – rendono urgente il problema della gestione del territorio nel nostro Paese.
Attuare una strategia di prevenzione adeguata è un’emergenza che non può più essere trascurata e il DPCM 27 settembre 2021 sembra un primo significativo passo avanti nella risoluzione del problema.
Il decreto, che abroga il precedente DPCM 28 maggio 2015, è il frutto della collaborazione del gruppo di lavoro nominato dal MITE insieme ai rappresentanti regionali e alle autorità di bacino distrettuale.
Come inviare le proposte
L’Allegato I al nuovo DPCM sul dissesto idrogeologico specifica le modalità di presentazione e valutazione delle richieste di finanziamento degli interventi, che dovranno essere inserite dalle Regioni nella piattaforma ReNDIS entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto.
Prima dello scadere dei sei mesi dalla suddetta data, le Regioni saranno tenute ad aggiornare i dati relativi alle domande già presentate, pena l’esclusione dal fondo e l’impossibilità di accedere al finanziamento.
Il documento, infine, traccia le linee guida per il monitoraggio degli interventi. I dati di avanzamento finanziario, fisico e procedurale dei lavori dovranno infatti essere trasmessi al Sistema di monitoraggio nazionale.
Valutazione e attribuzione delle risorse
La ripartizione dei fondi è determinata da criteri che stabiliscono la priorità di intervento, a loro volta definiti da quattro parametri specifici:
- peso: è il valore numerico massimo attribuito a ciascun criterio;
- classe: definisce un range di tipo numerico, qualitativo o fisico;
- punteggio: corrisponde al valore numerico attribuito a ciascuna classe in relazione al peso;
- valore pesato: si ottiene matematicamente dal rapporto tra il peso e il punteggio massimo, moltiplicato per il punteggio ottenuto.
Il rapporto tra questi parametri permette di distinguere i criteri in due tipologie, quelli definiti “comuni” e quelli relativi all’esistenza di misure di compensazione e mitigazione.
I criteri comuni riguardano quei campi delle schede di proposta intervento che sono uguali per tutte le tipologie di dissesto, come “localizzazione dell’intervento”, “finanziamento e progetto” e “classificazione dell’area”.
I criteri sull’esistenza di misure di compensazione e mitigazione, invece, intendono ridurre l’impatto negativo dell’opera o realizzare altre opere con una valenza ambientale che compensi l’impatto del progetto principale.
Gli interventi ammessi
Il DPCM stabilisce poi che una parte dei fondi debba essere destinata alle azioni integrate di mitigazione del rischio idrogeologico e di tutela e recupero degli ecosistemi e della biodiversità.
Per accedere al finanziamento diventa quindi importante presentare quei progetti che possono effettivamente dimostrare di essere sicuri rispetto ai fenomeni di inondazione e di instabilità plano-altimetrica degli alvei fluviali.
Al tempo stesso, queste opere devono contribuire a incrementare la biodiversità attraverso il ripristino delle caratteristiche naturali e ambientali dei corpi idrici e della regione fluviale.
Nello specifico, gli interventi per la riqualificazione integrata dei corsi d’acqua comprendono le operazioni di:
- ripristino morfologico;
- intervento naturalistico;
- riduzione dell’artificialità;
- gestione dei sedimenti;
- equilibrio sedimentario dei corsi d’acqua e bilanci del trasporto solido;
- recupero dell’ambito costiero marino.