Le coperture artificiali guadagnano letteralmente terreno di anno in anno, peggiorando alcuni fenomeni come il surriscaldamento urbano e il rischio idrogeologico. Nel 2022, il consumo di suolo in Italia è aumentato ancora una volta, raggiungendo il valore più alto degli ultimi 11 anni. In questo contesto, l’azzeramento del consumo netto di suolo appare come un obiettivo tanto necessario quanto lontano.
Circa 77 chilometri quadrati consumati in più, con un avanzamento di 2,4 metri quadrati al secondo, il 10% in più rispetto all’anno precedente. I dati che emergono dall’ultimo report ISPRA sul consumo di suolo in Italia sono i più alti degli ultimi 11 anni.
Il monitoraggio effettuato nel 2022 conferma un continuo incremento delle superfici artificiali a scapito delle aree agricole e naturali, compensato in minima parte dal ripristino di queste ultime (circa 6 chilometri quadrati, associati soprattutto al recupero di aree di cantiere o ad aree consumate in modo reversibile).
L’aumento del consumo del suolo è accompagnato, da un lato, dai fenomeni di diffusione, dispersione e decentralizzazione urbana; dall’altro, da una forte spinta alla densificazione delle aree urbane, che causa la perdita di superfici naturali all’interno delle città. Queste tendenze si notano soprattutto nelle aree costiere e di pianura, mentre nelle zone marginali si assiste all’abbandono delle terre e alla frammentazione delle aree naturali.
Le conseguenze del consumo di suolo
L’artificializzazione e la copertura del suolo amplificano alcune problematiche che purtroppo conosciamo bene. Consumare suolo significa aumentare la superficie impermeabile e, di conseguenza, il rischio idrogeologico del territorio. Tanto più che molti interventi sono realizzati proprio nelle aree a media e alta pericolosità idraulica.
Un’altra conseguenza è l’aumento del surriscaldamento urbano. In città, la temperatura cresce proporzionalmente alla densità delle coperture artificiali. Nei giorni più caldi si raggiungono valori compresi tra 43 e 46 °C; la differenza di temperatura del suolo nelle aree urbane di pianura rispetto al resto del territorio è, in media, di 4°C d’estate.
A questi evidenti effetti collaterali si aggiungono i costi nascosti collegati alla perdita dei servizi ecosistemici, ovvero le funzioni che un suolo di buona qualità svolge normalmente:
- l’approvvigionamento di materie prime, prodotti alimentari e biomassa;
- la regolazione del clima;
- la capacità di assorbire l’acqua;
- il mantenimento della fertilità;
- la protezione da fenomeni idrologici estremi;
- la conservazione della biodiversità;
- la conservazione del paesaggio e del patrimonio storico e naturale.
ISPRA stima che i costi totali della perdita del flusso annuale di servizi ecosistemici osclilla tra i 7,8 e i 9,5 miliardi di euro l’anno.
Dove e come viene consumato il suolo
A livello nazionale, la copertura artificiale del suolo è di oltre 21.500 km2, a cui si sommano altri 646 km2 di aree soggette ad altre forme di alterazione diretta, ma non considerate come causa di consumo di suolo (per esempio, le serre non pavimentate e i ponti).
Il suolo consumato copre il 7,14% del territorio, con valori in crescita continua. La maggior densità si registra lungo la fascia costiera entro un chilometro dal mare, nelle aree di pianura, nelle città e nelle zone urbane e periurbane dei principali poli.
I cambiamenti rilevati nell’ultimo anno si concentrano in alcune aree del Paese. Sono particolarmente elevati nella pianura Padana, con maggiore intensità nella parte lombarda e veneta e lungo la direttrice dell’Emilia. Il fenomeno è molto intenso lungo tutta la costa adriatica e nel Salento in particolare, dove si conferma la tendenza degli ultimi anni con una fortissima presenza di cambiamenti. Tra le aree metropolitane più colpite troviamo ancora Roma e Napoli.
Il consumo di suolo ha, naturalmente, destinazioni diverse. Viene distinto in permanente (nuovi edifici, strade, altre superfici pavimentate o impermeabilizzate, etc.) oppure reversibile (piazzali, parcheggi e cortili non pavimentati, impianti fotovoltaici a terra, cave, cantieri, ecc).
Nell’ultimo anno sono stati rilevati:
- 994 ettari di nuovi edifici;
- 224 ettari di nuovi impianti fotovoltaici;
- 5.346 ettari di nuovi cantieri.
In particolare, le aree edificate rappresentano oltre il 25% dell’intero suolo consumato e l’1,8% del territorio nazionale. A tal proposito, un dato preoccupante riguarda i rischi a cui sono soggette queste aree: considerando il consumo di suolo dell’ultimo anno, più del 35% si trova in aree a pericolosità sismica alta o molta alta, il 7,5% nelle aree a pericolosità da frana.
Ridurre il consumo di suolo
Secondo ISPRA, per contrastare l’aumento del consumo di suolo servirebbe innanzitutto un intervento a livello legislativo. Servirebbe una legge nazionale che, in conformità agli indirizzi europei, affermi i principi fondamentali di riuso, rigenerazione urbana e limitazione del consumo del suolo, sostenendo con misure positive il futuro dell’edilizia, e tutelando l’attività agricola.
Ridurre il consumo di suolo, minimizzando gli interventi di artificializzazione e aumentando il ripristino naturale delle aree più compromesse, è una misura chiave anche per l’adattamento ai cambiamenti climatici. Come si legge nel rapporto ISPRA, “arrestare il consumo di suolo nel nostro Paese permetterebbe di fornire un contributo fondamentale per affrontare le grandi sfide poste dai cambiamenti climatici, dal dissesto idrogeologico, dall’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, dal diffuso degrado del territorio, del paesaggio e dell’ecosistema, dalla perdita di biodiversità”.