L’ULTIMO STRATO/2. Seconda uscita dell’approfondimento tecnico sulle finiture: pregi e difetti delle tipologie a calce e ai silicati.
I marmorini, i tonachini, le rasature a calce sono impasti di calce miscelati con polveri finissime di marmo e altri pigmenti inorganici, quali le pietre dure colorate semipreziose (come i lapislazzuli o la tormalina) o le terre naturali, che, frantumate e miscelate, riescono a dare una colorazione in pasta che evita un’ulteriore tinteggiatura. Le sfumature che si possono ottenere sono tantissime e di intensità e tonalità diverse, che cambiano con il tempo.
La superficie che si ottiene è più o meno grezza a seconda di quanto la si lavora a spatola e quindi diventa più o meno «anticata».
La calce idrata in polvere, contiene l’idrossido di calcio in cristalli di morfologia prismatica e di dimensioni grossolane per l’assenza di acqua (presente invece nel grassello in fase di spegnimento e stagionatura) che impedisce lo svolgersi delle trasformazioni morfometriche.
La fase successiva è la carbonatazione: durante la quale avviene la presa ed indurimento per reazione con la CO2: Ca(OH)2 + CO2 –> CaCO3 + H2O
L’ indurimento della calce calcica avviene lentamente:
- dopo un mese 5-10 kg/cm2
- dopo 10-20 anni 60/70 kg/cm2
- dopo 3 settimane il 60-70 % della calce é carbonatato.
La presenza di umidità é molto importante perché la reazione di Ca(OH)2 con la CO2 avviene in fase liquida.
Oltre al limite imposto dalla natura chimica del legante, occorre, infine, tener presente delle modeste prestazioni meccaniche conseguibili con gli impasti di sola calce. Questi, infatti, posseggono resistenze meccaniche a compressione a 28 giorni generalmente comprese nell’intervallo 1-3 N/mm2.
In antichità si sono sempre utilizzati vari protettivi per le finiture a calce.
- Per la loro composizione si utilizzava e si utilizza cera d’api e trementina (o terpene d’arancio).
- La saponaria era un’alternativa, utilizzata più frequentemente per il suo costo più basso.
Presentano le seguenti caratteristiche:
- Bassa idrorepellenza (alto assorbimento di acqua)
- Buona diffusione del vapore (ottima traspirabilità)
- Assenza di bolle
- Coloritura non uniforme (caratteristica positiva nei centri storici)
- Perfetta adesione su fondi minerali
- Formulazione cromatica solo nei toni tenui
- Le tonalità forti vanno ottenute solo con più velature successive
- La migliore resistenza all’acqua si ottiene con applicazione a fresco
- Il meccanismo di essiccazione è la carbonatazione.
Sarebbe consigliabile proteggere la tinta a calce con uno strato di idrorepellente silossanico traspirante (incolore) che ne aumenti la resistenza all’acqua.
Finiture ai SILICATI
Le finiture ai silicati, vengono così chiamate perché utilizzano come legante un polisilicato di potassio la cui azione fissativa è dovuta alla reazione con l’anidride carbonica atmosferica.
K2O n SiO2 +CO2+mH2O -> nSiO2 mH2O + K2CO3
A questa reazione può sovrapporsi la reazione con l’alcalinità calcica del supporto: K2 O n SiO2 + Ca(OH)2 + CO2 -> nCaO SiO2 + (n-1) SiO2 + K2CO3 (formula 3).
Si sceglie il silicato di potassio e non il silicato di sodio perché il carbonato di sodio che si formerebbe è un sale fortemente espansivo a seguito della reazione di idratazione: Na2 CO3 H2O + 9H2O >< Na2CO3 I0H2O che avviene reversibilmente con l’escursione della temperatura ai valori ambientali con una variazione di volume del 261%.
Il carbonato di potassio invece non è un sale pericoloso perché essendo deliquescente non cristallizza. Esso ha però una azione di richiamo e ritenzione di umidità. Per minimizzare questo inconveniente si adopera un polisilicato di potassio al più elevato modulo (n=3.5 – 4) e cioè con il minimo contenuto di potassio (tetrasilicato di potassio).
Le finiture ai silicati inizialmente erano confezionate come bicomponenti, ossia il silicato liquido (in soluzione acquosa) era separato dalle polveri (pigmenti e cariche). I due componenti venivano mescolati prima della applicazione, lasciati così maturare alcune ore e poi utilizzati entro le 24 ore. Questo era necessario perché il tetrasilicato di potassio in soluzione è molto instabile e reagisce facilmente con metalli reattivi e relativi ossidi, precipitando i rispettivi silicati insieme alla silice come mostrato con la reazione (formula 3).
Inoltre il tetrasilicato precipita la silice per abbassamento del pH dovuto a aggiunta di acidi o assorbimento della CO2 dell’aria. Infine il silice può precipitare anche con la reazione K2O3 4SiO2 + 9H2O >< K2O SiO2 + 3SiO2 per il semplice abbassamento della temperatura, con l’aggiunta di sostanze organiche idrosolubili (per e. Alcole) o anche la sola aggiunta di centri di cristallizzazione come polveri inerti e nel nostro caso pigmenti e cariche.
Oggi sono però disponibili dei silicati di potassio stabilizzati e pigmenti talmente puri che è possibile produrre delle finiture silicati monocomponenti in grado di sopportare anche l’aggiunta di sostanze organiche come dispersioni polimeriche (insaponificabili), coalescenti, addensanti e altri ausiliari.
I pregi della finitura a i silicati sono riassumibili in:
- Consolida il supporto minerale;
- Pietrifica i supporti minerali reattivi;
- Opacità minerale;
- Non filma;
- Non combustibile;
- Stabile al calore;
- Stabile a UV e luce;
- Altamente resistente alle intemperie;
- Resistente all’atmosfera industriale;
- Protegge i supporti sensibili agli acidi perché molto alcalina;
- Elevata permeabilità al vapore;
- Resistente all’acqua;
- Esente da solventi organici;
- Ecologica;
- Economica;
- Tixotropica;
- Azione bioacida contro funghi, alghe, muschio, licheni;
- Impiego versatile.
E’ utile ed interessante , l’ho letto e mi e’ piaciuto.grazie