Kengo Kuma, maestro dell’architettura onomatopeica

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L'architetto giapponese Kengo Kuma
Credit foto: ICOM

In occasione della Biennale di Architettura di Venezia, una mostra che scava nell’originale approccio dell’architetto giapponese

Il pensiero di Kengo Kuma, professionista tra i più stimati dell’epoca contemporanea, parte da un’idea abbastanza semplice che lui stesso definisce “losing architecture” e che spiega come la capacità di far sparire l’architettura nello paesaggio circostante.

Per raggiungere questa immaterialità spaziale occorre studiare l’ambiente e ascoltare i materiali. Intervistato in occasione dell’esposizione a Venezia, allestita nell’ambito della Biennale di Architettura 2023, Kuma ha dichiarato che “se dovessi spiegare i miei concetti a parole, sarebbe difficilissimo farmi capire, allora li esprimo attraverso i suoni, che evocano delle materialità”.

“Para para” per dire “pieno e vuoto”, “zure zure” per “flessibilità”: le onomatopee permettono all’architetto di creare un ponte tra l’uomo e la natura. Alla base c’è l’empatia: Kuma usa parole-suono per comunicare e trasmettere i progetti ai suoi collaboratori e ai clienti, per evocare delle sensazioni.

Due opere esemplari

Esprimersi per onomatopee aiuta Kengo Kuma a spiegare la sua architettura delle relazioni, impostata a misura d’uomo e di natura, e per questo capace di inserirsi nel paesaggio esistente senza sovrastarlo.

Pietra, cemento, ceramica e bambù vengono impiegati in funzione della loro capacità emotiva, determinata dalle caratteristiche costruttive e dal “modo di sentire” tipico della cultura giapponese.

V&A Dundee Museum

Il principio dell’emotività spiega perché Kuma abbia optato per il calcestruzzo nella realizzazione del V&A Dundee Museum, complesso scozzese dedicato al design. Grazie al calcestruzzo, infatti, è stato possibile dar forma a un grande monolite simile a uno scoglio per celebrare il rapporto tra la terraferma e l’acqua.

“Dundee era una città costruita sul commercio e il fiume svolgeva un ruolo vitale.ha spiegato l’architettoL’edificio si comporta come un gate attraverso il quale la città può ancora una volta accedere al mare”.

Kengo Kuma • V&A Dundee Museum
Credit foto: modulo.net

Il museo si sviluppa su due livelli e conta una superficie di 8.445 m2. Danno forma al volume due piramidi rovesciate che, pur essendo separate al piano terra, sono collegate superiormente dal piano che ospita le gallerie espositive. L’arco sotteso dal collegamento dei due volumi è attraversato da una passerella pedonale che mette in comunicazione, sia fisica che visiva, la città con il fiume e viceversa.

Data la forma e il design complesso dell’edificio, per la sua versatilità, il calcestruzzo è stato eletto l’unico materiale capace di concretizzare l’idea progettuale di Kengo Kuma. Il risultato è un guscio architettonico continuo e interconnesso che racchiude l’interno tra pareti a doppia curvatura, garantendo stabilità all’intero complesso.

Kadokawa Culture Museum

Per questo museo, situato a Tokyo nel distretto di Musashino Daichi, Kuma ha progettato un telaio di acciaio e cemento rivestito da più di 20mila lastre di granito. Le suggestioni sono molto simili a quelle che hanno ispirato il museo di Dundee e anche questa volta l’opera è frutto di un dialogo con il contesto culturale, storico, sociologico, geografico e morfologico.

Il sito in cui sorge il Kadokawa Culture Museum è un’area suburbana formatasi in seguito a una delle tre eruzioni del Monte Fuji: “Volevo esprimere la potenza dei movimenti della terra con il granito, come se una roccia mastodontica si fosse formata all’improvviso dalla crosta terrestre” ha dichiarato Kuma.

La scelta del granito è semplice da capire: si tratta di un materiale composto di magma e serve a conferire consistenza materica e tattile all’intera struttura. Dall’esterno il museo appare come una fortezza modellata dalle forze della natura. Al suo interno, infatti, custodisce un grande tesoro: una biblioteca concepita come una città abitata da 25 mila libri, strutturata per sottolineare la fisicità del muro di volumi.

Progettista e teorico fuori dagli schemi

Classe 1954, Kengo Kuma si è laureato in Architettura a Tokyo appena ventenne. Subito dopo si è trasferito a New York dove ha frequentato la Columbia University GSAPP come visiting researcher.

Nel 1987 ha fondato a Tokyo e Parigi le due sedi dell’atelier Spatial Design Studio (poi diventata Kengo Kuma & Associates) e è diventato professore universitario nella capitale nipponica. Qui ha realizzato anche il suo Kuma Lab, un laboratorio dedicato alla ricerca e alla sperimentazione negli ambiti di architettura, urbanistica e design.

Numerosi sono i progetti nel portfolio di Kuma, così come le pubblicazioni. Tra queste, “Anti-object: The Dissolution and Disintegration of Architecture” è il testo critico che meglio sviluppa il suo approccio inaspettato e innovativo.

Kengo Kuma vanta una lunga carriera costellata di premi, tra cui ‘Architectural Institute of Japan e l’onorificenza di Officier de l’Ordre des Arts et des Lettres della Repubblica Francese. A questi e altri riconoscimenti è aggiunto, nel 2021, anche il privilegio di essere il solo architetto contemporaneo inserito nella prestigiosa lista Time 100.

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