Dice Vitruvio: “ Tutte le pietre, su le quali l’acqua forte agisce, e produce effervescenza, sono proprie da far calce, le più dure e le più pesanti sono le migliori…”
La calce è un materiale legante tra i più antichi utilizzati nell’edilizia; può avere carattere decorativo o, più diffusamente, mescolata con la sabbia, trova impiego nelle malte da muratura o intonaco, che presentano ottime caratteristiche di conservazione e durabilità.
La qualità della calce e dei prodotti derivati, come la malta, dipende dalla materia prima e dalle proporzioni dei componenti.
Inoltre, il suo uso è indispensabile non solo come legante per la costruzione di muri di ogni tipo, ma anche per distribuire i carichi quando si devono comporre elementi non perfettamente lisci nella superficie di contatto.
Nell’edilizia moderna e contemporanea, la calce trova impiego in ambiti molto ristretti, i leganti di tipo cementizio e polimeri di sintesi l’hanno sostituita ovunque, e del valore dell’antico legante rimane soltanto la memoria impressa negli edifici storici e nei trattati di arte ed architettura.
Fortunatamente, oggi, si fa sempre più strada la consapevolezza che le qualità della calce debbano essere rivalutate: non solo negli interventi di restauro, dove è necessario un uso corretto e coerente dei materiali simili agli originali, ma anche e soprattutto nell’edilizia tradizionale, in bio-architettura, dove i materiali moderni hanno, in molti casi, mostrato i loro limiti.
La calce ha segnato le tappe fondamentali della storia millenaria dell’edilizia e dell’architettura.
Il primo materiale usato nelle costruzioni di cui si ha testimonianza è l’argilla. Il suo utilizzo risale infatti alla preistoria: l’uomo preistorico aveva empiricamente appreso che l’argilla impastata con acqua poteva fornire un materiale plastico, capace di aderire con altri materiali sciolti e, essicando, indurire mantenendoli legati.
I primi leganti derivati dai processi di calcinazione di pietre naturali, sono il gesso e la calce aerea. La loro scoperta è probabilmente legata a quella del fuoco.
La scoperta, invece, della calce, a comportamento idraulico, si fa risalire ai Fenici. Come è noto essi ebbero una civiltà molto avanzata ed agli stessi si attribuiscono varie invenzioni anche in altri campi. Ai Fenici è dovuta la preparazione di malte confezionate con calce aerea e sabbia vulcanica delle Cicladi. Cisterne per acqua, intonacate con malte idrauliche, sono state rinvenute a Gerusalemme e si fanno risalire al regno di Salomone (X Secolo a. C.) e alla mano di operai fenici.
Più tardi, a Roma, l’impiego di un conglomerato calce-pietre trova una prima documentazione nel 300 a. C. con le opere di Appio Claudio: l’acquedotto Appio e la Via Appia. I Romani migliorarono notevolmente la tecnologia di produzione della calce aerea, cuocendo calcari di buona qualità e spegnendo accuratamente la calce viva risultante che, successivamente, veniva mescolata con sabbia pulita. Essi conoscevano solo la calce aerea, cioè quella capace di far presa a contatto con l’aria, mentre era sconosciuta la calce idraulica, capace di far presa anche sott’acqua. I Romani erano tuttavia in grado di ottenere malte idrauliche aggiungendo all’impasto la pozzolana. Come i Greci ed i Fenici prima di loro, anch’essi non ignoravano le proprietà di alcuni depositi vulcanici, quando venivano macinati e mescolati con sabbia e calce aerea, fornivano una malta che presentava non solo caratteristiche di resistenza meccanica superiori a quelle ottenibili con la sola calce, ma anche la proprietà di resistere all’azione sia dell’acqua dolce che di quella marina. Per formulare le malte idrauliche i Romani impiegarono principalmente tufi vulcanici rossi o purpurei, rinvenuti in vari punti della zona della baia di Napoli. Poiché la migliore di queste terre proveniva dalle vicinanze di Pozzuoli, il materiale prese il nome di pozzolana.
La divulgazione della tecnologia dei Romani fu agevolata dalla pubblicazione attorno al XIII sec. a. C. del “De Architectura”, opera dell’architetto ed ingegnere Marco Vitruvio Pollione. Tale opera costituisce una fonte di informazioni estremamente dettagliata per quel che riguarda le tecniche di costruzione dei Romani, ed è considerato di fatto il primo esempio al mondo di normativa industriale.
Nel capitolo V, Vitruvio discorre sulla calce dando testimonianza di una conoscenza empirica, ma certamente valida: “Avendo spiegato i diversi generi dell’arena si dee porre in opera tutta la diligenza intorno alla calce, affinchè sia cotta di pietra bianca o di selce; e quella che sarà di pietra più compatta e più dura sarà utile nella fabbricazione, quella di pietra porosa nell’intonaco.”
Con la caduta dell’Impero si perdono molte delle capacità produttive fino allora acquisite, ma la produzione e l’utilizzo della calce sono ancora attestate sia da prove archeologiche sia da fonti scritte.
Ma, durante il Medioevo molte delle avvertenze costruttive utilizzate nei secoli precedenti, non trovano un utilizzo, tant’è che si assiste ad un graduale declino del livello qualitativo della calce utilizzata in campo edile.
Bisogna attendere il XVII secolo, dove in Francia, al tempo dei grandi lavori idraulici eseguiti nella Reggia di Versailles, verranno ripresi i metodi dei Romani.
Altro sviluppo tecnologico si ha nel 1824, quando un muratore inglese, Joseph Aspdin, arrivò a perfezionare il processo di selezione dei calcari sino a raggiungere quel livello di qualità e di resistenza tramandato sino ai giorni nostri. E’ da ascrivere alla creatività di Aspdin la scoperta del Cemento Portland, così chiamato perchè la massa ottenuta assomigliava alla roccia dell’isola di Portland.
In Italia fu solo negli anni 80 del XIX secolo che si andò consolidando, con un ritardo di oltre quarant’anni rispetto agli altri Paesi europei, la conoscenza tecnologica approfondita per produrre diversi tipi di calce.
Oggi, la calce, in virtù della minore richiesta di energia in produzione e della completa compatibilità con il costruito storico, si propone a noi come il legante da costruzione del terzo millennio. Inoltre, nell’ambito del recupero e restauro di manufatti antichi, l’utilizzo di leganti non sempre compatibili con i materiali preesistenti, rappresenta uno dei più importanti fattori di rischio per la salvaguardia del patrimonio storico-architettonico. Dati sperimentali e ricerche scientifiche individuano nella calce il solo materiale veramente compatibile con la maggior parte delle opere architettoniche costruite dall’uomo dall’antichità ad oggi.