Rischio terremoti: i fondi per mettere in sicurezza l’Italia

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Foto di ra-photos via Canva

Dal Governo un programma decennale di prevenzione sismica per gli edifici pubblici. Le parole chiave del progetto: responsabilità, sviluppo e coordinamento

Un programma della durata di almeno 10 anni e una dotazione iniziale di 250 milioni di euro, con l’obiettivo di replicare questa cifra ogni anno. È il nuovo piano per la prevenzione sismica che il Ministro Nello Musumeci ha annunciato in occasione della 7a Giornata Nazionale dedicata al tema.

Il 17 dicembre 2024, infatti, il Ministro della Protezione Civile e i rappresentanti della Fondazione Inarcassa, del CNI e del CNAPPC hanno affrontato le principali criticità della messa in sicurezza dai terremoti. Le due tavole rotonde, una tecnica e una politica, hanno presentato le stime sui costi indiretti degli eventi sismici e hanno avanzato delle proposte per migliorare l’efficacia delle norme esistenti.

Durante l’incontro, Nello Musumeci ha ribadito l’importanza di un programma di prevenzione strutturale “a qualsiasi livello”, dal Governo nazionale fino alle amministrazioni locali. Il piano interesserà le zone particolarmente a rischio e le infrastrutture pubbliche, quindi scuole, ospedali e opere strategiche. Per gli edifici privati, invece, si prevede l’intervento dell’Unione Europea.

PIL e occupazione: l’analisi dei costi secondari dei terremoti

Dal terremoto nella Valle del Belice, nel 1968, il nostro Governo ha stanziato oltre 135 miliardi di euro per far fronte ai danni dei terremoti più gravi. Di questa cifra, circa 20 miliardi andranno spesi fino al 2047.

Secondo i dati presentati nella Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica, in Italia il 57% del patrimonio residenziale risale a prima del 1971. Tradotto, si parla di quasi 12 milioni di edifici. Solo il 3% del totale è stato realizzato a partire dal 2008, anno in cui le norme tecniche per le costruzioni hanno iniziato a includere in modo sostanziale il tema della prevenzione sismica.

Lo studio sui costi secondari dei terremoti si è basato su tre eventi in particolare: il sisma nella Valle del Belice, quello in Friuli Venezia Giulia e quello in Irpinia. La valutazione ha considerato nello specifico gli effetti prodotti sul PIL, sull’occupazione, sulla demografia e sui beni culturali.

L’analisi dimostra che i danni provocati dai terremoti vanno oltre l’evento in sé e compromettono il tessuto economico delle zone coinvolte anche per gli anni a seguire. Nel Belice e in Irpinia il PIL ha registrato cali rispettivamente del -2,8% e del -12%. In Friuli, invece, la ricostruzione dopo il sisma del 1976 ha permesso di passare da un’economia agricola a una industriale, con una crescita del PIL del +20%.

Contestualmente, il tasso di disoccupazione si è attestato al 25,20% nel Belice e al 27,30% in Irpinia, ben oltre la media italiana odierna del 5,8%. Per quanto riguarda lo spopolamento, il Belice ha osservato un -10% e l’Irpinia un -8,6%.

Tra prevenzione e rilancio

Secondo i progettisti, per parlare seriamente di prevenzione sismica, bisognerebbe mettere in atto una grande opera di manutenzione straordinaria. Questo richiederebbe una spesa di 219 miliardi di euro, da ripartire in quasi 7 miliardi all’anno per 30 anni. Attualmente, però, i 250 milioni di euro stanziati dal Governo rappresentano lo 0,1% della cifra necessaria. Per un decennio, si arriverebbe circa all’1%.

Guardando la classificazione sismica dei comuni italiani elaborata da Cresme-Isi, osserviamo il 44% del nostro territorio nazionale (ovvero 133 mila kmq) ricade nelle zone sismiche 1 e 2. 48 milioni di italiani vivono in 17 milioni di abitazioni nelle aree di pericolosità 1, 2 e anche 3, dove i terremoti sono più rari ma possono comunque verificarsi.

Oggi, però, solo il 32% del patrimonio abitativo si presenta in ottime condizioni. Tutto il resto necessita di operazioni di messa in sicurezza. A questo proposito il Presidente della Fondazione Inarcassa, Andrea De Maio, ha sottolineato che sarebbe più opportuno mitigare che prevenire, intervenendo almeno sugli edifici maggiormente esposti

Se il rischio sismico venisse trattato con una logica di prevenzione programmata, potrebbe addirittura trasformarsi in un’opportunità. Da un lato, infatti, permetterebbe di risparmiare tutti i costi diretti e indiretti legati a un terremoto; dall’altro spingerebbe la crescita e lo sviluppo socioeconomico dei territori.

La Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica ha ribadito l’urgenza di un impegno strutturale e condiviso per ridurre il pericolo legato ai terremoti, con un maggiore coordinamento tra le amministrazioni locali e nazionali.

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