Ristrutturazione zero energy: la strada che percorre l’Europa. E l’Italia?

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Che l’edilizia debba assolutamente cambiare il proprio status di settore energivoro verso un modello zero energy lo abbiamo già sostenuto molte volte, l’ultima occupandoci del Piano nazionale integrato per l’Energia ed il Clima (PNIEC), che il Governo ha inviato alla Commissione europea e che include una proposta di vincolare le ristrutturazioni edilizie ad alcuni obblighi di efficientemente energetico.

L’edilizia consuma, infatti, il 36% dell’energia e contribuisce al 40% delle emissioni annuali di CO2. Il problema principale è costituito dal patrimonio immobiliare esistente, come dimostra un dossier di Legambiente: in Italia la maggior parte delle case sono energivore, poco green e costruite nel dopoguerra con materiali e tecniche che avevano una scarsa attenzione all’efficienza dei sistemi di riscaldamento, hanno problemi di dispersione termica d’inverno e surriscaldamento d’estate, con ovvie ricadute sulla salute di chi le abita e sui costi delle bollette.

Per questo è indispensabile un impegno per la realizzazione di nuove costruzioni in ottica nZEB, ma non è sufficiente: bisogna ripensare in ottica green anche il patrimonio esistente per raggiungere l’obiettivo fissato dall’Europa con la Direttiva 2018/844/UE di incentivare la ristrutturazione degli immobili e di decarbonizzare l’attuale parco immobiliare europeo entro il 2050.

È questo l’obiettivo del progetto Transition Zero, un progetto europeo finanziato dal programma Horizon 2020, che intende stabilire le giuste condizioni di mercato per introdurre su larga scala l’obiettivo Net Zero Energy nel settore dell’edilizia popolare in tutta Europa.

Ma cosa si intende per Net Zero Energy? Un’abitazione in grado di produrre tutta l’energia necessaria per produrre riscaldamento, acqua calda sanitaria e alimentare, e per l’utilizzo degli elettrodomestici. Ciò può essere ottenuto utilizzando nuove tecnologie come facciate prefabbricate, tetti isolati con pannelli solari e installazioni intelligenti di riscaldamento e raffreddamento.

Il modello è quello di EnergieSprong, condotto con successo in Olanda, che prevede una ristrutturazione in genere completata entro una settimana senza che i residenti debbano trasferirsi, una soluzione che viene fornita con una garanzia trentennale sia per quanto riguarda il “clima interno” sia per le prestazioni energetiche. La ristrutturazione è finanziata con una cifra normalmente spesa per pagare le bollette energetiche, quindi i residenti ottengono una casa migliore e più confortevole senza costi mensili aggiuntivi.

Un processo collaborativo che coinvolge tre soggetti del cambiamento: appaltatori, fornitori di alloggi e residenti; e che assicura diversi benefici, tra cui una qualità del prodotto garantita su un intervento rapido e “indolore”; una considerevole riduzione della manutenzione e soprattutto il conseguente risparmio energetico e l’aumento di valore della proprietà.

Energiesprong ha attratto due linee di finanziamento europee che contribuiscono all’esecuzione di questa espansione internazionale: un progetto Horizon 2020 (3,6 mln) e un progetto Interreg Nord-Ovest Europa (5,4 mln). Può contare su un’esperienza pluriennale nei Paesi Bassi dove sta già coinvolgendo in interventi di ristrutturazione 110.000 case costruite negli anni Sessanta e Settanta.

In realtà il caso dei condomini italiani è molto diverso da quelli olandesi, per ragioni architettoniche e burocratiche, e il modello Energiesprong potrebbe non essere la strada migliore, ma resta il fatto che vanno promosse soluzioni di questo tipo, pensati interventi di ristrutturazioni e riqualificazione energetica dei condomini, proprio come suggerisce Legambiente, in un’ottica anche di sgravi fiscali in modo da favorire e stimolare l’investimento che non è solo vincolato all’immobile, ma ha effetti sull’intera collettività.

Una sfida e una responsabilità sul futuro che il nostro Paese deve assolutamente accettare.

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