La regola del silenzio-assenso nel Decreto Salva Casa

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Progetto architettonico su carta
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Il meccanismo, studiato per semplificare l’attività della Pubblica Amministrazione, evita di incorrere nel rischio di produrre abusi edilizi

Quando si parla di silenzio-assenso, in diritto amministrativo, si intende la procedura per cui la mancata risposta dall’autorità competente corrisponde a un accoglimento implicito della pratica. Per attivare questa regola, però, è necessario che intercorra un certo intervallo di tempo tra la presentazione della richiesta e l’inizio dichiarato dei lavori.

Inoltre, occorre che siano contemporaneamente soddisfatte tutte le condizioni e i requisiti richiesti dalla legge. Infatti, se questi vengono a mancare, il silenzio-assenso non si verifica e si incorre in abuso edilizio per procedura illegittima.

Il quadro normativo di riferimento è contenuto nella legge 241/1990, che fissa, tra gli altri, i termini entro cui l’amministrazione può comunicare il rifiuto della domanda. In generale il silenzio-assenso scatta dopo 30 giorni, ma in alcuni casi il meccanismo può attivarsi dopo 90 giorni.

Il Decreto Salva Casa ha introdotto la regola del silenzio-assenso anche per le piccole difformità edilizie, al posto del precedente silenzio-rigetto, e ha stabilito delle tempistiche specifiche per i funzionari.

Indice

Il silenzio-assenso per i piccoli illeciti edilizi

Lo scopo del Decreto Salva Casa è quello di regolarizzare gli abusi edilizi minori (verande, box, finestre) per reintrodurre sul mercato una serie di immobili e abbassare così i costi della compravendita. Il testo ha semplificato le procedure di sanatoria con alcune misure ad hoc: tra queste, appunto, l’applicazione del silenzio-assenso in parziale difformità (non è infatti possibile sanare casi in cui manchi il titolo abilitativo).

Il proprietario dell’immobile abusivo può chiedere in sanatoria il permesso di costruire e la SCIA. La regola del silenzio assenso scatta nei seguenti termini:

  • richiesta di permesso: il dirigente o il responsabile dell’ufficio comunale deve rispondere con provvedimento motivato entro 45 giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta;
  • presentazione SCIA: si applica il termine di 30 giorni.
Interni di una casa in ristrutturazione
Foto via Canva

Se l’immobile è soggetto a vincolo paesaggistico, i termini sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica. In questo caso, il responsabile dell’ufficio chiederà all’autorità competente il parere vincolante. La pronuncia dovrà arrivare prima del termine di 180 giorni, previo parere della soprintendenza, da rendersi entro 90 giorni. Se le risposte non dovessero arrivare entro queste scadenze, l’ufficio provvederà autonomamente.

Le scadenze da ricordare

La regola del silenzio-assenso è uno strumento utile per semplificare l’attività amministrativa perché fornisce un rimedio a quello che viene definito “comportamento inerte” della PA. Come si legge su Brocardi.it, la Pubblica Amministrazione è infatti “ritenuta strutturalmente inadeguata ad offrire, con tempestività, le risposte amministrative richieste dai privati”. Pertanto, il silenzio-assenso autorizza e tutela il cittadino a svolgere l’attività senza subire i danni che dipendono dal ritardo dell’azione amministrativa.

L’art. 30 del D.L. 69/2013 dichiara possibile l’avvio legittimo di un’attività edilizia dopo 30 giorni dall’invio di una proposta, a patto che non sia arrivata risposta dall’ufficio competente.

I vicini che intendano opporsi ai lavori hanno tempo fino a 60 giorni dall’inizio per presentare ricorso. La richiesta dei pareri connessi con la SCIA può essere affidata allo Sportello Unico, che deve reperirli entro 60 giorni o entro 80 giorni nel caso di centri storici.

Quando non si applica la regola

Il meccanismo del silenzio-assenso ha però dei limiti, che riguardano:

  • situazioni che necessitano di una dichiarazione di inizio attività;
  • casistiche in cui la legge europea richiede provvedimenti formali;
  • casi in cui il silenzio equivale al rifiuto dell’istanza;
  • atti e procedimenti specificati da decreti del Presidente del Consiglio e concordati con i Ministri di competenza.

La disciplina del silenzio-assenso non si applica, inoltre, ai procedimenti che interessano:

  • il patrimonio culturale;
  • la tutela del rischio;
  • vincolo idrogeologico;
  • la difesa nazionale;
  • la pubblica sicurezza;
  • l’immigrazione;
  • l’asilo e la cittadinanza.

Quando l’intervento da realizzare non è conforme alla normativa di riferimento, il silenzio-assenso non può considerarsi valido. In mancanza dei requisiti fondamentali e scaduto il termine ultimo, l’amministrazione può agire in autotutela e decretare l’annullamento d’ufficio dell’atto autorizzativo per la sua illegittimità originaria.

Come dimostrare la validità del silenzio-assenso

Se il silenzio dell’amministrazione significa che la pratica è stata accettata, su richiesta del cittadino, l’amministrazione deve fornire in via telematica un’attestazione che dimostri il decorso dei termini del procedimento entro 19 giorni dalla richiesta.

Se non lo fa, il cittadino può fare una dichiarazione autonoma secondo le regole specificate nell’articolo 47 del D.L. 445/2000.

In situazioni in cui il silenzio dell’amministrazione significa che la richiesta è accettata, l’ente competente può assumere determinazioni in via di autotutela.

Fonti:

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