La produzione dell’amianto è stata abolita nel 1992, ma ancora oggi questo materiale è presente in molti degli edifici italiani. Ripercorriamo la storia del “cemento killer”.
Di recente la notizia della malattia del giornalista Franco Di Mare, al di là dell’aspetto umano e doloroso della sua vicenda, ha riportato alla cronaca l’annoso tema delle malattie da lavoro e nello specifico della malattia da amianto, il mesotelioma per l’appunto, un tumore correlato all’esposizione e all’inalazione di fibre di amianto nell’aria.
Indice
- Cos’è l’amianto e perché è stato definito per anni “cemento killer”?
- La prima fabbrica in Italia: Eternit a Casale Monferrato
- I sospetti e le prime lotte sindacali
- Gli effetti sulla popolazione
- Il fallimento di Eternit e una nuova legge
Cos’è l’amianto e perché è stato definito per anni “cemento killer”?
Amianto, dal greco “Amiantos”, significa immacolato ma anche incorruttibile e, come è sottolineato sul sito SOS Amianto, questo minerale naturale dalla struttura microcristallina e dall’aspetto fibroso fu impiegato nelle costruzioni attraverso il composto “cemento-carta-amianto”, brevettato dall’ingegnere austriaco Ludwig Hatschek nel 1901.
Pochi anni dopo, il commerciale Alois Steinmann ottenne la licenza per la produzione dell’eternit, un nome evocativo che doveva definire la resistenza e durevolezza di questo materiale. Per produrlo, nel 1903, Steinmann fondò Eternit AG, un’azienda che in futuro avrebbe avuto grosse ripercussioni sull’ambiente e sulla salute di molte persone.
Quattro anni dopo l’ingegnere vogherese Adolfo Mazza riuscì ad ottenere la licenza per la produzione in Italia di cemento-amiato e fondò la sua Eternit, che divenne presto uno dei cementifici più grandi d’Europa, la cui sede era a Casale Monferrato, nella provincia di Alessandria.
Geopop a tal proposito ha approfondito la storia del calvario dei lavoratori di Casal Monferrato in un lungo reportage pubblicato a settembre 2023.
La prima fabbrica in Italia: Eternit a Casale Monferrato
Eternit divenne in poco tempo un luogo di lavoro ambito per i cittadini del piccolo comune, ma anche simbolo di un futuro economico e sociale florido.
All’inizio la produzione era prevalentemente votata alla realizzazione di tegole, lastre e altri elementi di copertura, ma la rinomata versatilità dell’eternit lo rese un materiale idoneo alla realizzazione di tubature per la rete idrica e per la produzione di lastre ondulate per i tetti dei capannoni. Un dato riportato anche sulle pagine di Panorama che aveva dedicato un articolo a questo tema nel novembre 2014.
Il primo passo di una storia tutta in crescendo: nel primo Dopoguerra l’Italia si trovò ad affrontare il grande impegno della ricostruzione e l’eternit era economico, resistente e versatile. Sceglierlo fu la soluzione più pratica: così venne adoperato un po’ ovunque, dall’edilizia ai trasporti, dalle coperture di strutture pubbliche e private agli oggetti di uso quotidiano.
I sospetti e le prime lotte sindacali
A metà degli anni ’60, i lavoratori Eternit e più in generale la comunità locale di Casale Monferrato cominciarono a protestare contro le condizioni di lavoro pessime, i salari bassi e l’assenza del rispetto dei diritti dei lavoratori.
Le prime inchieste e le indagini sulle malattie derivate dalla tossicità dell’amianto resero chiaro sin da subito che l’inalazione di fibre di amianto causava malattie polmonari come l’asbestosi e il mesotelioma, un tumore con lungo periodo di incubazione che colpisce torace e polmoni.
Le malattie da amianto colpivano tutta la comunità: vediamo perché.
L’amianto “puro” era estratto dalla roccia della miniera torinese di Balangero, considerata la più grande d’Europa. Da lì veniva trasportato in sacchi pieni di fibre, scaricati a mano e trasferiti nei reparti e in silos alti, per poi essere sminuzzato e mescolato con il cemento tramite impastatrici.
L’ambiente dello stabilimento era privo di un adeguato sistema di ventilazione e le polveri di amianto erano sempre disperse nell’aria.
Ogni giorno, per molte ore, i lavoratori inalavano questa sostanza cancerogena e attraverso i propri vestiti, inconsapevolmente, la portavano nelle loro case. In questo modo aumentavano di fatto la probabilità di contrarre malattie anche per le loro famiglie.
Nel 1977, dopo anni di lotte e alla presenza di prove inequivocabili, nella fabbrica vennero installati dei sistemi di aspirazione per ridurre la diffusione delle polveri di amianto.
Gli effetti sulla popolazione
I sistemi di ventilazione non furono sufficienti: l’esposizione alle fibre di amianto era diffusa capillarmente a causa dell’inquinamento generato dai mezzi di trasporto e dalle tubature fatte proprio con questo materiale.
Inoltre, i prodotti di scarto del ciclo produttivo delle tubature in cemento-amianto, definiti “polverini” come riporta la pagina del Comune Casale Monferrato, una volta mescolati con cemento e fibre di amianto, erano utilizzati come isolante o stabilizzante e distribuiti gratuitamente ai cittadini per il loro utilizzo personale.
L’amianto era così di ampia la diffusione che ancora oggi emergono segnalazioni della presenza di questo pericoloso materiale nei sottotetti delle case, nei cortili, nei giardini e negli uffici pubblici.
Il fallimento di Eternit e una nuova legge
Nel 1986 chiude per fallimento lo stabilimento di Casale Monferrato. Sebbene non abbiano riportato in vita le vittime delle malattie legate all’amianto, è innegabile che le battaglie condotte negli anni ’80 a tutela della salute dei lavoratori, insieme alla sensibilizzazione della popolazione e all’impegno dei sindacati locali, abbiano contribuito a porre fine a un disastro per la salute dell’uomo e per l’ambiente.
Nel 1992 è stata approvata la legge n. 257 che stabiliva ”il divieto di estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione e produzione di amianto”. Con l’avvio delle opere di bonifica degli edifici pubblici e privati, il provvedimento segna ufficialmente l’inizio di un nuovo capitolo per Casale Monferrato e per tutte le aree italiane danneggiate dall’eternit.
L’eliminazione di questo materiale è essenziale per la sicurezza della popolazione e dell’ambiente. Quando un edificio costruito con l’amianto viene danneggiato, infatti, le fibre possono disperdersi contaminando l’aria. Tuttavia, il rischio è minimo se l’oggetto rimane integro. Per questo è necessario adottare procedure come l’incapsulamento, che consiste nell’applicare vernici speciali per evitare il distacco delle fibre e garantire la sicurezza durante la rimozione. Nel nostro Blog abbiamo già riportato le indicazioni Inail per una corretta bonifica.
Fonti:
- Geopop, “La storia dell’Eternit, da cemento-amianto al disastro ambientale a Casale Monferrato” di Ilaria Polastro;
- Panorama, “Eternit: la storia del cemento che uccide (1091-2014)” di Edoardo Frittoli;
- AFeVA, “La storia dell’Eternit”;
- Il Giornale dell’Ambiente, “Processo Eternit: disastro ambientale e danni alla salute”;
- Wired, “Perché sull’amianto in Italia siamo tornati all’anno zero”;
- Collettiva, “Amianto, in Italia si stimano ancora 40 milioni di tonnellate” di Ivana Marrone e Giorgio Sbordoni;
- Valigia Blu, “Trent’anni senza Eternit, ma di amianto ci si ammala ancora” di Raffaella Tallarico;
- Città di Casale Monferrato, “Inizio di una crisi ambientale: lo stabilimento ex Eternit, da risorsa a bomba ecologica”;
- nuova ecologia, “Ancora amianto, Casale Monferrato non molla” di Rosy Battaglia;
- SOS Amianto, “Cosa è l’amianto?”.