Tacoma Narrow Bridge: il ponte sospeso che crollò dopo quattro mesi

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La caduta del Tacoma Narrow Bridge
Credit foto: Engenharia 360

Inaugurato il 1° luglio 1940, durò solo 129 giorni. Due i motivi della caduta: la sua insolita struttura e un particolare fenomeno fisico legato all’azione del vento

Costruito per collegare le cittadine di Tacoma e Gig Harbor nello Stato di Washington (USA), il ponte di Tacoma è passato alla storia per essere rimasto in piedi appena quattro mesi, diventando un caso studio interessante utile allo sviluppo di nuove tecnologie in campo ingegneristico.

All’epoca della sua costruzione il Tacoma Narrow Bridge poteva vantare di essere il terzo ponte sospeso più lungo al mondo dopo il Golden Gate di San Francisco e il George Washington di New York. Complessivamente, infatti, contava una lunghezza di 1.524 metri (con 853 metri solo per la campata centrale) e una larghezza di 12 metri.

Eppure, la mattina del 7 novembre 1940 iniziò a torcersi freneticamente, oscillando da un lato all’altro, fino a quando i cavi che lo reggevano non si spezzarono del tutto. Il progetto originale prevedeva che il ponte riuscisse a resistere a raffiche di vento fino a 200 km/h: la mattina dell’incidente, però, il vento soffiava a una velocità pari a 67 km/h.

Gli studi successivi hanno potuto individuare le due cause del crollo, provocato dalla particolare conformazione del ponte e da un fenomeno fisico noto come flutter.

La struttura del Tacoma Narrow Bridge

Nel 1937 vennero presentati due progetti per la realizzazione del ponte di Tacoma. Il primo fu quello dell’ingegnere Clark Eldridge, che accompagnò la sua proposta con un dettagliato studio sulla resistenza al carico del vento e sui ponti sospesi.

Il secondo fu quello presentato da Leon Solomon Moisseiff, già noto per aver lavorato come consulente e progettista per il Golden Gate Bridge. Questo progetto prevedeva una campata più sottile e rigida al posto della consueta struttura aperta a traliccio e, alla fine, fu preferito rispetto alla prima proposta per il suo costo: 6 milioni di dollari contro gli 11 stimati per il lavoro di Eldridge.

Per l’impalcato del ponte di Tacoma gli ingegneri optarono quindi per una soletta in calcestruzzo armato, irrigidita da due travi longitudinali a doppia T poste ai lati dell’opera. Queste ultime, che sostituirono la convenzionale struttura reticolare, diedero al ponte quella forma affusolata che gli fece guadagnare l’appellativo di “narrow”, stretto.

Un crollo preannunciato

Già durante le fasi finali della costruzione iniziarono a verificarsi i primi problemi. Il Tacoma Narrow Bridge risultava infatti particolarmente flessibile sotto l’azione del vento, che causava insolite oscillazioni verticali.

Per cercare di risolvere furono installati dei cavi obliqui tra le funi e l’impalcato, in modo da aumentare la rigidezza verticale e torsionale del ponte. Gli interventi, però, non si mostrarono all’altezza e anche dopo l’inaugurazione, nel luglio 1940, il ponte continuò ad oscillare. Nei giorni di vento forte i movimenti erano tali che gli automobilisti vedevano addirittura scomparire le auto di fronte a loro nell’onda formata dalla strada.

Preoccupati dallo strano ballo del ponte, gli ingegneri iniziarono a monitorare il comportamento della struttura in relazione alla direzione e alla velocità del vento. Fu così che la mattina del crollo notarono un anomalo allentamento dei cavi e il Tacoma Bridge venne subito evacuato e chiuso al traffico.

Intorno alle 10 del mattino le oscillazioni si trasformarono in torsioni, così come si vede nel video del Professor Farquharson, accorso per osservare il fenomeno. 70 minuti dopo, il dondolio inarrestabile spezzò anche l’ultimo cavo del ponte provocando il collasso della campata centrale.

Lo studio delle cause

Il fattore che innescò le oscillazioni fu il vento, che però la mattina dell’incidente soffiava a una velocità nettamente inferiore a quella che il ponte era progettato per sopportare.

Il primo a trovare una spiegazione fu l’ingegnere italiano Giulio Krall, che intercettò la causa del crollo in un fenomeno di instabilità aeroelastica noto come flutter. Le torsioni, invece, sarebbero state dovute alla Scia Vorticosa di Von Kàrmàn. Sicuramente l’effetto è stato poi aumentato dalla flessibilità, dalla snellezza e dalla leggerezza del ponte, che hanno amplificato i movimenti altalenanti.

Nello specifico, il flutter genera oscillazioni che si alimentano da sé, aumentando di intensità e pericolosità. Questi movimenti sono provocati dal distacco di piccoli vortici dalla campata, fenomeno che avviene ogni volta che un corpo affusolato, come il ponte Tacoma, si trova investito dal vento ad una velocità critica.

Ogni torsione creava vortici e aree di bassa pressione dal lato opposto a quello del movimento, che aumentava in ampiezza. Nel momento in cui il ponte ritornava nella posizione naturale di equilibrio, la struttura ruotava nell’altra direzione, continuando il ciclo.

Le oscillazioni nel Tacoma Bridge raggiunsero angoli superiori ai 45° rispetto all’orizzontale, causando la rottura di uno dei cavi di sostegno ed il conseguente collasso.

Cosa ci ha insegnato il ponte Tacoma

Il caso del ponte Tacoma ha suscitato grande interesse nel mondo accademico e ha favorito un lungo filone di studi per il miglioramento dell’aerodinamica delle grandi strutture. Oggi i ponti moderni risolvono il problema delle oscillazioni in tre modi:

  • creando fessure al centro della piattaforma;
  • affidando la funzione portante ai cavi di sospensione, come nel caso dei ponti strallati;
  • progettando le basi con forme più aerodinamiche per evitare la creazione di vortici.

Gli esperti hanno inoltre elaborato metodi di simulazione per testare i progetti prima della costruzione, come le gallerie del vento: questi impianti ricreano le condizioni che andranno ad agire sui modelli in scala delle strutture, così da osservare il comportamento dell’impianto.

Il punto, quindi, non è tanto costruire un ponte che non oscilli (questo è inevitabile), ma realizzare un’opera che riesca a smorzare il fenomeno. Nel 1950 la seconda versione del ponte Tacoma è stata realizzata con una struttura tradizionale, più reticolare e non massiccia, che dà modo al vento di insinuarsi fra i tralicci.

Nel 2007, inoltre, il nuovo Tacoma è stato affiancato da un secondo ponte e ha conquistato un altro record: quello della coppia di ponti sospesi più lunga al mondo.

I due ponti di Tacoma
Credit foto: MyNorthwest
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