Prevenzione sismica: interventi per edifici in calcestruzzo armato

1451
Case collassate dopo un terremoto
Foto via Canva

Il boom edilizio degli anni del Dopoguerra ha fortemente influenzato lo status odierno del parco edilizio italiano. Vediamo le criticità e gli interventi di messa in sicurezza

L’Italia ha bisogno di rimettersi a nuovo. Il 72% degli edifici ha oltre 40 anni e questi, spesso, non sono più conformi alla normativa edilizia e urbanistica in vigore. Gran parte delle strutture non rispetta neppure le attuali leggi prevenzione sismica.

I terremoti dell’ultimo ventennio hanno evidenziato che ad essere maggiormente a rischio sono i vecchi edifici in calcestruzzo armato. Questo materiale è stato molto impiegato a partire dal secondo Dopoguerra, perché economico e più rapido rispetto ad altre tecniche costruttive.

Tuttavia, i palazzi realizzati a partire dagli anni ‘50 non tenevano conto del rischio sismico che caratterizza il nostro territorio nazionale. Al tempo mancavano le informazioni di cui siamo in possesso oggi e risolvere l’emergenza abitativa aveva spesso la priorità sul resto. Finita la Seconda Guerra Mondiale, in Italia la legge urbanistica fu pressoché accantonata a favore di svariate norme speciali, pensate per costruire di più e in fretta.

Intervenire sulle strutture esistenti per metterle in sicurezza dai terremoti è un’operazione da valutare attentamente. Per farlo, occorre avere presenti la scienza, la normativa, le tecnologie disponibili e anche la convenienza economica dell’intervento. Non è da escludere che in certi casi sia persino meglio demolire e ricostruire.

Le criticità dei palazzi del Dopoguerra

Gli edifici in calcestruzzo armato realizzati dagli anni ‘50 mancano frequentemente dei criteri antisismici e sono in grado di sopportare solo i carichi gravitazionali e le azioni orizzontali del vento

Senza entrare in ambiti troppo tecnici, uno dei problemi principali di tali strutture è quello di presentare un telaio con delle travi in una sola direzione. Su queste sono appoggiati i solai in laterocemento con travetti nella direzione trasversale. Il collegamento tra telai longitudinali è dato unicamente dal solaio e dalle travi di bordo. Oggi, in un’ottica di prevenzione, gli edifici sono dotati di telai bidirezionali.

Inoltre, ai tempi di realizzazione delle strutture, il dimensionamento delle staffe avveniva valutando singolarmente i vari elementi strutturali con le relative aree di influenza dei carichi. L’operazione di dimensionamento è importante per garantire a travi e pilastri la resistenza a taglio e la corretta dissipazione dell’energia sismica

I palazzi del Dopoguerra, infine, mancano spesso di tamponature esterne adeguate. In occasione dei terremoti e in assenza di connessioni efficaci, le tamponature sono state espulse dalla loro posizione originale, con gravi problemi di incolumità pubblica e la successiva dichiarazione di inagibilità dell’edificio.

Dopo un evento sismico, i danni registrati nelle strutture in calcestruzzo armato hanno riguardato soprattutto la rottura anticipata a taglio per diametri ridotti, o a flessione dei pilastri per via dell’inadeguatezza delle armature longitudinali, che non riescono a sopportare le sollecitazioni flessionali. 

Le irregolarità in pianta e in altezza hanno contribuito ad accentuare i danni alle strutture anche nel caso di azioni torsionali. Ad aver influito, infine, anche l’assenza di un’adeguata manutenzione nel tempo: questo ha favorito il decadimento degli originali materiali di costruzione e, in caso di terremoto, ha favorito l’espulsione del copriferro.

Quali interventi per il miglioramento strutturale?

Oggi la normativa di riferimento per la sicurezza sismica è racchiusa nelle NCT18, che riportano i criteri e tipi di intervento validi. Nello specifico, la scelta del tipo, della tecnica, dell’entità e dell’urgenza dell’intervento dipende dai risultati della fase di valutazione. 

Gli interventi possono essere locali, se riguardano singoli elementi strutturali o porzioni degli stessi, o globali quando interessano il funzionamento dell’intera struttura. L’obiettivo, in ogni caso, è contrastare lo sviluppo di meccanismi locali e/o di meccanismi fragili per migliorare il comportamento generale della costruzione

Nel caso delle strutture in calcestruzzo armato, le tipologie di intervento indicate nelle NTC18 sono:

  • rinforzo di tutti o di parte degli elementi;
  • aggiunta di nuovi elementi resistenti, come pareti in calcestruzzo armato, controventi in acciaio e simili;
  • eliminazione di eventuali meccanismi “di piano”;
  • introduzione di un sistema strutturale aggiuntivo capace di resistere all’azione sismica di progetto;
  • eventuale trasformazione di elementi non strutturali in elementi strutturali, come nel caso di incamiciatura in calcestruzzo armato di pareti in laterizio.

Come affermato dall’Ingegner Luigi Nulli a Ingenio, “la messa in sicurezza dell’edificio sulle strutture esistenti è un’operazione da valutare attentamente se conveniente dal punto di vista economico rispetto alla demolizione e ricostruzione”. Per Nulli, se il costo per il miglioramento sismico equivale a oltre la metà (60-70%) dell’intero costo di ricostruzione, potrebbe essere un’ipotesi valida quella di considerare la demolizione e la successiva ricostruzione più sicura dell’edificio.

Fonti:

NESSUN COMMENTO

SCRIVI UNA RISPOSTA