Alluvioni in Emilia-Romagna: servono nuove strategie

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Capannone travolto da un'alluvione
Foto di Lars da Pixabay

L’Emilia-Romagna non è un caso isolato: in Italia oltre 7 milioni di persone vivono in territori soggetti al dissesto idrogeologico. Per combattere il rischio occorrono i fondi, ma anche, e soprattutto, una visione a 360° e un approccio interdisciplinare

Il maltempo flagella ancora l’Emilia-Romagna e diversi territori, già allagati durante le alluvioni del 2023, sono tornati sott’acqua. La colpa adesso è del ciclone Boris: dopo aver portato disagi in Europa, si è abbattuto sull’Italia centro-settentrionale con oltre 350 millimetri di pioggia in appena tre giorni. C’è però una buona notizia: stavolta non ci sono stati vittime e dispersi. 

Abbiamo ricordato più volte che l’Italia è uno dei Paesi europei maggiormente soggetti al rischio idrogeologico. Secondo uno studio dell’Ispra, citato da Wired, l’11% della superficie emiliano-romagnola è esposta ai danni da frane e precipitazioni abbondanti. In totale sarebbero coinvolti 1,6 milioni di persone.

Da oltre un anno la Regione Emilia-Romagna discute della gestione dei fondi statali per prevenire le esondazioni dei fiumi e gli allagamenti dei centri abitati. I dati dichiarano che al momento sono state completate 290 opere di messa in sicurezza. Molti di questi progetti, come il muro di contenimento di Faenza, hanno contribuito a salvaguardare i centri abitati durante l’ultima alluvione.

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Lo stato dell’arte

I rovesci in Emilia-Romagna tra il 17 e il 19 settembre 2024 hanno interessato quattro bacini tra Bologna, Ravenna e Forlì-Cesena. Il bilancio è di 1.200 sfollati e danni da oltre un miliardo di euro. Per tamponare l’emergenza, il Premier Giorgia Meloni ha disposto l’invio di altri 20 milioni di euro, da sommare alle cifre già stanziate lo scorso anno.

All’indomani delle alluvioni di maggio 2023, infatti, la Regione aveva presentato al Governo una stima dei danni corrispondente a 8,5 miliardi di euro. Attualmente lo Stato ha finanziato 3,8 miliardi, di cui 2,5 miliardi di euro per la protezione del territorio e 1,3 miliardi per i rimborsi a famiglie e aziende. 

I cantieri ancora all’attivo sono 271; altri 394, invece, si trovano in fase di progettazione. Nonostante i progressi dell’ultimo anno, il nodo cruciale sembra essere la mancanza di grandi interventi strutturali per mitigare il rischio idrogeologico. Il Ministro della Protezione Civile, Nello Musumeci, ha accusato la Regione Emilia-Romagna e gli amministratori di non aver fatto abbastanza per evitare nuovi danni. “Se ogni volta che piove in Emilia-Romagna succede il finimondo è chiaro che qualcosa non torna” ha dichiarato il Ministro secondo quanto riporta Il Post.

Dal canto loro, molti sindaci hanno spiegato che i ritardi nelle opere sarebbero dovuti a procedure più lunghe del previsto. A tale proposito ricordano i fondi stanziati dalla struttura commissariale guidata dal generale Francesco Figliuolo. Il piano, da 4,5 miliardi di euro, è stato presentato e approvato solo a marzo 2024 e poi modificato e approvato a luglio. Troppo tardi per permettere a diversi cantieri di partire in tempo.

La via della rinaturalizzazione

In un quadro come questo è complesso indicare le diverse responsabilità, così come è difficile individuare le esatte cause che hanno contribuito al danno. Per gli agronomi si tratta di mancata manutenzione, per i geologi invece serve dare spazio a fiumi e corsi d’acqua. Il Presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia-Romagna, Paride Antolini, sostiene che occorre il coraggio di compiere azioni drastiche sul territorio.

Negli ultimi decenni l’approccio seguito è stato quello di artificializzare gli alvei dei fiumi con rettificazioni, argini, prelievo di inerti e taglio della vegetazione. Tuttavia, alla luce delle esondazioni recenti, questa modalità si è rivelata inefficace. Ciò che serve è una programmazione per comprensorio di bacino idrografico, come peraltro richiesto dalla Strategia UE per la biodiversità. Rinaturalizzare gli alvei fluviali e individuare le aree di espansione naturale sarebbero le due strade da seguire.

Al di là dell’assenza di manutenzione del territorio e del cambiamento climatico, va detto che la situazione dell’Emilia-Romagna è aggravata dall’eccessiva cementificazione. Nonostante nel 2017 la Regione abbia approvato una legge sulla tutela del suolo, con l’obiettivo di ridurre il consumo a zero entro il 2050, i dati degli ultimi anni si sono rivelati in salita. Quasi il 9% del territorio dell’Emilia Romagna è impermeabilizzato: un valore molto alto se consideriamo che la media nazionale è del 7%, sottolinea il WWF su Greenreport.

Verso un nuovo approccio

Le analisi dell’Ispra a livello nazionale dichiarano che il 94% dei Comuni italiani è a rischio per frane, alluvioni o erosione costiera. Secondo Actionaid, oltre 7 milioni di persone risiedono in territori fragili e questo rischio è destinato ad aumentare, come è già cresciuto del 3,8% dal 2018.

La corretta gestione delle risorse idriche è un tema cruciale per il nostro Paese. Eppure la frammentazione di enti, poteri e procedimenti, tipica della nostra legislazione, non facilita la messa in pratica delle misure di legge.

Per tutelare il nostro territorio è necessario un approccio organico e interdisciplinare, che dovrebbe essere sostenuto da una visione di insieme, dalla conoscenza più approfondita dei dati a disposizione e dalla migliore tecnologia dei mezzi utilizzati. Questi obiettivi sono sostenuti dalle Missione 2 e 3 del PNRR, rispettivamente dedicate alla “Rivoluzione verde e transizione ecologica” e alla “Mobilità sostenibile”.

Sulla stessa scia si sono mosse le Leggi di Bilancio 2023 e 2024, che hanno destinato circa 898,5 milioni di euro alla prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico. La sicurezza dell’ambiente passa quindi per nuovo concetto di cura del territorio, da intendere sul lungo periodo. Ciò prevede l’attuazione di una strategia di norme e interventi pensata integrando procedimenti amministrativi, tutela dell’ambiente e anche urbanistica ed edilizia, con riferimento agli interventi di rigenerazione e alla realizzazione di opere pubbliche, emergenza e protezione civile.

Fonti:

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