Corto circuito Sud: una strategia per il Mezzogiorno

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3 miliardi di investimenti in meno al Sud, fondi europei spesi a rilento, una delle amministrazioni meno efficienti d’Europa, nonché crollo demografico e fuga dei giovani, ecco come si presente il Mezzogiorno oggi.

Appare ormai chiaro che senza un’inversione di rotta si rischia un declino inarrestabile che peserà sull’intera economia nazionale ed europea.

Abbiamo già parlato delle criticità del sud Italia. Una di quelle più evidenti, senza dubbio, la perdita di efficienza che si ripercuote quotidianamente su cittadini e imprese.

Secondo Svimez, tra il 2011 e il 2015, la Pubblica Amministrazione del Sud ha perso circa 11 mila unità, mentre al Centro Nord sono aumentate di circa 13 mila.

Pesanti, inoltre, sono state le conseguenze sull’effettiva applicazione delle riforme, come nel caso del Codice degli Appalti.

Oltre al nodo della capacità amministrativa del Mezzogiorno, un’altra condizione preoccupante è senza dubbio quella del gap infrastrutturale.

Linee ferroviarie vecchie, binari unici, strade dissestate e insicure, tutto questo pesa sulla qualità della vita dei cittadini e sulla capacità di sviluppo delle imprese.

Basti pensare che dal 1990 ad oggi la rete autostradale al Sud è rimasta sostanzialmente invariata. Mentre, in quasi tutti gli altri Paesi europei, i chilometri sono aumentati.

Discorso pressoché identico se si parla delle ferrovie: nel Meridione ci sono circa 45 km per 1.000 kmq di superficie, a fronte dei 65 del Nord e dei 59 del Centro.

Per non parlare della linea ad alta velocità che presenta solo 122 collegamenti giornalieri, meno della metà di quelli presenti nell’area settentrionale.

Non è la mancanza di fondi il problema, al Sud, infatti, sono stati destinati 83 miliardi

Le risorse ottenute in questi ultimi 10 anni non sono state trasformate in cantieri: tra il 2008 e il 2017 i Comuni hanno visto la spesa in conto capitale ridursi del 38% a fronte di una spesa corrente in aumento del 3,5%.

Stesso andamento per la spesa dei fondi strutturali europei della programmazione 2014-2020.Secondo le analisi dell’Ance, tra fondi Ue e fondo Sviluppo e Coesione, le risorse destinate a interventi alle costruzioni si aggirano intorno ai 44 miliardi di euro.

Ma i soldi pare si faccia fatica a spenderli: a fine giugno 2018, dopo 4 anni e mezzo, l’Italia ha utilizzato solo 4,8 miliardi su 52 dei fondi strutturali, insomma nemmeno il 10%.

Senza contare che negli ultimi 30 anni le politiche nazionali ed europee per lo sviluppo del Mezzogiorno hanno sempre completamente fallito.

È ora di invertire la rotta: servono azioni rapide e concrete.

L’esperienza maturata fino ad oggi dimostra che occorre cambiare approccio. I principali nodi da sciogliere possono essere sintetizzati in queste azioni:

  • Adottare un progetto e una visione nazionale e territoriale per lo sviluppo del Mezzogiorno;
  • Stanziare un adeguato livello di risorse ordinarie per assicurare che i fondi europei non siano sostitutivi ma effettivamente aggiuntivi;
  • Svolgere una forte azione di governance per garantire l’efficienza e l’efficacia della spesa dei fondi pubblici;
  • Eliminare la mala burocrazia, migliorare la capacità istituzionale ed effettuare una fortissima semplificazione normativa.

Sono questi i punti chiave e le soluzioni proposte dall’ANCE, associazione nazionale costruttori edili, nel Rapporto Sud. Un’analisi accurata e dettagliata presentata al Convegno del 27 settembre a Reggio Calabria dal titolo “Rapporto Sud – Emergenze e opportunità per far ripartire il Mezzogiorno”.

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