Infrastrutture in Sicilia: una lunga strada da percorrere

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Sistema delle ferrovie in Sicilia

Mezzi lenti, stazioni fatiscenti e poche corse disponibili: il sistema delle infrastrutture ferroviarie in Sicilia sconta ancora una forte arretratezza

Per andare in treno da Trapani a Catania servono nove ore. Il tragitto tra Ragusa e Palermo, invece, prevede solo tre collegamenti al giorno e tutti con un cambio. In Sicilia viaggiare in treno non è esattamente una passeggiata.

A dirlo è pure il “Libro bianco su trasporti ed infrastrutture in Sicilia” presentato da Unioncamere e Uniontrasporti, secondo cui l’intera regione sconta “un importante gap di competitività, dovuto a diversi fattori, tra cui l’insularità, un sistema infrastrutturale deficitario e un livello di digitalizzazione troppo basso.

Viaggiare in treno in Sicilia è come viaggiare indietro nel tempo e non solo, purtroppo, per l’aspetto brullo e incontaminato dei paesaggi. Buona parte della strada ferrata è stata realizzata tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento e da allora sono stati davvero pochi i cambiamenti in positivo.

Anzi, negli ultimi cinquant’anni l’isola si è distinta in Italia per il maggior numero di ferrovie dismesse, quasi 700 km di linee complessivamente, e ad oggi la linea ferroviaria siciliana è lunga solo 1.500 km.

Dei collegamenti sopravvissuti, l’84% è formato da binari singoli e non ci sono infrastrutture distinte per i due sensi di marcia. I treni viaggiano alternandosi sull’unico binario disponibile, con conseguenti ritardi nel servizio e una necessaria diminuzione delle corse programmate.

La fatica di essere pendolari

Il trasporto via treno in Sicilia non è adeguato dal punto di vista strutturale, e non lo è nemmeno se si considera la frequenza delle corse rispetto alla domanda.

A tal proposito il Rapporto Pendolaria 2022 osserva che i treni che attraversano ogni giorno l’isola sono 494 per 5 milioni di abitanti (possibili passeggeri). In Lombardia, invece, sono 2.150 per 10 milioni di residenti, con uno scarto evidente.

Per migliorare la situazione basterebbe davvero poco e la vicenda della tratta Palermo-Catania ne dà ampia dimostrazione. Nel 2015, infatti, la caduta del cavalcavia dell’Hymera ha interrotto il collegamento via auto tra le due città e il passaggio in treno era l’unica soluzione possibile.

Per rimediare all’assenza dell’autostrada è stata subito introdotta una nuova flotta di treni Minuetto, sono state intensificate le corse (fino a quattordici al giorno) e sono stati razionalizzati anche orari e fermate. Risultato: in pochi mesi i tempi di viaggio sono stati ridotti di ben due ore ed era possibile spostarsi tra Palermo e Catania in tre ore scarse.

Ma poi il viadotto è stato riparato, il collegamento ferroviario ha perso importanza e la durata della tratta si è estesa fino a tornare ad essere di cinque ore in totale.

Mappa delle ferrovie siciliane
Credit foto: Ferrovie Siciliane

Ancora meno fortunata, però, è la linea che collega Palermo e Trapani, chiusa dal 2013 per una frana che nessuno riesce ancora a spostare. Se prima il viaggio poteva essere coperto in poco più di un’ora e mezza, adesso per arrivare a destinazione occorre almeno un’altra ora in più.

Neanche la situazione sullo Stretto di Messina si presenta particolarmente rosea. In attesa di scoprire se il ponte verrà costruito o meno, per ridurre i disagi dei pendolari sarebbe necessario riorganizzare gli orari dei traghetti a Messina e a Villa San Giovanni in modo da garantire tempi di attesa ridotti al minimo per i treni.

La parentesi del Frecciabianca ed altri interventi possibili

Nel novembre 2021 la Sicilia ha salutato il progresso con il Frecciabianca, ma a ottobre 2022 l’esperimento è già finito e Trenitalia ha deciso di ritirare le carrozze impiegate nella tratta Palermo-Catania.

Diversi i motivi, ma è stata soprattutto l’arretratezza delle ferrovie siciliane a farla da padrona. Secondo le previsioni, infatti, il Frecciabianca avrebbe dovuto viaggiare a una velocità di punta di 200 km/h, ma di fatto in Sicilia non è stato possibile e il viaggio non si è mai tradotto in particolari risparmi di tempo. A parità di durata e con un prezzo di biglietto più basso, gli utenti hanno preferito spostarsi con i treni regionali.

In realtà, la situazione potrebbe migliorare notevolmente se venissero completati alcuni interventi già previsti per i prossimi anni. In Sicilia, infatti, il 46% delle linee ferroviarie non è elettrificato e questo rappresenta uno degli snodi cruciali del PNRR, che dal 2021 mira a sviluppare la mobilità sostenibile e l’Alta Velocità nel Sud Italia.

Altro obiettivo del Recovery Plan è quello di riqualificare le stazioni ferroviarie e i terminali marittimi per agevolare la viabilità lungo lo Stretto di Messina. In particolare, è previsto l’acquisto di dodici treni Frecciarossa capaci di traghettare direttamente dall’isola.

Gran parte dei lavori è in fase di assegnazione e la cosiddetta “cura del ferro” promossa dal PNRR appare distante dal realizzarsi, ma qualcosa sta iniziando a muoversi. La Sicilia è infatti la prima regione nel Sud Italia dove i pendolari possono spostarsi sui treni Pop, i convogli di ultima generazione di Trenitalia, che permettono di ridurre l’età media dei treni che attraversano l’isola.

Nel frattempo il Gruppo FS ha aggiudicato un appalto di 616 milioni di Euro per la tratta Enna-Dittaino della Palermo-Catania e gli interventi del PNRR prevedono la realizzazione di sei tratti del collegamento Palermo-Catania, con 70 km elettrificati a doppio binario che ridurranno di un’ora i tempi di percorrenza complessivi (più altri 42 km sulla linea Catania-Messina).

Insomma, le proposte non mancano e i mezzi e i piani di attuazione neanche. In fondo lo sappiamo: come testimonia la storia del viadotto Hymera, nella nostra isola è sempre questione di “volere è potere”. E speriamo che questa sia la volta buona.

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