Gli espropri, l’altra faccia del Ponte sullo Stretto

2022
Veduta di Torre Faro con le case oggetto di esproprio per far spazio al Ponte sullo Stretto
Foto via Gazzetta del Sud

In Sicilia e Calabria si contano oltre 300 edifici da demolire tra proprietà private, pubbliche e demaniali. Ad essere interessate sarebbero circa 200 famiglie

Il progetto definitivo c’è, l’approvazione del Comitato Scientifico anche. Però manca ancora il quadro degli espropri per chi possiede una casa lì dove è previsto che sorgerà il Ponte sullo Stretto di Messina. O meglio, il piano è stato elaborato nel 2011 e aspetta di essere aggiornato, ma sembra che le aree coinvolte sarebbero grossomodo le stesse.

Per far spazio alle torri, agli ancoraggi e agli svincoli stradali del Ponte, sarà necessario rimuovere cabine elettriche, porzioni di strade, case, villette, locali commerciali e anche due cappelle del cimitero messinese di Granatari. Si parla di 310 strutture totali sulle due sponde.

Il censimento degli edifici e dei terreni da espropriare sarà completato dopo il via libera del Cipess, ma le prime stime parlano di risarcimenti tra 100 mila e 600 mila euro per un singolo immobile. Considerata una media di 300 mila euro ad abitazione, solo sulle proprietà in Sicilia potrebbero essere necessari più di 65 milioni di euro. Altri 30 milioni di euro, invece, servirebbero per un centinaio di edifici da espropriare sul lato calabro.

Il problema dei vincoli

Finora il piano di espropriazioni legato al Ponte sullo Stretto non è mai andato oltre la fase iniziale, ma sin dalla prima pubblicazione ha influenzato l’economia delle zone coinvolte e la vita di chi vi abita. Nel 2003, infatti, vennero apposti “i vincoli preordinati all’esproprio”; cioè, furono delimitate le aree da riservare ai cantieri e alle opere del Ponte. Questo fece già crollare i prezzi degli immobili.

I vincoli hanno una durata di 5 anni: allo scadere dell’apposizione, nel 2008, furono riconfermati tali e quali. Nel 2013, come abbiamo già ricordato, il Governo Monti mise da parte l’intero progetto del Ponte; ma la Legge di Bilancio 2023, riattivando la Stretto di Messina spa, ha rinnovato anche i vincoli.

Anche se “congelati”, però, i vincoli hanno ugualmente sortito degli effetti. Non solo hanno ridotto il valore degli immobili, ma hanno bloccato ogni forma di sviluppo urbanistico. I proprietari non hanno potuto sfruttare le proprie abitazioni e in alcuni casi sono sorti dei contenziosi con la società dello Stretto.

Nel nuovo conteggio delle spese per gli espropri, quindi, non bisogna considerare solo gli indennizzi. Vanno tenuti a mente anche le trattative sul prezzo e altre possibili vertenze che sorgeranno.

Proprio per questo, l’amministratore delegato della società dello Stretto, Pietro Ciucci, ha dichiarato di voler cercare la mediazione e il confronto tra le parti. Riporta FocuSicilia: “Per raggiungere accordi consensuali con ciascun espropriato finalizzati a una tempestiva individuazione del giusto indennizzo in tempi congrui, per trovare altre soluzioni abitative o produttive”.

Ponte sullo Stretto di Messina: rendering del progetto
Rendering realizzato da Eurolink S.C.p.A. • Credit foto: Il Moderatore

Il diritto di pubblica utilità

I nodi degli espropri, adesso, giungono al pettine. L’approvazione finale del Cipess infatti dichiarerà la pubblica utilità del Ponte sullo Stretto di Messina e così sarà possibile avviare le espropriazioni definitive. Senza il principio della pubblica utilità, per legge, non è possibile procedere. L’articolo 42 comma 3 della Costituzione recita che la proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.

I proprietari possono opporsi con un ricorso al tribunale amministrativo regionale (TAR) per contestare la legittimità della decisione o delle procedure seguite dallo Stato. Se invece non sono soddisfatti degli indennizzi possono rivolgersi alla Corte d’Appello. In generale, però, la possibilità di contestare un esproprio è piuttosto limitata.

A questo proposito il costituzionalista Antonio Saitta, esperto di diritto amministrativo, ha dichiarato al Sole 24 Ore che “in caso di cessione volontaria, in cui il cittadino accetterà l’offerta per l’esproprio, i tempi dell’indennizzo saranno brevi. Ma chi contesterà, dovrà prevedere di affrontare una lunga causa. Le somme saranno depositate presso la Cassa depositi e prestiti, in attesa che poi la Corte d’Appello definisca il risarcimento”.

Far valere il diritto di proprietà in questo caso non è semplice. “L’avvocato sa già che i suoi assistiti impugneranno il decreto di appropriazione davanti al TAR, – continua Saitta – e che la sua difesa farà leva sulle procedure, sulla legittimità costituzionale, sulla compatibilità con il diritto europeo del progetto del ponte sullo Stretto. Ma tutti dovranno abbandonare le proprie case”.

Dal canto suo, Ciucci dichiara di essere consapevole della complessità del tema degli espropri e afferma che il contraente generale ha già provveduto ad aggiornare il piano. Sarà data voce ai cittadini di Messina e Villa San Giovanni e “prenderemo atto di eventuali osservazioni, raccomandazioni e richieste per definire quale è il piano aggiornato degli espropri” si legge sull’Ansa.

A dare manforte a Ciucci è Giacomo Francesco Saccomanno, consigliere d’amministrazione della Stretto di Messina spa. Questi sottolinea infatti che gli espropri, che sono necessari, verranno condotti nel rispetto delle leggi in vigore e prevederanno il coinvolgimento delle comunità interessate. Ai microfoni della Gazzetta del Sud, Saccomanno ha affermato che “il nostro obiettivo è garantire che ogni passo del processo sia trasparente ed equo, rispettando i diritti e le necessità dei cittadini coinvolti”.

Non mancheremo di aggiornarvi, ma intanto non ci resta che attendere i prossimi risvolti della faccenda.

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