Non solo il cambiamento climatico: anche la cementificazione selvaggia, l’abusivismo edilizio e la scarsa gestione della rete idrica rendono il nostro Paese estremamente vulnerabile
Tre alluvioni, 26 vittime, centinaia di sfollati e danni per milioni di euro a strutture abitative e commerciali: ecco il bilancio delle alluvioni che si sono abbattute da settembre 2022 a giugno 2023 nelle Marche, sull’isola di Ischia e in Emilia-Romagna.
Intervistato da Regioni&Ambiente, il Presidente del CNI Angelo Domenico Perrini ha affermato: “Paradossalmente oggi disponiamo di un livello approfondito di conoscenza di dove e come intervenire, ma siamo troppo concentrati nel far fronte a casi emergenziali senza riuscire a porre in essere in modo capillare opere di prevenzione, che limiterebbero di molto i danni in caso di catastrofi”.
Secondo i dati dell’ISPRA il 94% del territorio nazionale è a rischio dissesto idrogeologico. Per prevenire le calamità in 7mila comuni servirebbero circa 26 miliardi di euro, ma, stando all’ultima indagine della Corte dei Conti, in 20 anni (e 14 governi) ne sarebbero stati investiti circa un quarto.
Il nostro territorio nazionale è fortemente fragile e predisposto al rischio alluvionale per le sue stesse caratteristiche geologiche, morfologiche e idrografiche. L’Italia è infatti un Paese “giovane”, ricco di rocce friabili e impermeabili che favoriscono lo slittamento dell’acqua piovana. A ciò si aggiungono anche i fattori antropici, come il disboscamento e l’eccessivo consumo di suolo, che fanno sì che le alluvioni, che di per sé sono fenomeni naturali non necessariamente pericolosi, possano diventare una minaccia concreta.
Numeri alla mano
Dalle domande inoltrate sulla piattaforma RENDIS, 7.811 in totale, le Amministrazioni sono riuscite a stimare un costo di almeno 26,58 milioni di euro per mettere in sicurezza le aree più esposte alle calamità naturali nel nostro Paese.
Per ridurre i rischi sono necessari interventi sia di tipo strutturale, volti a mettere in sicurezza da frane o a ridurre il rischio di allagamento, sia non strutturale, concentrati sul mantenimento del territorio, sulla riqualificazione, sul monitoraggio e sulla prevenzione.
Il Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI) ricorda a tal proposito che 6,8 milioni sono gli italiani che popolano Comuni a rischio alluvionale medio e 2,4 milioni sono quelli che vivono addirittura zone ad elevata pericolosità.
Negli ultimi 20 anni la spesa per interventi di messa in sicurezza è stata pari a 6,6 miliardi di euro, per un totale di 6.063 lavori. Secondo le stime, per innalzare concretamente il livello di sicurezza servirebbero ancora 8mila opere di prevenzione e una spesa poco inferiore a 27 miliardi di euro.
Date queste necessità, il Piano Nazionale per la Mitigazione del Rischio Idrogeologico (“ProteggItalia”) varato da Giuseppe Conte nel 2019, aveva previsto fondi per 14,3 miliardi di euro per il periodo dal 2019 al 2030. Parte dei finanziamenti sono da destinare a opere d’emergenza in occasione di eventi calamitosi, interventi di messa in sicurezza di territori e infrastrutture, interventi per la mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico. A queste risorse si aggiungono poi quelle messe a disposizione dal PNRR, per un totale di altri 2,49 miliardi di euro.
“Da una serie di elementi raccolti – ha affermato Giuseppe Maria Margiotta, Presidente del Centro Studi CNI – riteniamo che, relativamente al dissesto idrogeologico, vi sia una emergenza nell’emergenza, consistente nel fatto che, nonostante gli sforzi messi in atto negli ultimi anni dalle Amministrazioni pubbliche e dal Governo, la parte relativa alla programmazione di opere di prevenzione sia stata carente per le solite complessità procedurali, gli appesantimenti normativi ed ulteriori elementi noti nel nostro Paese. Serve un cambio di passo nella programmazione e serve il rafforzamento della capacità degli Enti locali di avviare rapidamente cantieri per la messa in sicurezza del territorio”.
Per salvaguardare le zone a rischio servirebbe un’azione di intervento continua e capillare, ma non solo. L’analisi della Corte dei Conti rivela inoltre che la durata media totale per la realizzazione di un’opera è di 4,8 anni, con quasi la metà del tempo impiegato per sbrigare pratiche amministrative (l’altra metà va via nei cosiddetti “tempi morti”).
Le intenzioni non mancano: il Ministro della Protezione Civile Nello Musumeci ha annunciato un provvedimento contro il dissesto idrogeologico che potrebbe essere approvato entro la prima metà del 2024. Non resta che augurarsi che sia arrivato il momento giusto per passare ai fatti.