Dare nuovo spazio alle case abbandonate, limitare l’impatto ambientale e rilanciare il mercato immobiliare. Ecco perché l’Italia dovrebbe iniziare a ristrutturare in modo creativo
In Italia ci sono oltre 2 milioni di edifici abbandonati tra case, industrie, fabbriche, caserme, alberghi, casolari di campagna, ospedali e scuole. A questa cifra vanno sommati altri 7 milioni di case vuote, 20 mila fabbriche in disuso e 100 mila capannoni inutilizzati e in vendita.
Il problema degli edifici abbandonati nel nostro Paese ha dimensioni importanti e si avverte con ripercussioni sul paesaggio e sulle risorse del territorio. Secondo i numeri del WWF, la superficie urbanizzata nel nostro territorio è aumentata di 600 mila ettari negli ultimi 50 anni e il dato è in costante crescita.
Già in un’altra occasione abbiamo affrontato la questione della cementificazione eccessiva. Nel 2022 l’Italia è infatti cresciuta al ritmo di 2,4 metri quadri di suolo consumato in più, registrando il valore record dell’ultimo decennio. Il recupero e il riutilizzo delle strutture abbandonate rappresenterebbero una grande opportunità per il nostro Paese e contribuirebbero a ridurre il consumo di territorio per nuove strutture.
Il nostro invito è quello di costruire con criterio, sfruttando anche le possibilità offerte dal riuso edilizio. Di questi e altri temi discuteremo infatti durante il seminario “Edifici esistenti. Dalla concezione all’intervento”, che avrà luogo il 3 maggio 2024 a Messina.
Case abbandonate: un nuovo mercato
L’Istat dichiara che oltre 50 mila degli edifici abbandonati in Italia sarebbero antichi palazzi storici e castelli nobiliari. Altre 20 mila sarebbero poi le strutture religiose dimenticate.
Per quanto riguarda le aree industriali, l’insieme delle fabbriche dismesse (sia su terreni annessi che su piani calpestabili) copre circa il 3% del territorio nazionale: si tratta di una superficie pari a quasi 9.000 kmq, grande quasi quanto l’Umbria.
Nella maggior parte dei casi gli edifici abbandonati si trovano in periferia, nelle zone di campagna, in collina e in montagna. Nelle metropoli infatti il fenomeno tende a diminuire, ma la media resta alta e corrisponde a un’abitazione disabitata ogni dieci.
Per Roberto Tognetti, architetto e coautore del libro “Riusiamo l’Italia”, la situazione dipenderebbe da una dinamica nata con la crisi del 2008 e che gli studiosi hanno definito “grande contrazione”.
Intervistato da Corrado Fontana su Valori, Tognetti dichiara che “in Italia abbiamo assistito, in 70 anni dal Dopoguerra ad oggi, a una crescita di popolazione del 26% a fronte di una crescita del patrimonio immobiliare del 400%”. Se prima la vivacità del mercato e delle dinamiche di scambio permetteva di colmare questo squilibrio, la crisi ha messo in luce la presenza di uno stock a cui non corrisponde più una domanda.
Tognetti si rivolge soprattutto alle amministrazioni pubbliche, che faticherebbero a entrare in questa logica per via del “feticcio della valorizzazione capitalistica”. In questo modo si spingerebbe una “catena di perizie e aste che vanno deserte”.
Secondo l’architetto il principale problema starebbe nel fatto che le amministrazioni non hanno ancora colto lo sviluppo di un nuovo mercato, più fiorente, meno basato sulla proprietà. Questo sarebbe appunto il mercato del riuso, che sarebbe saturato dall’innovazione sociale.
Le possibilità del riuso edilizio
La trasformazione e il riuso degli edifici esistenti sono strumenti utili a migliorare il contesto architettonico e urbano, preservando la memoria e il valore storico di un luogo. Ma non solo: sono soprattutto strategie per un futuro sostenibile.
Il riuso adattativo è infatti una pratica che aiuta a risparmiare l’enorme quantità di energia che sarebbe invece necessaria per demolire e ricostruire un edificio da zero. Modificare senza stravolgere l’essenza di una struttura e la sua valenza storica sono le sfide più difficili per i professionisti. La trasformazione dal vecchio al nuovo deve essere rispettosa e deve tenere conto di eventuali vincoli (per certi edifici non è possibile cambiare la funzione originaria o non possono essere previsti ampliamenti e integrazioni).
Al tempo stesso, però, il riuso edilizio offre agli architetti la possibilità di approcciarsi al lavoro in modo nuovo e creativo, diverso da quanto accade con il restauro tradizionale. Per questo motivo i progettisti hanno sempre più spesso il compito di riabilitare luoghi dimenticati e dismessi, scegliendo materiali e soluzioni in armonia con la struttura preesistente. Per citare alcuni esempi, già trattati nel nostro Blog, ricordiamo Sikelia Suites dello studio Morana+Rao, Casa a Ortigia di Pietro Airoldi e Casa Santa Maria di Studio GUM.
Fonti:
- Enti e Tribunali, “In Italia circa 7 milioni gli immobili inutilizzati”;
- Valori, “Riuso di edifici dismessi: un’Italia di belle storie in cui tutti vincono” di Corrado Fontana;
- Living by Corriere della Sera, “Operazione nostalgia: otto progetti di riuso architettonico” di Maria Chiara Virgili.