Polveri, acari, muffe e cattivi odori minacciano il nostro benessere psicofisico più di quanto pensiamo.
Negli ultimi due anni, la pandemia ci ha costretti a ripensare gli spazi che viviamo e ha spinto a discutere sempre più spesso del fenomeno dell’edilizia residenziale malata – e del perché sia importante costruire case e impianti sicuri.
Eppure la Sindrome dell’Edificio Malato non è una nuova patologia e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne parlava già nel 1983, dopo aver osservato che il 30% circa degli edifici realizzati in tutto il mondo dopo il 1960 emetteva un volume maggiore di gas tossici e forniva una scarsa qualità dell’aria interna.
Il termine Sick Building Syndrome (SBS) venne allora usato per descrivere le situazioni in cui gli occupanti di un edificio manifestano sintomi direttamente connessi al tempo trascorso all’interno della struttura, senza però che possano essere associati a specifiche cause o malattie.
Studi successivi hanno evidenziato che la Sindrome dell’Edificio Malato si riscontra più comunemente nelle abitazioni plurifamiliari, negli edifici pubblici e in generale laddove si riscontrano problemi nel sistema di riscaldamento, ventilazione e condizionamento.
La situazione si rivela ancora più complessa per gli immobili realizzati in prossimità di aree industriali o a traffico intenso, che necessitano di requisiti più severi per garantire la sicurezza e la protezione della salute della popolazione.
A seguito di tali indagini, l’ASHRAE (American Society of Heating, Refrigeration and Air Conditioning Engineers) ha codificato lo standard IAQ per valutare la qualità dell’aria all’interno e intorno agli edifici, misurando la salubrità in relazione agli abitanti della struttura stessa.
Per valutare correttamente la qualità ambientale interna di una struttura, inoltre, è bene prendere in considerazione anche i livelli di illuminazione, comfort termico, umidità, ventilazione, prestazioni acustiche, spazi verdi, ergonomia, materiali da costruzione e l’impatto che questi hanno sia a breve che a lungo termine.
Cause, sintomi e quadro normativo
Il primo passo da compiere per costruire case sicure e salubri è quello di capire il problema alla base, così che sia poi possibile imparare a progettare, costruire e gestire gli edifici in modo economico per soddisfare le esigenze di qualità dell’aria indoor.
Le nuove strategie di progettazione dovrebbero quindi coinvolgere esperti in tossicologia, igiene industriale, salute ambientale, edilizia salubre, illuminotecnica, ingegneria gestionale e dei sistemi edilizi.
La Sindrome dell’Edificio Malato, infatti, può essere dovuta a una moltitudine di fattori, come polveri, composti organici volatili, gas Radon, acari, tossine, muffe, amianto, fumo di tabacco o legna, ossidi di zolfo o azoto.
Tra le cause principali troviamo anche la formaldeide, che può essere impiegata nei materiali da costruzione come pannelli in compensato, moquette, rivestimenti murali, intonaci, pitture. Si tratta, infatti, di un potente irritante per l’uomo e per questo motivo il suo utilizzo è soggetto a una specifica normativa – il Regolamento (UE) 605/2014.
Una permanenza costante e prolungata in un ambiente scarsamente ventilato causa un crescendo di malesseri che vanno dal mal di testa, allergia, asma, tosse secca, irritazione alla gola fino a malattie più gravi con conseguenze anche mortali. I sintomi dovrebbero scomparire entro poche ore dall’abbandono dell’ambiente compromesso, ma gli effetti hanno delle importanti ripercussioni sul nostro status psicofisico.
Nonostante la portata del problema, l’Italia non dispone ancora di normative e valori di riferimento per misurare la qualità dell’aria indoor. Questa mancanza si sente soprattutto nei dati del Ministero della Salute, che affermano che nei luoghi di lavoro l’incidenza della patologia è tra il 15% e il 50%, con un forte impatto economico e sociale.
La SBS, infatti, può portare ad episodi di assenteismo e scarsa produttività tanto in ufficio quanto a scuola, motivo per cui si rende opportuno progettare ambienti ecosostenibili e salutari – come i cosiddetti healthy building o gli edifici scolastici pensati da Renzo Piano.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità e alcuni Stati dell’UE hanno già fornito delle linee guida relative ai valori di riferimento dei principali inquinanti dell’aria indoor. Restiamo in attesa di nuovi sviluppi anche in Italia.