Angela Tanania, palermitana, nata nel 1976, vive a Castelnuovo Magra in provincia di La Spezia, ma resta con il cuore legata alla sua terra. La sua attività professionale si divide principalmente tra la Liguria e la Sicilia. Ha conseguito la laurea in Architettura presso l’Università degli Studi di Palermo, prediligendo nell’attività di ricerca e professionale i temi legati al recupero dei centri storici e delle realtà socio-economiche ad essi collegate e, con riferimento ai territori, al rilancio dei sistemi produttivi locali e all’organizzazione dell’offerta turistica integrata.
Il campo di applicazione matura nel corso di specializzazione post lauream “Atelier del patrimonio siciliano” presso la stessa Facoltà di architettura; si perfeziona durante l’attività svolta nel progetto di ricerca, formazione e applicazione “M.O.T.R.I.S. mappatura dell’offerta di turismo relazionale integrato in Sicilia”; trova slancio nella lunga collaborazione con i Gruppi di Azione Locale in Sicilia nell’ambito del programma Leader+. L’esperienza maturata, ormai da oltre 10 anni, è riflessa nell’attività di consulenza per la progettazione e di assistenza tecnica nel campo della valorizzazione, promozione e organizzazione delle risorse – culturali, agroalimentari, turistiche ed ambientali, al fine di favorire la conoscenza delle politiche di sviluppo territoriale, con particolare attenzione allo sviluppo delle aree rurali – e della qualità dei servizi per l’accoglienza turistica. È cresciuta negli anni la sua attenzione verso le politiche economico-territoriali per il turismo e i percorsi partecipativi, così da prendere parte a diverse attività – progetti, contributi in pubblicazioni, seminari, incontri e momenti formativi tra i quali il corso di alta formazione “Progettazione partecipata per lo sviluppo sostenibile nei territori rurali” organizzato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – sul tema del turismo e dello sviluppo territoriale.
Che cosa significa vivere questa professione in Liguria? Pensi che la Sicilia sia il posto giusto per il lavoro di un giovane architetto come te o, come nel tuo caso, è consigliabile vivere la professione altrove?
La Sicilia sicuramente è stata il mio “laboratorio” di sperimentazione e crescita, senza dubbio mi ha lanciato sfide e offerto opportunità di grande valore. La scelta di vivere in Liguria, non legata in primo luogo alla possibilità di esercitare la libera professione altrove, ha individuato nuove occasioni per accrescere il campo di specializzazione e di confronto, sempre necessario nella mia pratica professionale. In realtà credo che non esista “il posto giusto” e mi piace ricordare qui le parole di un mio amico e collega che spesso sottolinea: «siamo architetti-contadini e come tali, in ogni territorio, dobbiamo lavorare il terreno e renderlo pronto per la semina, così saremo pronti a far crescere nuove piante». E un raccolto, lo sappiamo, ha bisogno di tempo e passione.
Qual è il progetto della tua carriera di cui sei, al momento, più soddisfatta?
Al momento, credo sia giusto fare riferimento ai due progetti che hanno determinato la mia crescita professionale: il primo, il progetto di ricerca “M.O.T.R.I.S.” e i modelli applicativi sviluppati secondo le linee del Turismo Relazionale Integrato dove il turismo trova coniugazione con i vantaggi competitivi dei territori; il secondo, la nascita dell’Agenzia per il Mediterraneo – primo organismo strutturato per realizzare una rete di cooperazione tra i territori, nel quadro dell’attuazione del Piano di Sviluppo Locale (PSL) in ambito Leader+ – e, nei suoi primi tre anni di vita, la gestione e il coordinamento delle attività collegate al marchio collettivo d’area “Ruralità Mediterranea”, per valorizzare e unire i territori delle aree rurali del Mediterraneo attraverso un sistema collettivo di qualità riconoscibile.
In cosa è differente lo sguardo di un giovane architetto da quello dei suoi maestri?
I maestri indicano una strada e favoriscono i percorsi che la passione e la curiosità insegnano a maturare. Maestri e allievi hanno sguardi diversi perché le emozioni sono diverse.
Hai un modello a cui fai riferimento? Ci indichi un architetto non più in vita e uno ancora in vita che ti piacciono particolarmente e perché?
Più che modelli, ho punti di riferimento che spesso si sono rivelati determinanti nel mio percorso di crescita. Tra gli urbanisti, senza dubbio Edoardo Salzano; tra gli architetti, ho sempre apprezzato il lavoro di Tadao Ando caratterizzato dallo stile essenziale, attento all’uso e alla scelta dei materiali e all’equilibrio tra materia e forma. Tra gli architetti del passato, resta indiscusso il contributo di Le Corbusier, tra i maestri più influenti della storia dell’architettura.
Quanto è importante l’attenzione per la cura dell’ambiente nel tuo lavoro di progettazione?
Ogni passo è mosso dalla passione, dall’impegno professionale, dalla qualità e dall’equilibrio delle scelte pertanto credo sia uno tra gli aspetti da tenere in considerazione.
E come si sposa l’attenzione per l’ambiente con l’innovazione nei tuoi progetti?
Lo sguardo verso gli aspetti territoriali non può che richiamare il concetto di sviluppo sostenibile e le sue tre componenti (economia, società, ambiente) collegate alla conoscenza dei limiti delle risorse, allo sviluppo di sistemi democratici e partecipativi e alla consapevolezza della fragilità dell’ambiente. Principi alla base di ogni scelta progettuale a scala urbana e territoriale.
Quali sono i materiali “tradizionali” che secondo te hanno più potenzialità guardando al futuro dell’architettura, mi riferisco all’ambito del benessere abitativo e della salubrità degli ambienti in genere?
Il legno è un materiale straordinario con diverse qualità di impiego e senza dubbio capace di dialogare con altri materiali. Mi sembra sia cresciuta l’attenzione ai materiali da costruzione – cosiddetti “verdi” – per il loro basso impatto ambientale, per la salubrità e per la capacità di integrarsi con le tecnologie più avanzate.
In fase di creazione/progettazione per te c’è una dicotomia tra estetica e funzionalità, o le cose camminano di pari passo?
In un’intervista Paolo Portoghesi, alla domanda sull’esistenza del “confine” tra estetica e funzionalità, risponde così: “le opere architettoniche devono migliorare la vita dell’uomo attraverso la bellezza e la funzionalità. Non bisogna mettere gli edifici in primo piano. L’architettura dovrebbe essere funzionale”. E richiamando un “buon esempio di architettura” sottolinea che questo è tale quando rispetta l’anima della città. Direi anche del territorio.
Quanto credi sia utile la collaborazione tra progettista e aziende produttrici nell’ambito dell’ottimizzazione dei materiali adatti a realizzare nuove costruzioni o ristrutturazioni di immobili a latitudini “critiche” come quelle siciliane?
Non credo nelle “latitudini critiche”, credo piuttosto nelle collaborazioni dinamiche, nel dialogo e nel confronto perché il nostro mestiere è in continuo divenire: spesso lo scambio di esperienze e di metodologie possono rivelarsi preziose per ricchezza di competenze e specializzazione, aspetti importanti nella condivisione del sistema di valori.