L’ultimo disastro in Emilia-Romagna impone nuove riflessioni su vecchi argomenti. Al centro, adesso, una gestione ottimizzata e più responsabile delle risorse idriche
Invasi, dighe, manutenzione e, in generale, nuovi metodi per impiegare le nostre riserve d’acqua in maniera intelligente. Ecco cosa annuncia il Ministro della Protezione Civile Nello Musumeci, che fissa entro la prima metà del 2024 un provvedimento utile a limitare i danni causati da alluvioni e frane.
“Ci vuole un approccio ingegneristico diverso. – ha dichiarato il Ministro al Sole24Ore – Serve un approccio nuovo al sistema idraulico su tutto il territorio, perché quello che è accaduto in Emilia-Romagna era già accaduto ad Ischia e potrà accadere in tutte le altre zone del Paese”.
Secondo il Rapporto Ispra del 2021, infatti, in Italia sono più di 6,8 milioni le persone che vivono in zone alluvionali e oltre 1,3 milioni quelle che abitano aree soggette a frane. Considerati entrambi i pericoli, significa che il 18,4% del territorio nazionale è da considerarsi a rischio.
Il cambiamento climatico c’è. Quello che è possibile fare, adesso, è prenderne atto e agire di conseguenza, in un’ottica precauzionale. Il piano contro il dissesto idrogeologico introdotto da Nello Musumeci prevede cinque linee di intervento. La prima riguarda il nuovo modello di approccio: ecco le altre.
Cabina di regia
Il primo passo prevede la creazione di uno strumento per la messa in sicurezza delle aree a rischio idrogeologico. Il piano prevede la nomina di tecnici che risponderanno a un commissario straordinario per la crisi idrica. Quest’ultimo sarà incaricato di raccogliere le analisi e i rapporti locali per individuare le zone più deboli del territorio italiano e attuare dei lavori di miglioramento.
Gli interventi saranno pianificati in base a tre livelli (a breve, medio e lungo termine) che verranno stabiliti a seconda della gravità della situazione. Le operazioni seguiranno due strategie: da un lato, fronteggiare le piogge abbondanti; dall’altro, resistere ai lunghi periodi di secca.
Siccità e distribuzione dell’acqua
“SOS Acqua”, il magazine di ENEA, sottolinea che l’Italia soffre di un’elevata vulnerabilità climatica e che la sua scarsa capacità di adattamento dà origine, tra l’altro, a siccità e carenza di risorse idriche.
Ogni aumento di un grado della temperatura terrestre corrisponde a una riduzione del 20% della disponibilità di acqua. Vista l’irreversibilità del fenomeno, un altro fronte su cui intervenire è quello della siccità.
Un terreno troppo asciutto tende infatti a indurirsi e a diventare impermeabile, rendendo difficile il drenaggio delle acque piovane che così scorrono inondando i centri abitati. Complice in questo senso anche il consumo incontrollato di suolo, che ha ridotto sensibilmente la disponibilità di terreni permeabili.
Un grande passo per risolvere il problema della disponibilità di acqua è colmare i gap infrastrutturali e gestionali che interessano il servizio idrico. Le perdite registrate superano il 42% e sono dovute tanto alla scarsa manutenzione delle reti di distribuzione, quanto a consumi non autorizzati ed errori di misura.
In questo caso il Ministro Musumeci invita a realizzare bacini e piccoli invasi aziendali e dichiara che “l’obiettivo sarà di rivisitare l’intero assetto del territorio e le infrastrutture collaborando con gli altri dicasteri, un progetto che potrà essere realizzato entro otto mesi o un anno”.
Dighe regionali
Ancora ENEA ricorda che l’Italia è uno dei Paesi europei con il più alto stress idrico, pari al 24%. Questo parametro è definito dal rapporto annuale tra il prelievo idrico e le risorse rinnovabili e, nel nostro caso, significa che occorre promuovere sistemi di raccolta smart.
A tal proposito, il Ministro della Protezione Civile dichiara che sarà necessario costruire nuove dighe regionali. “Se abbiamo immaginato una rete di distribuzione di acque piovane in un centro abitato capace di assorbire mille millimetri in dodici mesi – spiega – dobbiamo adesso pensare ad un sistema di raccolta d’acqua che dovrà assorbire cinquecento millimetri in quarantotto ore”.
A ciò si potrebbe aggiungere un intervento capillare sul reticolo fluviale primario e secondario. L’obiettivo sarebbe creare un sistema che aiuti l’acqua piovana a defluire facilmente verso il mare, magari passando per fiumi e torrenti asciutti.
Secondo ENEA il piano contro il dissesto idrogeologico potrebbe essere meglio supportato da una strategia di gestione dell’acqua in ottica circolare. La prima linea di difesa sarebbe quella di promuovere stili di vita e processi produttivi sostenibili, utili a gestire al meglio la domanda globale.
A seguire, oltre alle necessarie misure di carattere impiantistico, sarebbe importante valorizzare e usare risorse idriche non convenzionali come le acque reflue. Occorre quindi favorire la progressiva conversione degli impianti di depurazione in strutture capaci di garantire gli standard di qualità degli effluenti e di massimizzare il recupero, da questi, di risorse ed energia pronti da riutilizzare.
Le premesse ci sono, ma, pur in presenza di un quadro tecnologico e innovativo importante, la diffusione di percorsi circolari nel settore idrico è ancora insufficiente. Ciò che serve per trasformarli in una normale pratica operativa è lo sforzo di tutti gli operatori del settore, che ci auguriamo possa realizzarsi nel più breve tempo possibile.