Alessandro Luigini

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Alessandro Luigini, 39 anni, architetto, vive e lavora a Pescara, dove ha anche conseguito la laurea e aperto il suo studio.
Dal 2007 è Dottore di Ricerca e dal 2008 è Professore a contratto presso la Facoltà di Architettura di Pescara, Università degli Studi “G. d’Annunzio” .
Dal 2009 al 2013 è stato Presidente della Commissione Cultura dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Pescara e nel 2013 Consigliere dello stesso Ordine.
Nel 2013 riceve anche la prestigiosa nomination allo EUROPEAN PRIZE FOR CONTEMPORARY ARCHITECTURE – MIES VAN DER ROHE AWARD per un edificio residenziale realizzato a Pescara, progetto poi inserito nella selezione dei migliori progetti italiani per la monografia ItaliArchitettura, edita da UTET Scientifica. Un anno dopo è finalista al Premio Ad’A Architetture dell’Adriatico 2014-15.

Edificio residenziale BRANCACCI (2011), a Pescara, Nominato allo EUROPEAN PRIZE FOR CONTEMPORARY ARCHITECTURE “MIES VAN DER ROHE AWARD 2013”
Edificio residenziale BRANCACCI (2011), a Pescara, Nominato allo EUROPEAN PRIZE FOR CONTEMPORARY ARCHITECTURE “MIES VAN DER ROHE AWARD 2013”

Qual è il rapporto tra la tua terra, l’Abruzzo, e la tua professione di architetto?
Ci vivo a sempre e anche la vita dovesse portarmi lontano da qui cambierebbe poco. La mia terra mi ha formato con paesaggi sapori colori e odori straordinari. É l’Abruzzo nel suo insieme ad essere straordinario, perché racchiude tante eccellenze, ma la qualità principale é proprio l’insieme: mare fantastico, montagna eccellente, ma la cosa fuori dal comune è averli a mezz’ora di auto l’uno dall’altra!
Ecco, diciamo che la mia terra mi ha mostrato come sia importante nel progettare portare la medesima attenzione al particolare e al generale, e che ogni progetto si realizza tenendo i piedi saldi alla quota del mare e la testa in alto a scrutare le montagne. L’Abruzzo mi ha insegnato che le dicotomie creano sempre dialoghi interessanti, che più bello di una cosa bella può essere l’accostamento armonico di due cose diverse.

Il tuo modo di concepire la professione è una vera e propria filosofia. Ce la riassumi?
Il progetto é un processo, non un atto creativo in se. Ed è un processo che parte necessariamente dalle due componenti senza le quali non c’è architettura: uomo e natura. L’uomo, destinatario dei nostri progetti, é al centro di ogni nostra attenzione, il modello attorno a cui costruire lo spazio, e la natura é la dimensione in cui operiamo le modifiche che ci consentono di soddisfare i bisogni dell’uomo. Ma inesorabilmente la natura precede il progetto, ed é quindi quest’ultimo a doversi far carico della ricerca di un’armonia con la natura del luogo, sia esso naturale che antropizzato.

Edificio residenziale BRANCACCI (2011), a Pescara, Nominato allo EUROPEAN PRIZE FOR CONTEMPORARY ARCHITECTURE “MIES VAN DER ROHE AWARD 2013”
Edificio residenziale BRANCACCI (2011), a Pescara, Nominato allo EUROPEAN PRIZE FOR CONTEMPORARY ARCHITECTURE “MIES VAN DER ROHE AWARD 2013”

Quale progetto ha rappresentato, ad oggi, la sfida più ardua?
Sicuramente la riqualificazione di Via Mazzarino a Pescara. Un intervento pubblico che ha interessato un’area di circa 8.000mq e che ho trasformato da strada carrabile con minimi marciapiedi in piazza lineare: allargate le aree pedonali a scapito di quelle carrabili, annullati i salti di quota che definiscono le aree pedonali, potenzialmente quella parte di città dispone di una piazza lineare a vocazione commerciale di quasi un ettaro, il tutto con uno sguardo continuo alla sostenibilità, utilizzando pavimentazioni fotocatalitiche e in parte filtranti. Perchè è stata una sfida ardua? Semplice! Il progetto è stato redatto in tempi ristrettissimi (come richiesto dalla committenza) mentre le scelte progettuali non sono state adeguatamente “comunicate”, e la gente che comunemente vive in quella zona ha avuto non poche rimostranze nei confronti di un progetto “calato dall’alto” che non capiva e che, forse, non capisce ancora oggi dopo un anno dalla fine dei lavori.
Nel frattempo è intervenuta una importante variante richiesta dalla amministrazione uscente e il cantiere si è protratto sotto la responsabilità della nuova amministrazione, che fino ad ora non ha mostrato interesse allo sfruttamento delle potenzialità del progetto… eppure fino alla fine ho cercato di realizzarlo senza il minimo compromesso funzionale rispetto all’idea iniziale in cui credevo e credo ancora: meno auto e più persone in una zona a vocazione commerciale per favorire la rinascita di un pezzo di città che rischia di diventare un quartiere dormitorio.

La progettazione è per te un momento di creatività individuale o piuttosto di ideazione collettiva?
Direi entrambi. Nel senso che non credo che tutto il processo progettuale possa essere condiviso, ma sono certo che non essendo più il tempo dell’architetto-artigiano che produce progetti tramite un atto creativo autonomo seduto nella propria scrivania con matite e colori, la collaborazione è fondamentale.
Nel mio studio, ad esempio, ci sono professionalità differenti capaci ognuna di porre il proprio contributo per arricchire il processo progettuale: architetto, strutturista, impiantista, esperto di processi autorizzativi e catastali. In questo senso, nonostante poi la “sintesi” delle questioni messe sul tavolo sia sempre del responsabile di progetto, il progetto è un processo collettivo, ma fatto di specifiche individualità.

Riqualificazione VIA MAZZARINO (2013-15), Pescara.
Riqualificazione VIA MAZZARINO (2013-15), Pescara.

Quanto conta lo sguardo del cliente? Che tipo di relazione si instaura tra voi?
I miei clienti o diventano amici o cadono nel dimenticatoio. Non ci sono mezze misure. Avendo una propensione verso la progettazione di spazi residenziali, ho sempre a che fare con la quotidianità delle persone: conoscerle nell’intimo delle loro abitudini, sapere se sono lettori romantici della carta con il bisogno di una libreria in soggiorno da 4.000 volumi, o patiti di musica, ma anche di tecnologia per cui i 5.000 album sono contenuti in un HD multimediale da 4TB che occupa lo spazio di 3 cd musicali, è fondamentale per il progetto.
Allora dopo esserci “conosciuti” in studio da me sono abituato a proporre un secondo appuntamento a casa dei miei clienti, perché sebbene ogni mio cliente mi cerchi proprio per migliorare la propria condizione di vita, è vero anche che nel presunto disordine della stratificazione quotidiana di una
casa sono nascosti tutti gli usi possibili di quello spazio.
Evidentemente, con questo approccio o diventiamo amici o ci perdiamo per sempre. Nella maggior parte dei casi si realizza la prima ipotesi.

Non solo progettazione, ma anche ricerca. Come si sposano queste due anime nella tua vita lavorativa? Vivono separatamente o interagiscono?
Interagiscono in modo continuo e molto spesso senza grandi sforzi da parte mia. Questo non è un lavoro che si “fa”, è una condizione che si “é”. Non “faccio” l’architetto, lo “sono”. Quando insegno continuo ad essere architetto e quando progetto lavoro con un metodo che necessariamente è influenzato dal metodo scientifico con cui faccio ricerca.
Diciamo che la considero una fortunaper l’apertura di prospettive che questa condizione border-line mi concede, ma è una fortuna che altri hanno con aperture differenti: chi nell’arte, chi nel cinema, chi nella politica.

Riqualificazione VIA MAZZARINO (2013-15)
Riqualificazione VIA MAZZARINO (2013-15)

Come si incontra l’attenzione per l’ambiente con l’innovazione nei tuoi progetti?
Le questioni legate all’ambiente e più ampiamente alla sostenibilità, come ho già scritto in un articolo un paio di anni fa, in questi anni sono profondamente “di moda”, e come tutte le cose di moda contemplano connotazioni temporanee e altre più sostanziali. Il rispetto dell’ambiente e la riduzione di utilizzo di energia derivante da fonti fossili, ormai non sono più argomenti ristretti nei circoli ambientalisti, ma una constatazione globale, una istanza che il nostro tempo ha finalmente reso noto a tutti.
Quindi l’attenzione all’ambiente e alla produzione di progetti sostenibili è, in realtà, una “conditio sine qua non” del progetto di architettura. Il modo in cui io cerco di rispondere a questa importante istanza progettuale è sostanzialmente sintetizzabile con un termine: low-tech.
Non mi interessa climatizzare perfettamente un ambiente con migliaia di euro di impianti, quando questi dispositivi spesso necessitano sovradimensionamenti per compensare scelte progettuali infelici, e non mi interessa neppure sperimentare pacchetti murari o infissi particolarmente innovativi, perchè spesso l’economia tecnologica fa si che un edificio sia facilmente climatizzabile anche con mezzi tutto sommato comuni e al contempo economici e di facile manutenzione. Inoltre in termini di costi veri e propri, il miglior risultato che si può ottenere è proprio tramite scelte progettuali sapienti. In una certa misura è un benefit per i miei clienti: arrivare a determinate prestazioni energetiche e standard di comfort tramite scelte progettuali (tecnologiche o figurative), in realtà costa molto meno della climatizzazione tramite potenti impianti o tecnologie particolarmente innovative. In questo momento, ad esempio, è in cantiere qui vicino a Pescara una bifamiliare in classe A+ che costerà meno di 900€/mq senza rinunciare ad alcune scelte figurative impegnative.

Quale spazio ambiresti a progettare nella tua carriera? E con quale spirito? Quello purista di Le Corbusier o espressivo di O. Niemeyer?
Beh, questa domanda colpisce dritto il cuore. Oscar Niemeyer è un architetto che ho amato molto in vita e continuo ad amare ora che sto chiudendo un libro su di lui a tre anni dalla sua morte. Ho lavorato sul Catalogo completo della sua Opera con i miei studenti della Facoltà di Architettura di Pescara raccogliendo oltre 200 modelli tridimensionali di oltre 130 opere, comprendendone lo spazio, la propensione per la figura e la passione sconfinata per la Vita. Una vita durata poco meno di 105 anni.
Messo a fianco del razionalista e intellettuale Le Corbusier, come del resto è successo realmente in vita nei progetti di Rio e New York, il grande Le Corbusier non è mai riuscito ad offuscare il genio di un uomo piccolo di statura che da uno dei continenti più poveri al mondo ha percorso ciò che lui aveva compiuto nel continente più ricco al mondo.

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