Architettura al femminile: tre donne che hanno cambiato la storia

3653

“I padri dell’architettura sono famosi, un po’ meno le madri: eppure senza di loro la storia non sarebbe stata la stessa”.

A volte basta poco per rileggere la storia da un punto di vista nuovo. L’ideabook dell’architetta Laura Tallarida pubblicato su Houzz Magazine è una di quelle occasioni.

Il punto di partenza è molto chiaro: ci sono poche e rare personalità femminili di spicco nella storia dell’architettura.

Le questioni storiografiche che giustificano questa carenza sono ampie e complesse. Per tutto il Novecento alle donne era interdetto, nella maggioranza dei casi, l’accesso all’istruzione superiore. Senza contare una tendenza costante a sminuire l’incidenza femminile nel percorso di sviluppo delle discipline scientifiche ed umanistiche.

Neanche l’architettura è immune dal maschilismo culturale. Tanto è vero che, come fa notare Tallarida, perfino “intorno a coppie famose, come Charles e Ray Eames, Alvar e Aino Aalto, Robert Venturi e Denis Scott Brown (non riconosciuta addirittura dal Premio Pritzker), l’operato della donna, “compagna-architetto”, è stato dai più sottovalutato se non addirittura ignorato“.

Riscoprire la storia: le madri dell’architettura moderna

Ridiamo valore simbolico all’importante lavoro di queste architette raccontandovi (grazie al supporto dell’ideabook di Laura Tallarida) la storia di tre donne che hanno contribuito in modo fondamentale allo sviluppo di questa disciplina nel tardo Ottocento e nel Novecento.

Ognuna di esse è legata alla fama di un “padre dell’architettura moderna” attraverso un rapporto di collaborazione tenuto nascosto.

Marion Mahony Griffin, l’artista derubata

Marion Mahony Griffin, la cui pagina di Wikipedia non è nemmeno tradotta in italiano, fu tra le prime donne a laurearsi in architettura nello Stato americano dell’Illinois.

Fu definita dal famoso teorico dell’architettura britannico Reyner Banham il «miglior disegnatore edile della sua generazione». Un talento che non passò di certo inosservato.

Nel 1895 Frank Lloyd Wright la assunse per la progettazione di mobili, vetrate ed elementi decorativi. La promosse prima a responsabile della progettazione artistica e poi alla presentazione degli elaborati grafici.

Il suo stile era molto fluido e ricco di influenze orientali, ispirate alle litografie giapponesi.

Per quasi quindici anni, Marion Mahony disegna, per Frank Lloyd Wright, una serie di planimetrie e prospetti acquerellati, ripassati ad inchiostro e carichi della presenza di vegetazioni lussureggianti. Disegni che per oltre un secolo sono stati attribuiti al genio di Wright sono, per gran parte, opera di Marion Mahoney Griffin“.

È ormai un dato di fatto oggi accertato che più della metà dei disegni del Wasmuth Portfolio, sono opera della Mahony. Questo portfolio, pubblicato in Germania nel 1910, è molto significativo per il successo di Wright in Europa.

Queste illustrazioni, infatti, sono l’emblema del rapporto tra l’architettura americana pionieristica di Wright e la prima generazione degli architetti modernisti europei.

Wright girò l’Europa per un intero anno, per sostenerne la pubblicazione, che fu di indubbia influenza anche sull’evoluzione di Le Corbusier, Mies van der Rohe e Gropius.

Marion Mahony, dimenticata dalla storia, fu un architetto molto importante in Australia dove lavorò affianco al marito Walter Griffin per 28 anni, fondando uno studio il cui scopo era quello di sviluppare un’architettura in armonia con l’ambiente naturale.

Eileen Gray, il dramma dell’invidia

Nel film di Mary McGuckian “The Prince of Desire” (2015) viene raccontata la storia di un’architetta, Eilenn Gray, fino a quel momento dimenticata dai più. Nonostante nel primo Novecento il suo nome fosse ben noto nell’ambito del Movimento Moderno e del movimento olandese De Stijl. Soprattutto dopo gli interventi operati nella casa di Suzanne Talbot, celebrità della moda parigina del tempo.

Fu Le Corbusier in persona a spingerla verso l’architettura finché nel 1924, Eileen progetta una casa sul mare, da poco riaperta al pubblico, a Roquebrune-Cap-Martin, vicino Monaco.

Gray “segue i lavori della villa, battezzata E-1027, ne studia i dettagli, i percorsi, l’esposizione, la vista ideale e i passaggi da un ambiente all’altro. Ne disegna gli arredi e gli interni. Quello che viene fuori è un vero e proprio manifesto del Movimento Moderno”.

Anni dopo Le Corbusier già invidioso di questa opera, dipinge le pareti della villa con murales coloratissimi, che ironizzano sulla bisessualità dell’artista e sul suo rapporto con Jean Badovici. Di fatto questo gesto assolutamente insolente nei confronti di Eileen Gray e della sua opera architettonica, ha contribuito al mancato riconoscimento dell’artista quale unica e originale progettista e interior designer della villa.

I libri di storia dell’architettura attribuiranno la realizzazione della casa in modo alterno a Le Corbusier o a Jean Badovici (spesso definito come allievo del grande maestro).

Lilly Reich, l’amante dimenticata

Lilly Reich, compagna, socia e amministratrice di Ludwig Mies van der Rohe, si formò a Vienna come allieva dell’architetto Josef Hoffmann che teorizzava: “l’opera d’arte totale trasforma ogni manufatto in un universo da decorare, in un oggetto da tappezzare“.

Specializzatasi proprio nel settore tessile, dopo aver lavorato alla Wiener Werkstätte, diventò uno dei punti di riferimento del Werkbund, dedicandosi all’organizzazione e realizzazione di mostre. In questo periodo, primo ventennio del Novecento, contribuì all’allestimento di moltissime mostre e fiere, alcune passate alla storia sia dell’arte decorativa che dell’architettura.

Ed è così che Lilly incontra Mies van der Rohe. Insieme realizzano l’esposizione Café Samt und Seide (Caffè di velluto e seta), in cui allestiscono uno spazio molto moderno, aperto ma diviso da pareti di tende e tessuto appese a guide metalliche sospese in aria.

Partecipano insieme anche all’Esposizione Internazionale di Barcellona del 1929, quella stessa diventata famosa proprio per il padiglione di Mies e che fu prova della forza dell’industria tessile tedesca.

Il talento di Lilly Reich è palese. Albert Pfeiffer, vice Presidente e Management della Knoll, in merito agli allestimenti realizzati da Reich – Van der Rohe dirà infatti: «Interessante notare come la produzione dei progetti di allestimento di Mies van der Rohe sia limitata al periodo di collaborazione con Lilly Reich. Questa produzione infatti non esiste prima e non esisterà dopo».

Il connubio continua e quando Mies van der Rohe diventa il direttore della Scuola del Bauhaus, Lilly Reich lo raggiunge e ottiene la cattedra di Interior Design fino alla fine del 1930.

Ma la fama cambia tutti i piani e quando Mies, trasferitosi negli Stati Uniti, diviene celebre, Lilly Reich fu letteralmente cancellata dalla sua storia. Tanto è vero che la sua collaboratrice è praticamente assente dai comuni testi di storia dell’architettura.

Lilly Reich fu costretta a interrompere la propria attività durante il nazismo. Morì gravemente malata nel 1947 a Berlino.

Quando la virilità uccide l’onestà intellettuale: come sarebbe stata l’architettura?

Rimane incontestabile che il ruolo di questi padri dell’architettura sia fondamentale. La visione organica dell’architettura di Frank Lloyd Wright, i cinque punti dell’architettura di Le Corbusier, la leggerezza strutturale di Mies van der Rohe, sono di certo frutto del genio personale dei tre architetti.

Non si può ipotizzare in nessun modo come sarebbe potuta cambiare la storia dell’architettura, e di conseguenza il ruolo delle donne nella produzione architettonica, se questi uomini e in seguito gli storici dell’architettura, avessero avuto l’onestà di riconoscere i meriti di una intera generazione di artiste e compositrici dell’architettura.

Credit Foto: Houzz Magazine, Pinterest e Singulart

CONDIVIDI

NESSUN COMMENTO

SCRIVI UNA RISPOSTA