Assegnato il primo Premio “Domus Restauro e conservazione”

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«Il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro» Cesare Brandi, Teoria del restauro

Il dibattito che negli anni si è sviluppato attorno al restauro e su cui sono state esposte svariate teorie (una su tutte quella di Brandi), giunge attuale sino ai nostri giorni dove si continua incessantemente a discutere sul “giusto” restauro e sul valore da attribuire di volta in volta al monumento che si pone come oggetto di tali discussioni.
Finalmente l’anno scorso si è giunti ad istituire per la prima volta, il Premio Internazionale di Restauro Architettonico “Domus restauro e conservazione”.

Il premio nasce dalla volontà di far conoscere i migliori interventi di restauro capaci di interpretare i princìpi conservativi anche nel ricorso a forme espressive contemporanee.
Si vuole così mettere in evidenza la questione, importantissima, della libertà progettuale nel rispetto del valore storico del monumento stesso. Infatti oggi, il rischio che più si corre è quello che vede i progettisti vogliosi di volere lasciare un proprio segno nella storia, e quindi responsabili di una inevitabile competizione tra passato e presente dove il monumento rischia di divenire oggetto di sperimentazioni cancellando ogni riferimento compositivo originale.

Il concorso pone così l’occasione per mettere in evidenza i migliori risultati circa l’ottenimento di un giusto equilibrio tra il valore storico del monumento stesso e il suo saper continuare a vivere nell’ambito della contemporaneità attraverso l’utilizzo di materiali anche del nostro tempo.
La commissione giudicatrice per i Premio ha analizzato le specifiche interpretazioni che i singoli concorrenti hanno saputo esprimere oscillanti fra approcci, alle volte più innovativi e altre più conservativi. Sono stati considerati inoltre casi in cui l’interesse si è incentrato al singolo monumento e altri di più ampio ambito, dove si è intervenuti a livello urbano o di natura paesaggistica.
Alla luce di questi requisiti, la medaglia d’oro è stata ottenuta dal Progetto per il Restauro del Castello di Saliceto, di Armellino & Poggio Architetti Associati.

domus2Questo il giudizio al progetto vincitore: “L’intervento si configura da un lato come atto conservativo consapevolmente condotto nel pieno rispetto dell’autenticità del testo architettonico, nella sua complessa stratificazione, dall’altro come atto reintegrativo della lacuna architettonica , costituita dalla torre orientale, con un linguaggio squisitamente contemporaneo, in grado di alludere alle presunte masse fabbricative originarie, pur svolgendosi in un ambito di autonomia figurativa”.

Il progetto di restauro del castello ha come obbiettivo il riutilizzo della struttura quale nuovo edificio pubblico, attraverso la sua conservazione materica.
La filosofia progettuale prevede il ricorso a nuovi elementi architettonici e costruttivi, che mantenendo una chiara riconoscibilità, si affianchino al costruito.
La riqualificazione è stata innanzitutto, quella strutturale e funzionale dell’edificio. Gli ambienti interni sono stati adibiti per ospitare la nuova sede comunale e nuovi spazi necessari ad una fruizione museale e di rappresentanza.

Ma l’intervento che sicuramente ha caratterizzato maggiormente il progetto di restauro, è stata la realizzazione della nuova torre tecnologica.
Viene ricostruita una delle quattro torri non più esistenti mantenendo la sua presunta forma originaria, ma rispondendo contemporaneamente all’esigenza progettuale di spazi idonei dal punto di vista dimensionale e della sicurezza.
Si manifesta quindi, la volontà di far coesistere forme e materiali storicamente diversi attraverso una convivenza non forzata ma di rispetto reciproco.
La torre viene realizzata con una struttura in acciaio con pareti ventilate in pannelli di legno, non a contatto con quella muraria del castello; infatti a fare da connessione tra le due fabbriche, sono lastre di vetro poste in modo da creare un filtro evidente tra il nuovo e l’antico.
Il rivestimento esterno è in legno di cedro, la cui colorazione giallo-grigia nel tempo determinerà una somiglianza cromatica con la cortina muraria originaria del castello.
La ricostruzione della torre ci dà modo di dibattere su una scelta precisa di intervento di restauro; infatti ci si pone già una questione: perchè non ricostruire la torre secondo la composizione materica originaria? Oppure: perchè non lasciare il segno del tempo attraverso una mancanza che ormai ha caratterizzato l’aspetto della struttura?

Certo, dal punto di vista della teoria del restauro si possono dare innumerevoli risposte a questi quesiti elementari, ma, nel caso specifico, non si può non apprezzare l’intento, per di più riuscito, di una convivenza armoniosa, se pur nelle sue diversità materiche, dove l’antichità e la contemporaneità sono manifesto chiaro di due periodi storici capaci di raccontare passato e presente in una prospettiva futura.

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