Davide Vizzini, 38 anni, vive e lavora a Milano, dove si è anche laureato presso il Politecnico. Ha frequentato diversi seminari, tra cui il più importante in Africa, in Mali, per il Museo dei Dogon e poi nelle isole Azzorre con Edoardo Souto de Moura e Aires e Francisco Mateus. E’ stato selezionato fra i trenta migliori architetti siciliani sotto i 40 anni. Un riconoscimento di cui è molto orgoglioso.
Che differenze ci sono secondo te tra il vivere la professione in Sicilia e in una città come Milano?
Non ho mai lavorato in Sicilia, non so quindi parlare delle differenze nel lavoro. Inutile dire che mi piacerebbe moltissimo.
Qual è il progetto della tua carriera di cui sei, al momento, più soddisfatto?
Ci sono frammenti e dettagli di progetti di cui sono soddisfatto pienamente. Sono innamorato di ogni progetto nel momento in cui lo sto generando. E’ questo il turno di un’accademia di perfezionamento pianistico che mi sta appassionando molto.
In cosa è differente lo sguardo di un giovane architetto da quello dei suoi maestri?
E’ contemporaneamente identico e totalmente diverso. Intendo dire che un maestro è per me tale quando il suo guardare e il suo fare hanno saputo essere profondamente liberi e sinceri. Lo sguardo dei giovani è libero e sincero. I maestri pian piano crescono e invecchiano, lo sguardo limpido della giovinezza continua a brillare attraverso il filtro degli anni sedimentati. Nella carriera nascente di un giovane architetto c’è l’energia peculiare e irripetibile che una strada sconosciuta e oscura emana.
Hai un modello a cui fai riferimento? Ci indichi un architetto non più in vita e uno ancora in vita che ti piacciono particolarmente e perché?
Da studente di architettura ammiravo Alvar Aalto e Louis Kahn; li porto ancora nel cuore insieme con tanti maestri dell’arte: Mark Rothko, Giacometti, Francis Bacon. Fra gli architetti in vita c’è l’immenso cervello collettivo di arte e architettura veicolato per immagini e newsletter. Nel turbine emergono i giapponesi, Shuei Endo, Kazuio Sejima. E poi gli artisti: Anselm Kiefer, Ai Weiwei. Più ci penso e più me ne vengono in mente, sono decine. Ho avuto l’opportunità di lavorare ad un progetto a fianco di Umberto Riva (come mero esecutore), un maestro.
Quanto è importante l’attenzione per la cura dell’ambiente nel tuo lavoro di progettazione?
Per un architetto il primo passo verso la sostenibilità ambientale consiste nel prendere coscienza di avere in mano uno strumento potenzialmente devastante. Il processo di costruzione può essere molto violento e distruttivo, e così anche le necessità energetiche di un edificio mal progettato.
E come si sposa l’attenzione per l’ambiente con l’innovazione nei tuoi progetti?
Camminano insieme. Un materiale innovativo dal punto di vista energetico e costruttivo è un mondo da esplorare.
Quali sono i materiali “tradizionali” che secondo te hanno più potenzialità guardando al futuro dell’architettura, mi riferisco all’ambito del benessere abitativo e della salubrità degli ambienti in genere?
Il sughero, la fibra di legno, la canapa, gli intonaci a base di calce e addirittura di terra, i pannelli in terra cruda. Tutti materiali che hanno la capacità di regolare non solo la temperatura interna ma anche l’umidità. Al sud hanno anche il vantaggio di una massa consistente e una inerzia termica che migliora il benessere estivo.
In fase di creazione/progettazione per te c’è una dicotomia tra estetica e funzionalità, o le cose camminano di pari passo?
Non c’è nessuna dicotomia. Metto sullo stesso piano gli elementi razionali e quelli irrazionali ed estetici del progetto. Ognuno di essi risponde ad una necessità stringente e non può essere diverso. Questa è una particolare scienza, un funzionalismo interiore, in cui anche le necessità dell’animo si muovono secondo le leggi di una peculiare meccanica spirituale.
Quanto credi sia utile la collaborazione tra progettista e aziende produttrici nell’ambito dell’ottimizzazione dei materiali adatti a realizzare nuove costruzioni o ristrutturazioni di immobili a latitudini “critiche” come quelle siciliane?
Le due figure, il produttore e il progettista, non possono che trarre reciproco vantaggio da una collaborazione. Ciascuno trasmetterà all’altro aspetti sconosciuti. Nello studio di tecnologie innovative per rispondere alle necessità dei climi caldi c’è ancora tantissimo spazio per l’innovazione. Combiniamo le intelligenze!